THE ANSWERS TO YOUR QUESTIONS

LE RISPOSTE ALLE VOSTRE DOMANDE

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Webmaster & Author: Antonino Cucinotta
Graduate in Physics
Electronics and Telecommunications Teacher
at the Industrial Technical High School "Verona Trento"
of Messina (Sicily), Italy
Copyright 2002 - All rights reserved

Webmaster ed Autore: Prof. Antonino Cucinotta
Dottore in Fisica
Docente di Elettronica e Telecomunicazioni
presso l'Istituto Tecnico Industriale"Verona Trento" di Messina
Copyright 2002 - Tutti i diritti riservati


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EXPLICATION NOTE CONCERNING FORMULAE
NOTA ESPLICATIVA RIGUARDANTE LE FORMULE


FOR THE WEBMASTER IT IS MUCH EASIER TO WRITE FORMULAE ALONG THE SAME LINE, USING SLASHES IN PLACE OF FRACTION LINES FOR EXPRESSING RATIOS BETWEEN SYMBOLS OF PHYSICAL QUANTITIES,ACCORDING TO THE FOLLOWING EXAMPLES:
AB/(CD) IS THE RATIO BETWEEN THE PRODUCT OF A BY B AND THE PRODUCT OF C BY D;
df(x)/dx IS THE DERIVATIVE OF THE FUNCTION f(x);
M = R2P/(Gm) =

R 2P
= ---------
(Gm).

PER L'AUTORE DEL SITO E' MOLTO PIU' FACILE SCRIVERE LE FORMULE IN LINEA USANDO IL SIMBOLO / AL POSTO DELLA LINEA ORIZZONTALE PER ESPRIMERE RAPPORTI TRA SIMBOLI DI GRANDEZZE FISICHE.
ESEMPI:
AB/(CD) INDICA IL RAPPORTO TRA I PRODOTTI AB E CD;
df(x)/dx INDICA LA DERIVATA DELLA FUNZIONE f(x);
M = R2P/(Gm) =

R2P
= ---------
(Gm).






DOMANDE

Stimatissimo professore, La ringrazio  per le risposte che mi ha date ,vorrei porLe qualche altra domanda:
1- Il raffreddamento del nocciolo di una centrale nucleare, da cui si trae calore per il funzionamento di turbine termiche, potrebbe essere raffreddato dal metallo liquido "galinstan"? Che differenza vi è tra l'acqua e questo nuovo metallo, quali sono le caratteristiche peculiari, ( viscosità peso specifico, tensione di vapore ecc.)?
2-quanto potrebbe costare il Kwh prodotto da centrali nucleari?
3-i motori elettrici passo-passo,possono avere velocità regolabile da un minimo di giri ad un massimo velocemente, arrestandosi repentinamente all'angolo del rotore desiderato?
4-il cursore (rotore) dei motori lineari, che velocià potrebbero raggiungere, quale potrebbe essere la corsa max e l'arresto potrebbe essere istantanea?
Cordiali saluti Giuseppe

Gent.mo Giuseppe,
-L'utilizzo del galistan (lega di Gallio-Indio-Stagno, Ga-In-Sn) per il raffreddamento del nocciolo di un reattore nucleare comporta l'inconveniente dell'elevata sezione d'urto di cattura dell'indio nei confronti dei neutroni lenti, che verrebbero notevolmente assorbiti dal fluido refrigerante senza dar luogoa fissione.
Le principali caratteristiche fisiche del galistan , confrontate con quelle dell'acqua sono:
punto di fusione a 760 mm di Hg:galistan -19 °C - acqua 0 °C;
tensione di vapore: galinstan 10-8 mm di Hg a 500 °C - acqua 760 mm di Hg a 100 °C;
peso specifico: galistan 6,44 g/cmc; acqua 1g/cmc
; viscosità: galistan 0,0024 poise a 20 °C; acqua 0,01 poise a 20 °C
; - il costo del KWh prodotto da centrali nucleari varia tra 0,02 e 0,03 euro, mentre il costo del KWh prodotto bruciando olio combustibile o metano varia tra 0,08 e 0,09 euro.
- La velocità di un motore passo-passo può variare a gradino da 0 ad un dato valore massimo, purchè questo valore massimo sia inferiore a quello per cui la coppia si annulla lungo la curva di “pull in”. La zona di funzionamento descritta dalla curva di “pull in” è quella in cui il motore passo-passo è in grado di raggiungere rapidamente la massima velocità (inferiore a quella di annullamento della coppia, per es. 400 giri/min). Se invece la frequenza degli impulsi di pilotaggio delle fasi del motore viene fatta aumentare linearmente, per esempio con accelerazione costante, si possono raggiungere velocità sensibilmente più elevate di quella massima di pull-in, per esempio 3700 giri/min, facendo lavorare il motore nella zona di “pull out”, caratterizzata da una velocità massima maggiore, fino al raggiungere la velocità di annullamento della coppia di “pull-out”.
L'arresto rapido del motore, raggiunta la posizione prevista per effetto di un dato numero di impulsi, si può ottenere soltanto facendo lavorare il motore nella zona di “pull in”, con velocità massime tali da non fare diminuire la coppia motrice al di sotto di quella resistente applicata al motore.
Cordiali saluti

Stimatissimo professor Cucinotta,
La ringrazio assai per la sua importante collaborazione e, nuovamente mi permetto di porLe altro quesito alla sua attenzione:
un magnete permanente di forma cilindrica avente un'induzione di 0,2 Tesla, attraversa un solenoide costituito da 1600 spire.
Il magnete, che è della stessa lunghezza  del solenoide e misura cm 40, con un diametro di cm 12, al momento dell'imbocco nel tunnel del solenoide, riceve una spinta di 30 Kg in 6 secondi. Si chiede la potenza in watt posseduta dall'apparecchio, dopo che il magnete ha raggiunto la parte opposta del tunnel.
Sentitamente La saluto
Giuseppe

Gent.mo Giuseppe,
Per il teorema di equivalenza di Ampere il solenoide equivale ad un magnete avente un momento magnetico M = m o mrISNn, dove n è il versore della normale alle spire, di area S = 3.14 x 0,122/4 = 1, 1304 x 10-2 mq, N = 1600 è il numero delle spire ed I è l'intensità di corrente.
L'energia potenziale magnetica U del sistema nel momento in cui il magnete permanente si introduce nel solenoide si calcola moltiplicando il momento magnetico M del solenoide per l'intensità del campo magnetico H (in Asp/m) = B/(mo mr) generato dal polo entrante del magnete permanente con induzione B = 0,2 T. Pertanto U = mo mrISN[B/(mo mr)] = ISNB.
Poichè tra magnete e solenoide si genera una forza attrattiva F = (30 Kg-peso x 9,81) N = 294,3 N, che effettua un lavoro L = F x d, dove d = 0,4 m è la lunghezza del magnete, coincidente con quella del solenoide, uguagliando il lavoro L all' energia potenziale magnetica U, si ottiene l'intensità di corrente I che percorre le spire del solenoide: F d = NSBI;
I = Fd/NSB = 294,3 x 0,4 /(1600 x 1,1304 x 10-2 x 0,2) = 32,543 A.
D'altra parte, quando il magnete permanente viene attratto dal solenoide, per la legge dell'induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz, si genera nel circuito di alimentazione del solenoide una f.e.m. indotta Eind = d F(B)/dt = NSB/Dt = 1600 x 1,1304 x 10 -2 x 0,2/ 6 = 0,6028 V, essendo Dt = 6 s il tempo impiegato dal magnete permanente per introdursi completamente nel solenoide.
Pertanto, supponendo che il solenoide venga alimentato da un generatore di corrente costante
I = 32,543 A, si ottiene la potenza P che il generatore deve erogare durante il moto del magnete permanente all'interno del solenoide: P = Eind x I = 0,6028 V x 32,543 A = 19,617 W, potenza che ovviamente coincide, a meno di 0,01 W, con quella sviluppata dalla forza attrattiva F nell'intervallo di tempo di 6 secondi: P = L/ Dt = F x d/Dt = 294,3 x 0,4/6 = 19,62 W. In altri termini, il generatore di corrente continua, per mantenere la corrente costante I = 32,543 A durante il moto del magnete,deve aumentare la tensione ai suoi morsetti di 0,6028 V per compensare l'effetto della forza elettromotrice indotta di pari valore che si oppone ad esso per la legge di Lenz.
Cordiali saluti.

DOMANDE:Professore come va???
Ho costruito un trasformatore...tutto bene....anzi è venuto proprio egregio.Doveva essere collegato ad una 845...che ha una bella dose di potenza.
Volevo da lei solo una info.Nei trasformatori reali abbiamo come si sa delle perdite che vanno dalle capacità parassite alle induttanze dovute alle linee di flusso che non sono perfettamente concatenate.
Le chiedevo perchè nella modellizzazione il condensatore che rappresenta la capacità parassita viene messo in // e non in serie e l'induttanza di leakage viene schematizzata in serie e non in //??
Vi è un motivo logico/fisico/matematico? Certo di una sua risposta la saluto cordialmente ringraziandola in anticipo.
Alessandro.

Gent.mo Ing. Alessandro,
Per me va tutto bene. Grazie.
Come mostra la prima figura, relativa ad un esempio di bobina a due strati della stessa lunghezza, mentre le capacità parassite tra spire contigue di ciascuno strato sono collegate in serie, dando luogo ad una capacità equivalente-serie pari, in media, a quella tra due spire contigue divisa per il numero delle spire, quindi con un contributo complessivo molto piccolo, le capacità parassite tra le spire di due strati sovrapposti sono collegate in parallelo, dando luogo ad una capacità equivalente-parallelo pari, in media, alla capacità tra due spire corrispondenti ed appartenenti a strati contigui, moltiplicata per il numero delle spire di ciascuno strato. Ovviamente il contributo delle capacità parassite tra spire di strati contigui è molto maggiore di quello dovuto alla capacità equivalente-serie delle spire di ciascuno strato. Ecco perchè le capacità parassite vengono riportate in parallelo (R1 ed R2 sono le resistenze ohmiche delle spire dei due strati).
Per quanto riguarda il flusso disperso,la seconda figura mostra che in entrambi gli avvolgimenti alcune linee di forza si chiudono nell'aria e non sono pertanto concatenate all'altro avvolgimento. Poichè a questo flusso disperso si associa un'induttanza di dispersione che causa cadute di tensione reattive in entrambi gli avvolgimenti e poichè la permeabilità magnetica dell'aria è migliaia o decine di migliaia di volte minore di quella del nucleo ferromagnetico, ne derivano, per la legge di Hopkinson dei circuiti magnetici (analoga alla legge di Ohm per i circuiti elettrici), una diminuzione della forza magnetomotrice (in amperspire) agente nel circuito magnetico del trasformatore per la maggiore riluttanza magnetica determinata dalle linee di forza che si chiudono nell'aria (cadute di tensione magnetica, in amperspire) ed una conseguente diminuzione del flusso magnetico effettivo passante nel nucleo. Tutto procede pertanto come se in serie a ciascuno dei due avvolgimenti fosse collegata un'induttanza aggiuntiva di valore tale da rendere conto delle effettive perdite di flusso che si verificano nel circuito magnetico.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE: Stimatissimo professore Cucinotta,
mi perviene una perplessità sulla maniera di rappresentare un corpo celeste da parte degli astrofisici, in quanto rilevano mediante radiotelescopi le onde radio emanate dallo spazio a lunghissima distanza dalla Terra.Attraverso il lungo cammino di propagazione l'onda non incontra moltissimi campi elettromagnetici che possono modificare la sua lunghezza d'onda d'origine al punto di falsare l'esatta provenienza nonchè le dimensioni da attribuire al corpo stesso? Che spiegazioni mi può fornire? La ringrazio per la sua brillante preparazione scientifica nell'esporre le sue spiegazioni.
Cordiali saluti Giuseppe


Gent.mo Giuseeppe,
Bisogna considerare che, essendo lineari le equazioni di Maxwell e l'equazione delle onde (in quanto le derivate prime e seconde dei campi elettrico e magnetico rispetto alle coordinate x,y,z e rispetto al tempo figurano alla prima potenza), vale il principio di sovapposizione, che è fondamentale sia per le onde acustiche sia per quelle elettromagnetiche, poichè esso implica l'indipendenza della propagazione di un'onda da quella di tutte le altre onde che si propagano nella stessa zona di spazio-tempo. Si pensi al fatto che possiamo distinguere chiaramente i contorni ed i colori di un oggetto nonostante siano contemporaneamente presenti tantissime altre onde luminose che si propagano in tutte le direzioni. E si pensi alla possibilità di distinguere in un'orchestra il suono di un particolare strumento nonostante suonino contemporaneamente tanti altri strumenti.
La frequenza e la lunghezza d'onda di un'onda acustica o elettromagnetica rimangono tali e quali in assenza di fenomeni non lineari, cioè finchè vale il principio di sovrapposizione. Se invece due onde, acustiche o elettromagnetiche, si propagano in mezzi con caratteristiche di non linearità (per esempio particolari cristalli non lineari che consentono a due fasci laser di interagire mutuamente), le loro frequenze F1 ed F2 danno luogo a termini di intermodulazione con frequenze pari alla somma ed alla differenza di F1 e di F2 ed alle varie combinazioni delle loro armoniche: 2F1 + F2, 2F1 - F2, F1 + 2F2, F1 - 2F2, 3F1 + F2, 3F1 - F2, ecc... .
Queste frequenze estranee sono tutte presenti assieme alle frequenze originarie F1 ed F2.
Un discorso diverso bisogna fare per quanto concerne la rivelazione dei debolissimi segnali radio provenienti da corpi celesti lontanissimi ed inquinati da rumore elettrico. Si tratta di adottare particolari tecniche di amplificazione, di contemporanea riduzione del rumore [per es. riduzione del rumore termico mediante raffreddamento degli amplificatori a temperature criogeniche (temperatura dell'elio liquido, 4 ÝK)] e di filtraggio digitale, per far sì che il rapporto segnale/disturbo aumenti in modo sufficiente per rendere identificabili i segnali radio utili, la cui frequenza generalmente è quella corrispondente alla riga spettrale emessa a 1420 MHz dagli atomi di idrogeno neutro, la cui concentrazione nell'universo predomina rispetto a quelle di tutti gli altri elementi.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Mi sorgono (e mi scuso ancora) ulteriori elementi di dubbio riguardo agli effetti capacitivi/induttivi ed alla loro natura fisica.
Immaginando una spira costituita dallo stesso conduttore...mi è assai complicato pensare ad una capacità in senso fisico. E' un modo per schematizzare il fatto che il segnale tra due spire (ottenute avvolgendo lo stesso conduttore) subisce delle variazioni con la frequenza??(nella fattispecie di tensione).Desumo inoltre che la modellizzazione (serie o parallelo) per ci= che concerne le perdite, siano esse induttive  o capacitive, si deduce dal contributo più o meno marginale che queste possano apportare all'intero circuito che si sta analizzando.Di qui la scelta di come collocarle (in serie o in parallelo) nel modello globale che si adotta...oppure  sbaglio qualcosa nel ragionamento???
Nel ringraziarla per la sua immensa disponibilità nonchè infinita pazienza.
La saluto cordialmente
Alessandro

Gent.mo Ing. Alessandro,
L'esistenza di una capacità parassita tra spire contigue si spiega fisicamente con l'esistenza di una differenza di potenziale tra le stesse. La d.d.p. alternata,nel caso degli avvolgimenti di un trasformatore, ed il campo elettrico variabile ad essa associato, determinano effetti di induzione elettrostatica con periodici aumenti e diminuzioni della carica indotta sui conduttori che formano le spire, effetti tanto meno trascurabili quanto maggiore sia la frequenza di lavoro, per l'aumento, direttamente proporzionale alla frequenza, della derivata temporale del campo elettrico E sen wt (corrispondente alla cosiddetta densità della “corrente di spostamento” di Maxwell,che è direttamente collegata alla densità di carica elettrica s che nasce per induzione elettrostatica, vedi teorema di Coulomb E = s/(eoer) per il campo elettrico nei punti vicinissimi alla superficie di un conduttore).
Per quanto concerne la modellizzazione (serie o parallelo) delle predette capacità parassite, è senz'altro corretta la Sua deduzione.
Tanti cordiali saluti.

Gentile Prof. Cucinotta, vorrei sottoporre alla sua cortese attenzione due quesiti di astronomia:
-una pompa aspirante e premente,aspira acqua da un contenitore posto sotto la pompa e la trasferisce ad una quota sopra la stessa ad un altro serbatoio. Entrambi i serbatoi sono sotto l'influenza della pressione atmosferica. Se la stessa pompa dovesse compiere la stessa operazione in un pianeta in cui la pressione atmosferica fosse il triplo di quella terrestre l'energia assorbita sarebbe la stessa?
-La luna, quale satellite naturale della Terra, perchè tende ad allontanarsi ogni anno di qualche centimetro?
La ringrazio per l'ottima collaborazione e Le porgo i migliori auguri di Buona Pasqua. Giuseppe


Gent.mo Giuseppe,
Grazie anzitutto per gli auguri pasquali,che ricambio cordialmente.
- Applicando il principio di Bernoulli, che esprime il principio di conservazione dell'energia per i fluidi,si ottiene l'equazione:
po + ppompa = po + (1/2) rV2 + rgH,
dove po è la pressione atmosferica, ppompa è la pressione generata dalla pompa, V è la velocità di efflusso dell'acqua alla quota H del serbatoio superiore e g è l'accelerazione di gravità.
Se Q è la portata in mc/s, la potenza P (lavoro per unità di tempo) necessaria per il funzionamento della pompa si ottiene moltiplicando la portata Q per la somma della pressione dinamica (1/2) rV2 e della pressione idrostatica rgH:
P = Q[(1/2) rV2 + rgH] = Q (po + ppompa - po) = Qppompa.
Pertanto si deduce che la potenza di pompaggio P ,mentre è indipendente dalla pressione atmosferica po, che assume,in prima approssimazione,lo stesso valore alla superficie libera dell'acqua nei due serbatoi, aumenta linearmente con il valore dell'accelerazione di gravità g. Esempio: Se H = 10 m , Q = 1 mc/s , r = 1000 kg/mc, g = 9,81 m/s2 e V = 5 m/s, P =1 x [(1/2) x 1000 x 25 + 1000 x 9,81 x 10] = 1 x [12500 + 98100] = 110600W = 110,6 kW. Se invece l'accelerazione di gravità g fosse tripla, sarebbe necessaria una potenza P = 1 x [12500 + 98100 x 3]=306800 W = 306,8 kW.
-La risposta al secondo quesito è reperibile nella pagina 3 delle “risposte alle vostre domande”, vedi pag.3.
Tanti cordiali saluti ed auguri di Buona Pasqua.

DOMANDE [da Frattamaggiore (NA)]:
Egregio professore,
vorrei qualche chiarimento,se possibile a chi non è uno specialista, circa i seguenti quesiti di fisica quantistica :
1) quando si usa h ( costante di Planck) semplice e quando h tagliata e perché si è resa necessaria questa distinzione ?
2) Il secondo membro del principio di indeterminazione di Heisenberg a volte lo vedo indicato h, altre h/2pi greco e altre ancora h/4pi greco : ma si sceglie a piacere ?
3) Vorrei capire qualcosa in più sull’energia di Fermi nel senso che, quando leggo che è il massimo livello di energia che occupano gli elettroni, a me sembra ovvio, visto che non è che possono occupare livelli superiori con quelli inferiori  che rimangono vuoti ( e rispettando il principio di Pauli ); mi sfugge quindi, qual è la sua “novità”.
E quando leggo la sua  formula come quantità di moto al quadrato / 2massa,  è la stessa formula dell’energia cinetica ½ mv^2,  relativamente per=, all’elettrone, e messa sotto altra forma ?
Grazie, Francesco.


1)L'uso di h tagliata si rende necessario per semplificare la scrittura delle formule nelle quali h figura divisa per 2p, per esempio: nel postulato di Bohr relativo alla quantizzazione del momento angolare L = n h/(2 p) dell'elettrone nella teoria elementare dell'atomo di idrogeno (n = 1, 2,3, .....), nell'espressione esatta delle relazioni di indeterminazione di Heisenberg DpxD x > = h/(4p) e DEDt >=h/(4p) e nell'equazione di Schroedinger.
Non è invece necessaria nella relazione di Planck E = nhn relativa alla quantizzazione dell'energia radiante , nella formula di Einstein E = hn che esprime l'energia di un fotone, dove n è la frequenza della radiazione elettromagnetica, e nella formula di De Broglie che esprime la lunghezza d'onda l = h/p associata ad una particella con quantità di moto p.
2) Le relazioni esatte del principio di indeterminazione di Heisenberg sono quelle riportate al punto 1): il prodotto delle incertezze di due grandezze fisiche complementari (p e x) (E e t), che non possono cioè essere misurate contemporaneamente con la massima precisione, non può in nessun caso essere minore di h/(4p).
Le relazioni approssimate (di quasi uguaglianza) Dpx D x ~ h/(2p) e DED t ~ h/(2 p) sono invece utilizzate, per esempio, per un calcolo approssimato dell'energia di confinamento di una particella in una regione di spazio di dimensioni Dx,Dy,Dz [elettrone confinato in un atomo o nucleone (protone o neutrone) confinato in un nucleo].
3) L'energia di Fermi EF è la massima energia degli elettroni alla temperatura dello zero assoluto
(T = 0Ý K). Infatti, allo zero assoluto tutti gli stati quantici sono occupati da 2 elettroni con spin opposti da E = 0 fino a E = EF. All'aumentare della temperatura, gli elettroni la cui energia è vicina al livello di Fermi EF, per effetto dell'energia di agitazione termica occupano stati con E > EF, ed il loro numero è tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura assoluta T (in ÝK).
La formula E = p2/(2m) è la stessa formula dell'energia cinetica E = (1/2) mv2, scritta in funzione della massa m e della quantità di moto p = mv.
L'energia E F si ottiene dividendo per 2m il quadrato della quantità di moto p F di un elettrone con energia pari a EF.

DOMANDE:Gentilissimo professore Cucinotta,Le vorrei porre alcuni quesiti fisici:
-L'induzione magnetica di un magnete permanente, dipende dal suo volume e in che misura?
-Un solenoide attraversato da un nucleo di ferro dolce, aumenta l'induzione magnetica. Potrebbe accadere lo stesso fenomeno ad un magnete permanente a forma di tubo anch'esso attraversato da un cilindro di ferro dolce?
-Quale sarà la forza di attrazione o di repulsione tra due magneti permanenti sapendo il loro volume e la distanza tra di loro? Mi potrebbe eseguire un esempio numerico?
-Un carrello del peso di 5000 Kg. posto su un piano orizzontale ed avente un coefficiente di attrito volvente do 0,01 tra le ruote e il pavimento. Affinchè si possa avere un moto naturalmente accelerato per una distanza di 10 metri, quale sarà la forza da applicare al carrello? Quale sarà il lavoro svolto e la potenza assorbita?
-L'universo è in continua espansione e il suo destino ci è ancora ignoto. Alcuni studiosi pensano che si possa tornare allo stato iniziale del grande big-bang ed altri pensano che tutti i corpi si possano disperdere all'infinito.I buchi neri potrebbero a lungo andare assorbire tutti i corpi celesti con tutta la materia esistente nell'universo?
Qual è la sua opinione a riguardo?
La saluto distintamente con tanta cordialità.
Giuseppe


Gent.mo Giuseppe,
- Considerando, per semplicità, il caso particolare di un magnete permanente a ferro di cavallo,con una distanza d (in aria) tra i poli molto minore della lunghezza L delle linee di forza magnetiche nel materiale ferromagnetico, vale il teorema della circuitazione (Legge di ampere)
Hfm x L + Haria x d = 0, non esistendo avvolgimenti percorsi da correnti elettriche, dove Hfm è l'intensità del campo magnetico (in amperspire/metro) all'interno del materiale ferromagnetico e Haria quella del campo magnetico uniforme (se d è molto minore di L) tra i poli.
Pertanto Haria = - Hfm x L/d. Poichè l'intensità del campo induzione magnetica Bfm nel materiale ferromagnetico è uguale a Baria, per la continuità della componente di B normale alla superficie di separazione tra due mezzi (aria e materiale ferromagnetico) (derivante dalla solenoidalità di B: flusso magnetico entrante = flusso magnetico uscente, con riferimento ad una superficie chiusa attraversata dalle linee di forza magnetiche, div B = 0) , si ha: Bfm = Baria = m o Haria = - mo Hfm x L/d. Se è disponibile il ciclo di isteresi del materiale ferromagnetico (per es. acciaio), tracciata la retta di equazione Bfm = - mo Hfm x L/d nel piano Hfm, Bfm, si determina il valore di Bfm del magnete permanente considerando il valore di Bfm (in tesla ) relativo al punto d'intersezione (nel secondo o nel quarto quadrante, essendo negativa la pendenza) tra la retta e la curva rappresentativa del ciclo di isteresi magnetica. Il volume del materiale non ha alcuna influenza: tutto dipende dal rapporto tra L e d e dalla forma del ciclo di isteresi. Se invece si considera il flusso magnetico = BS (in Weber) attraverso i poli, il volume V del materiale ferromagnetico interviene indirettamente attraverso la sezione S: S = V/L.
- Nel caso di un magnete permanente tubolare contenente un nucleo di ferro dolce di sezione S, il ferro dolce si magnetizza per induzione essendo attraversato dalle linee di forza del campo magnetico H generato dal magnete permanente, generando un campo di induzione magnetica B dipendente dalla sua permeabilità magnetica relativa mr, che a sua volta varia in funzione dell'andamento del ciclo di isteresi del ferro dolce:
B = mom rH.
- Per il calcolo della forza magnetica si può applicare il criterio energetico valido nel caso di due solenoidi, considerando che il campo magnetici H tra i poli, di segno opposto, di due magneti di sezione S, è in prima approssimazione uniforme se la distanza y tra i poli N e S è molto piccola
(y <= 0,1 L) rispetto alla lunghezza L di ciascun magnete. In questo caso particolare la forza magnetica si può calcolare partendo dall'espressione dell'energia potenziale magnetica immagazzinata nel campo uniforme presente nella zona interpolare di volume V = Sy:
W = densità di energia x volume tra i poli = (1/2) BH x V = (1/2) ySB2/(mo).
Pertanto la forza magnetica è Fm = dW/dy = (1/2) B2S/mo.
Esempio: Se B = 0,5 T , S = 1 cmq = 0,0001 mq, F = (1/2) x 0,52 x 0,0001 /mo = (1/2) x 0,52 x 0,0001 /12,56 x 10 -7 = 9,95 N = 9,95/9,81 = 1,014 kg-peso.
- Il problema richiede la conoscenza del raggio R delle ruote del carrello e dell'accelerazione a [oppure della velocità finale V = SQRT (2ax) relativa allo spostamento x] . Infatti la coppia di attrito volvente Mv = k Mg delle ruote è direttamente proporzionale, con k = 0,01 metri, al peso W = Mg.
Se non si conosce il raggio R delle ruote, non è possibile determinare la forza resistente Fav = Mv/R = k Mg/R dovuta all'attrito volvente, che si oppone alla forza motrice Fm da applicare al carrello per farlo muovere con una data accelerazione a.
Conoscendo R, si ottiene l'equazione Fav = 0,01 x 5000 x 9,81 /R. Per ottenere l'intensità della forza motrice Fm da applicare al carrello per farlo muovere con l'accelerazione costante a, si applica la seconda legge della dinamica: Fm - Fav = Ma.
Fm = Fav + Ma = 0,01 x 5000 x 9,81 /R + Ma.
Il lavoro compiuto dalla forza motrice Fm per lo spostamento x è L = Fm x. La potenza istantanea sviluppata da Fm è data da P = dL/dt .
Essendo x = (1/2)at 2 (moto uniformemente accelerato), si ha:
P = d(Fm x)/dt = Fm dx/dt = Fm at = Fm (Fm - Fav)t/M.
- In base alle più recenti misure dei parametri cosmologici, la velocità di espansione dell'universo tende ad aumentare determinando un progressivo svuotamento dello spazio-tempo. L' accelerazione dell'espansione dell'universo è dovuta al contributo dell'energia oscura (intorno al 70% dell'energia totale dell'universo), che esplica un effetto repulsivo analogo a quello della costante cosmologica introdotta da Einstein. Questo effetto repulsivo bilancia e supera di poco quello attrattivo dovuto alla materia ordinaria (visibile) (circa 5%) ed alla materia oscura (circa 25 %) , la cui natura è tuttora sconosciuta. Per questo motivo i cosmologi escludono il big crunch (un nuovo big bang connesso ad un universo chiuso) e propendono per un universo aperto. Per quanto riguarda i buchi neri,è ipotizzabile che il progressivo svuotamento dello spazio-tempo tenda a far diminuire la probabilità di aggregazione della materia cosmica attorno ai buchi neri, rendendo l'universo sempre meno denso e sempre più buio e freddo.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio professore,
non riesco a capire perché un raggio che incide una superficie d'acqua, nella riflessione  viene polarizzato tutto o quasi , orizzontalmente.Infatti immagino un raggio che colpisce detta superficie dall'alto verso di essa, con le vibrazioni che avvengono in  tutte le direzioni, essere riflesso dopo , dalla superficie verso l'alto (sempre sullo stesso piano di quello incidente).
1) Cosa cambia dopo che ha toccato la superficie, che le vibrazioni avvengono prevalentemente in una sola direzione? E perché tra queste proprio orizzontalmente?
2) Perché , se è vero, con le superfici metalliche questo non succede, ma solo con quelle di vetro, acqua ecc.?
3) Infine perché il piano detto di polarizzazione, è quello normale alle vibrazioni e non quello in cui avvengono dette vibrazioni ?
Grazie. Francesco. Frattamaggiore


1) Il fenomeno è connesso alle leggi dell'elettromagnetismo, in particolare alla condizione di continuità cui deve soddisfare il campo elettrico in corrispondenza della superficie di separazione di due mezzi dielettrici (es. aria e vetro, aria e acqua). In base ad una delle quattro equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico, considerato un ciclo rettangolare di area infinitesima, giacente in un piano perpendicolare alla superficie di separazione dei mezzi dielettrici e costituito dai lati L1 (nel mezzo 1 ,di provenienza della luce) , L2 (nel mezzo 2, riflettente e rifrangente) ed L3, L4 , perpendicolari alla superficie di separazione e con contributi trascurabili rispetto a quelli lungo L1 ed L2, si uguaglia a zero la circuitazione del campo elettrico E lungo il ciclo infinitesimo L1>L3>L2>L4: E1 L1 + E3 L3 - E2L2 - E4 L4 ˜ E1L1 - E2L2 = 0.
Si ottiene quindi, essendo L1 = L2, e considerando trascurabili i termini E3L3 ed E4L4: E1 = E2.
Pertanto nel mezzo 1 la somma E1 = Ei + Er (componente tangenziale, parallela alla superficie di separazione) dei campi elettrici Ei dell'onda incidente ed Er dell'onda riflessa deve essere uguale al campo elettrico Et dell'onda trasmessa (componente tangenziale, parallela alla superficie di separazione) nel mezzo 2 dopo la rifrazione: Ei + Er = Et = E2.
D'altra parte, per il principio di conservazione dell'energia, l'intensità dell'onda incidente, proporzionale al quadrato di Ei deve essere uguale alla somma delle intensità dell'onda riflessa nel mezzo 1, proporzionale al quadrato di Er, e dell'intensità dell'onda trasmessa nel mezzo 2, proporzionale al quadrato di Et: Ei2 = Er2 + Et 2. In base a queste due equazioni ed alla legge di Snell sen i = (n2/n1) sen r della rifrazione della luce, considerando la somma di tutte le componenti dei campi elettrici delle infinite onde non polarizzate incidenti con un dato angolo d'incidenza i rispetto alla perpendicolare alla superficie di separazione dei due mezzi, si ricava la condizione di polarizzazione di Brewster tang i = n2/n1. Quando l'angolo i soddisfa questa condizione, i raggi riflesso e rifratto sono perpendicolari tra loro , il campo elettrico Er del raggio riflesso oscilla parallelamente alla superficie di separazione, mentre il campo elettrico Et dell'onda trasmessa oscilla nel piano di incidenza. Per angoli diversi da quello di Brewster, i raggi riflessi e trasmessi sono parzialmente polarizzati, in quanto si propagano assieme ad altri raggi riflessi e rifratti con i campi elettrici meno intensi ed oscillanti in altre direzioni. Quindi, soltanto per i pari all'angolo di Brewster, la polarizzazione dei raggi riflessi nel mezzo 1 e rifratti (trasmessi nel mezzo 2) è totale, anche se bisogna considerare la bassa intensità del raggio riflesso (alcuni % dell' intensità del raggio incidente).
2) Le superfici metalliche, essendo caratterizzate da una piccolissima resistenza ohmica specifica, non consentono di avere componenti tangenziali del campo elettrico di intensità sufficiente a determinare i fenomeni polarizzazione che si verificano nel caso dei dielettrici. Pertanto il campo elettrico dell'onda è quasi perpendicolare alla superficie riflettente, mentre la componente parallela alla superficie riflettente è praticamente nulla.
3) Si tratta di una convenzione introdotta dal fisico Fresnel. Essa definisce piano di vibrazione quello in cui oscilla il campo elettrico dell'onda luminosa e piano di polarizzazione quello in cui oscilla il campo magnetico, che è sempre perpendicolare al campo elettrico.

DOMANDE (da Frattamaggiore):Egregio professore,
vorrei dei chiarimenti sulla risposta a pag. 6 del Suo sito, circa la pressione degenere delle nane bianche :
1) Vorrei capire come si passa da P=npv a P=np^2 v/ m .
Immagino che abbia usato la formula dell’energia di Fermi , ma in tal caso non dovrebbe esserci un 2 al denominatore?
2) Quando lo stesso ragionamento si applica a velocità relativistiche ho visto che mette c al posto di v ; ma perché in tal caso ci si ferma al P=npv e non si combina la stessa come sopra e cioè come  nel caso non relativistico ?
3) La tripletta sqr che significa ( immagino radice quadrata) ?
Grazie. Francesco.


1) Il 2 al denominatore figura soltanto nella formula dell'energia cinetica non relativistica
K = mv2/2 = m(p/m)2/2 = p2/(2m), quando si esprime la velocità v come rapporto v = p/m tra la quantità di moto p e la massa m.
Pertanto la formula della pressione è P = npv = npp/m = np2/m, senza 2 al denominatore.
2) Nel caso relativistico si assume che la velocità v sia così vicina a c che la quantità di moto p cresca esclusivamente attraverso il rapidissimo aumento relativistico della massa,
secondo la formula p = m(v) c = mc/sqr (1 - v2 /c2) (è più comodo per me scrivere sqr , cioè square root, al posto del simbolo di radice quadrata), considerando in prima approssimazione v = c al numeratore, ma non al denominatore,dove figura il quadrato di v e dove pertanto è maggiore l'errore che si commetterebbe se si sostituisse c a v. Invece è piccolo l'errore che si commette sostituendo nella formula P = npv c al posto di v, P = npc, continuando per= a considerare la quantità di moto data dalla formula p = m(v) c = mc/sqr (1 - v2/c2)

DOMANDE:Egregio professore,
chiedo scusa della mia cocciutaggine, ho capito come si sviluppa l'equazione, ma rimane il problema del 2 al denominatore, perché io su alcuni libri ( proprio di fisica) la formula finale la leggo P=h^2 n^5/3/m e altri P=h^2 n^5/3/2m, a seconda se si parte dalla formula dell'energia cinetica o dalla teoria cinetica e quindi P=npv^2 come nella Sua risposta.
(Sembra come nel principio di indeterminazione che Le chiesi l'altra volta, che ognuno lo scriveva in un modo! )
Poi Lei dice che il 2 si usa solo nella formula non relativistica : ma il primo caso considerato non è proprio quello non relativistico? E quindi ci dovrebbe essere. O no?
La ringrazio ancora infinitamente. Francesco


L'espressione corretta è quella che si ottiene partendo dalla formula P = npv = np2/m relativa alla pressione di un gas ideale e non da quella
dell'energia cinetica. Infatti nella teoria cinetica dei gas la pressione di un gas ideale si calcola considerando le forze per unità di superficie dovute agli urti elastici tra le molecole e le pareti del contenitore del gas e non le loro energie cinetiche. Per quanto concerne l'espressione "energia cinetica non relativistica" K = (1/2)mv2 (formula della meccanica newtoniana), bisogna considerare che essa si ottiene come limite (con uno sviluppo in serie) della formula einsteiniana K = m[1/sqrt(1 - v2/c2) - 1] quando v è molto minore di c.

DOMANDE:Egregio professore, vorrei qualche chiarimento sui condensatori:
1) non riesco a capire come si scaricano,  visto che i terminali sono  due. Mi spiego: sui libri si legge che si devono mettere in contatto le due armature, ma quando li vedo saldati sui circuiti di un qualunque apparecchio, immagino che i due terminali siano collegati alle piste tra le quali c'è  la differenza di potenziale per farli caricare, e allora mi chiedo "cosa" le mette in contatto e "cosa" decide quando è il momento che si devono scaricare. E mi chiedo anche, visto che i terminali sono sempre quei due, dove confluisce l'energia accumulata : sulle piste da dove gli è arrivata la corrente ?
2) Se si applica la tensione a un solo terminale, il condensatore si carica alla stessa maniera di quando si applica a tutti e due i terminali ? ( Penso di si, visto che l'altra armatura si carica di conseguenza)
3) Credo che la polarità sia indifferente nei condensatori ; ho sentito però, di condensatori elettrolitici per i quali bisogna rispettarla. Cosa sono e perché ?
4) Un condensatore una volta caricato, se non viene scaricato, per quanto tempo lo rimane ?
Grazie. Francesco.Frattamaggiore NA


Il primo condensatore (bottiglia di Leida) fu realizzato nel 1745, per caso, dal fisico olandese Petrus van Musschenbroek, eseguendo esperimenti con le macchine elettrostatiche presso l'università di Leida. Dopo avere riempito d'acqua una bottiglia, la rivestì esternamente con una sottile lamina metallica (stagnola) ed inserì attraverso il tappo un'asticella metallica immersa nell'acqua e terminante con una sferetta metallica. Dopo aver caricato di elettricità statica la bottiglia tenendola in una mano e toccando per un istante il polo di una macchina elettrostatica in funzione, distrattamente toccò con l'altra mano l'asticciola ricevendo una scarica elettrica così violenta da rimanere tramortito. La bottiglia di Leida costituiva un condensatore, cioè un accumulatore di elettricità statica, le cui armature (elettrodi) erano costituite dal rivestimento metallico esterno e dall'acqua,debolmente conduttrice, nella quale pescava l'asticella. L'asticella posta a contatto con il polo, per esempio positivo, della macchina elettrostatica, si era caricata assieme all'acqua di elettricità statica positiva, in quanto gli elettroni di conduzione del metallo erano stati attratti verso il polo positivo del generatore ( macchina elettrostatica ) determinando nell'asticciola una carenza di elettroni e quindi una prevalenza della carica positiva degli ioni del reticolo cristallino del metallo, non neutralizzati. Contemporaneamente, durante il contatto istantaneo della sferetta con il polo positivo del generatore, le cariche positive accumulate dall'asticciola avevano determinato, per induzione elettrostatica, un'attrazione e quindi un addensamento superficiale di elettroni sulla faccia interna della lamina metallica che rivestiva la bottiglia ed un simultaneo addensamento superficiale di cariche elementari positive sulla faccia esterna della lamina metallica, in contatto con la mano di Musschenbroek, il cui corpo chiudeva il circuito verso terra attraverso le scarpe, umide e quindi non isolanti,con il polo negativo del generatore. Il circuito di carica del condensatore era il seguente: polo positivo del generatore-asticella metallica- acqua debolmente conduttrice per gli ioni H+ e OH- - vetro- rivestimento metallico-corpo dello sperimentatore-terra-polo negativo del generatore. Nell'istante in cui la sferetta toccava il polo positivo del generatore, si stabiliva una corrente momentanea di carica del condensatore, costituita da elettroni che dall'asticella migravano verso il polo positivo del generatore e da elettroni che dal polo negativo del generatore, attraverso la terra, raggiungevano il corpo dello sperimentatore neutralizzando le cariche elementari positive prodotte per induzione elettrostatica sulla faccia esterna del rivestimento metallico della bottiglia. In altri termini, per effetto del contatto momentaneo con il polo positivo, la bottiglia di capacità C si era caricata alla stessa tensione V fornita dalla macchina elettrostatica (parecchie decine di kV), accumulando sulle sue armature due cariche elettriche +/- Q = +/- CV (per la formula C = Q/V che definisce la capacità di un condensatore) , uguali e contrarie e nel campo elettrico tra le armature un'energia elettrostatica W = (1/2)CV2.
Quando Musschenbroek, continuando a tenere in mano la bottiglia, toccò distrattamente l'asticciola, determinò la scarica del condensatore attraverso il suo corpo: gli elettroni, accumulati in eccesso sulla superficie del rivestimento metallico esterno, attraversarono il suo corpo entrando attraverso una mano ed uscendo da quella che era in contatto con l'asticciola, per neutralizzare le cariche elementari positive accumulate su questa. Il circuito di scarica del condensatore era il seguente: rivestimento metallico esterno-corpo-asticciola. Da queste considerazioni si deduce che per caricare un condensatore bisogna realizzare in ogni caso un circuito costituito dal generatore, dai fili di collegamento dei poli del generatore con le armature del condensatore e dal condensatore da caricare. Per scaricare un condensatore bisogna sempre mettere in contatto le armature, sia direttamente, mediante un conduttore che le cortocircuiti dando luogo ad una fragorosa scintilla,che si verifica se il condensatore ha una grande capacità (centinaia o migliaia di microfarad) ed è carico ad una tensione di almeno un centinaio di volt, sia indirettamente, attraverso una resistenza limitatrice di corrente.
N.B!!!: E' pericolosissimo intervenire all'interno di un'apparecchiatura elettronica, per esempio un alimentatore di un computer, credendo erroneamente di non correre pericoli per avere staccato la spina. Infatti vengono utilizzati dei condensatori “serbatoio” con capacità di alcune centinaia di microfarad, che rimangono carichi ad una tensione di oltre 300 V anche per parecchie ore , costituendo un pericolo mortale. Esempio: Se si suppone che la resistenza di isolamento R del dielettrico posto tra le armature del condensatore sia dell'ordine di 100 Mohm = 108 ohm, un condensatore con capacità C = 500 microfarad = 5 x 10-4 farad può rimanere carico ad una tensione pericolosa anche per un tempo pari a 5 volte il prodotto RC, cioè per T = 5 x 5 x 104 = 250000 secondi = 250000/3600 = 69,44 ore !!! Se fosse R = 1000 Mohm, a parità di capacità, T ammonterebbe a 694,4 ore !!!
Mentre i condensatori con dielettrico in film plastico, con capacità massime fino ad alcuni microfarad,non presentano polarità e quindi si possono inserire in un circuito scambiando i terminali, i condensatori elettrolitici, con capacità massime fino a parecchie decine di migliaia di microfarad (addirittura fino ad alcuni farad) e dielettrico sottilissimo costituito da uno spessore micrometrico di ossido di alluminio o di tantalio, richiedono il rigoroso rispetto delle polarità. Infatti si comportano in modo analogo ad una batteria di accumulatori, con il polo positivo ed il polo negativo. Poichè lo strato di ossido si forma per elettrolisi soltanto se il polo positivo (anodo) del condensatore è collegato al polo positivo del generatore e quello negativo di questo è collegato al polo negativo del condensatore, se si invertissero le polarità, si verificherebbe un intenso sviluppo di gas con conseguente esplosione del componente !
In un circuito elettronico i condensatori devono sempre essere collegati con entrambi i poli alle piste conduttrici, altrimenti non potrebbero funzionare; svolgono diverse importanti funzioni, basate sulla loro caratteristica fondamentale di opporsi a rapide variazioni della tensione tra le armature, sia quando si caricano che quando si scaricano. Si comportano in altri termini come serbatoi di energia elettrica, in grado di fornire, al momento della scarica, determinata dalle modalità di collegamento con altri componenti elettronici (resistori, bobine, diodi , transistor), correnti temporanee decrescenti nel tempo con legge esponenziale, e non continue come quelle fornite dalle batterie e dagli altri generatori elettrici.
Grazie a questa loro caratteristica di far variare la tensione ai loro capi tanto più lentamente quanto maggiore è il prodotto della resistenza R collegata in serie (durante la carica) o in parallelo (durante la scarica) per la capacità C, si impiegano, per esempio, nei circuiti di conversione della corrente alternata in corrente continua (raddrizzatori) come dispositivi di livellamento delle variazioni di tensione residue dovute alla tensione alternata di rete, e nei filtri crossover inseriti tra gli altoparlanti e l 'amplificatore audio per consentire, a seconda del prodotto RC, di inviare i toni alti ai tweeter ed i toni bassi ai woofer.

DOMANDE: Egregio professore,
Immaginiamo di analizzare un caso ideale quindi privo di qualsiasi perdita etc etc.
Supponiamo di avere una capacità connessa attraverso dei conduttori (i classici fili) ad un resistore e ad un generatore di tensione sinusoidale. Ad un determinato istante che chiamiamo T, le cariche libere (appartenenti all'insieme dei conduttori costituenti il circuito) si sono depositate su di un piatto, generando un potenziale che possiamo chiamare A. Nel medesimo istante il potenziale B nell'altro piatto,è generato per il fenomeno dell'induzione o per la migrazione di cariche che avviene attraverso la spinta del generatore di tensione sinusoidale???
Le chiedo gentilmente un' ultima precisazione.
Cosa accade scomparso il transitorio, quando il circuito passa a regime??? Ossia la tensione comincia a seguire il generatore sinusoidale (a meno di attenuazioni dovute alla caduta su R).Lo spostamento/induzione avverrebbe alla frequenza dell'eccitazione??
Se inserissimo la ns capacità in un circuito comunque complesso,saremmo sempre in presenza del medesimo fenomeno fisico (migrazione/induzione di cariche),che ovviamente determinerebbe l'andamento della ddp ai capi del componente descritto???
Un cordialissimo saluto ed un particolare ringraziamento
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
Se si suppone che la differenza di potenziale tra A e B sia inizialmente nulla (condensatore scarico) , il fenomeno di carica del condensatore, con il conseguente, progressivo, aumento della d.d.p. tra A e B è dovuto sia all'accumularsi su B delle cariche positive indotte, di segno contrario rispetto a quelle depositate su A (che si suppone collegato al polo temporaneamente negativo del generatore), sia alla contemporanea migrazione di elettroni, in numero uguale a quello delle cariche elementari positive indotte, da B verso il polo temporaneamente positivo del generatore sinusoidale, sotto l'azione della d.d.p. applicata al resistore R collegato in serie al condensatore ed al generatore. In altri termini, una carica negativa presente su A respinge una carica negativa uguale presente su B, generando sulla faccia di B rivolta ad A, per difetto locale di neutralizzazione, una carica positiva indotta uguale e contraria.
La carica negativa che si localizza sull'altra faccia del piatto B, per effetto del campo elettrico dovuto alla d.d.p. applicata a R migra verso il polo temporaneamente positivo del generatore. Se il fenomeno di carica inizia all'istante T, quando il polo del generatore collegato a B è temporaneamente positivo rispetto al polo collegato ad A, la carica negativa infinitesima -dq depositata sul piatto A (collegato al polo temporaneamente negativo,dove c'è eccesso di elettroni) induce una carica infinitesima dq uguale e contraria su B, il cui potenziale V(B) , inizialmente pari a V(A), diventa V(A) + dq/C = V(A) + I(T) dt/C, dove I(T) = [ E(T) - (V(B) - V(A))]/R è l'intensità di corrente di carica del condensatore di capacità C all'istante iniziale T. Questa intensità di corrente è tanto maggiore quanto maggiore è la f.e.m. istantanea E del generatore sinusoidale E(t) = Emax sen wt , quindi quanto maggiore è  la d.d.p. [ E -(V(B) - V(A)]ai capi di R, applicata agli elettroni che si allontanano dal piatto B per generare in esso con il loro diradarsi le cariche elementari positive indotte da A.  In altri termini, il fenomeno di carica, a parità di C e quindi di costante dielettrica dell'isolante, di superficie e di distanza tra i piatti A e B, è tanto più rapido quanto minore è la resistenza ohmica R del circuito che collega i piatti A e B al generatore. D'altra parte l'aumento della d.d.p. tra i piatti A e B , V(B) - V(A) = Q(t)/C = integrale di I(t)dt/C è più rapido quanto maggiore è la corrente di carica I(t) = E(t)/R e quanto minore è la capacità C.
Con queste considerazioni si spiega la dipendenza della durata dei transitori di carica e di scarica del condensatore dalla costante di tempo RC. Infatti l'aumento di tensione tra A e B è tanto più rapido quanto minore è la carica elettrica Q  = C E che si deve accumulare con segni opposti sulle armature perchè la d.d.p. tra queste raggiunga il valore E, quindi quanto minore è C, a parità di E. Nel contempo , il fenomeno è tanto più rapido, a parità di C, quanto minore è la resistenza R, che è inversamente proporzionale alla corrente di carica I(t) necessaria per spostare dal piatto B al polo temporanemente positivo del generatore, attraverso R, una carica negativa -Q uguale e contraria a quella  positiva +Q che viene prodotta per induzione dal piatto negativo A respingendo dal piatto B tanti  elettroni quante sono le cariche elementari positive da accumulare sullo stesso. In altri termini, la d.d.p. tra A e B si produce per effetto del campo elettrico indotto che si genera tra le armature A e B via via che si accumulano le cariche per induzione elettrostatica (mentre nel contempo cariche di segno contrario a quelle indotte migrano attraverso il resistore connesso a B), e  raggiunge sempre il valore della f.e.m. E del generatore, indipendentemente dal valore della costante di tempo RC. Al termine del processo di carica, quando la d.d.p. tra A e B uguaglia la f.e.m. E, il condensatore si comporta come una batteria collegata in opposizione rispetto al generatore E; pertanto, annullandosi la d.d.p. ai capi di R, si annulla la corrente di carica ed il condensatore mantiene le cariche accumulate, fino a quando esso non venga scollegato dal generatore e scaricato attraverso un resistore.
Trattandosi di un generatore di f.e.m. sinusoidale, i fenomeni di induzione elettrostatica hanno andamento periodico e determinano periodici fenomeni di carica di C da parte del generatore e di scarica di C sul generatore, secondo le alternanze della tensione nei due semiperiodi,in quanto la tensione sinusoidale che si localizza ai capi di C tende a seguire l'andamento della f.e.m. istantanea, mantenendo, in regime sinusoidale permanente, cioè esaurito il transitorio iniziale, una corrente sinusoidale in R sfasata in anticipo sulla f.e.m. del generatore di un angolo pari all'arcotangente di  [1/(wRC)], con un valore limite di 90Ý quando R è trascurabile.
I fenomeni transitori di carica e scarica di C hanno luogo con modalità analoghe a quelle descritte,indipendentemente dalla complessità del circuito.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDA: Egregio Prof.,
Mi sorge un dubbio per quanto riguarda la relazione tra il flusso magnetico generato da un solenoide e la variazione nel tempo della tensione applicata ad esso. Allora,se la tensione è continua il flusso è nullo ? E come si calcolano il flusso magnetico generato dal solenoide percorso da una corrente continua I e la tensione continua V da applicare al solenoide se si conoscono la lunghezza, la sezione e la resistività del filo?
La ringrazio e Le invio i miei più cordiali saluti. Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
Se ad un solenoide avente N spire di sezione S (con R resistenza ohmica dell'avvolgimento) si applica una tensione E(t) variabile nel tempo, questa tensione fa circolare una corrente I(t) variabile nel tempo, la quale a sua volta genera un campo magnetico H(t) di induzione B(t) variabile nel tempo ed un flusso magnetico F(B) = NSB(t) variabile nel tempo, concatenato alle N spire.
Per la legge di Faraday-Neumann-Lenz che stabilisce che la f.e.m. indotta E ind(t) = - dF(B)/dt indotta in un circuito da un flusso magnetico variabile nel tempo è pari al rapporto, cambiato di segno, tra la variazione infinitesima di flusso dF(B) e l'intervallo temporale infinitesimo dt. Il segno meno sta ad indicare, in base alla legge di Lenz che la f.e.m. indotta ha sempre polarità tali da opporsi alla causa che l'ha generata e quindi alla tensione E(t) variabile nel tempo applicata ai capi del solenoide. Nel caso del solenoide, la f.e.m. autoindotta Eind(t), cioè indotta nel solenoide dalla variabilità del flusso magnetico da esso stesso generato, si somma algebricamente (si oppone) alla tensione E(t) tendendo diminuire la corrente circolante I(t): E(t) + Eind(t) = RI(t), dove RI(t) è la caduta di tensione prevista dalla legge Ohm ai capi della resistenza ohmica R delle N spire. Di solito, per esempio in un trasformatore, la resistenza ohmica delle spire dell'avvolgimento primario, alimentato dalla rete a corrente alternata, è piccola, il che consente di trascurare il termine RI(t) rispetto a E(t) ed a Eind(t),cosicchè si può assumere, in prima approssimazione, che la tensione applicata E(t) faccia quasi equilibrio alla f.e.m. autoindotta Eind(t): E(t) circa uguale a Eind(t) = dF(B)/dt.
Poichè nel caso del trasformatore E(t) = Ep sen (2pft) è sinusoidale con frequenza f , è sinusoidale anche il flusso magnetico F(B) = NSB sen (2pft), e la tensione di rete E(t) tende ad equilibrare la f.e.m. autoindotta Eind(t) = - dF(B)/dt = -NSB cos (2pft). In definitiva, il valore di picco Ep della tensione di rete è quasi uguale al prodotto NSB2pf. Pertanto, a parità di frequenza, l'induzione magnetica nel solenoide percorso da corrente alternata è inversamente proporzionale al prodotto del numero N delle spire per la sezione S delle stesse.
Nel caso del solenoide percorso da una corrente continua (f = 0) fatta circolare da una tensione continua V, il funzionamento è completamente diverso. Infatti, essendo costante il flusso magnetico, non si ha f.e.m. autoindotta e l'intensità di corrente I è limitata soltanto dalla resistenza ohmica R = rl/S , in base alla seconda legge di Ohm.
Pertanto I = V/R. Questo valore di I è legato al flusso dell' induzione magnetica B dalla legge di Hopkinson per i circuiti magnetici, che è una conseguenza della legge di circuitazione di Ampere HL = NI, dove L è la lunghezza del circuito magnetico del solenoide, per esempio toroidale, cioè un anello di materiale ferromagnetici lungo L - Lt, dove Lt è la lunghezza del cosiddetto traferro, cioè la piccola distanza,in aria, tra i poli dell'elettromagnete. La legge di Hopkinson è la seguente: NI (forza magnetomotrice in amperspire) = RF(B) , dove R = [(1 /mo m r)] L/S è la “resistenza magnetica” del circuito, che prende il nome di riluttanza e F(B) è il flusso magnetico, analogo all'intensità di corrente nella legge di Ohm.
. In altri termini, stabilito il valore di B che si vuole ottenere, basta calcolare la forza magnetomotrice NI in base alle caratteristiche del circuito magnetico (sezione S ,lunghezza L e permeabilità magnetica mr) e poi calcolare in base alla legge di Ohm la resistenza R dell'avvolgimento alimentato alla tensione V. Se, per es. NI = 10000 amperspire e si sceglie di avvolgere N = 1000 spire percorse da una corrente di 10 A ed alimentate a 48 V, si ha: R = V/I = 48/10 = 4,8 ohm (resistenza complessiva delle 1000 spire). Infine, in relazione alla temperatura di funzionamento del solenoide,che è legata alle caratteristiche del sistema di raffreddamento (ad acqua circolante in conduttori tubolari), si calcola la lunghezza l del conduttore: l = N pd, dove d è il diametro delle spire (dipendente da S) e quindi la sezione s dello stesso.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE: Egregio Prof.,
Se consideriamo un' onda quadra con livelli +/- Vin, applicata ad un circuito quasi-derivatore RC, Le chiedo: E' pari a 2Vin l'ampiezza degli spikes presenti all'uscita del circuito quando l'onda quadra commuta tra - Vin e + Vin e la costante di tempo RC è molto minore del periodo dell'onda quadra ?
Un sentito grazie e tanti cordiali saluti. Alessandro

Gent.mo Ing. Alessandro,
La risposta al quesito è affermativa. Infatti il transitorio di carica Vc(t) di un condensatore in risposta all'onda quadra si può descrivere agevolmente, senza ricorrere alla trasformata di Laplace, applicando il principio di sovrapposizione degli effetti e considerando come eccitazioni la tensione iniziale -Vin ai capi del condensatore carico e la tensione finale di carica +Vin:
Vc(t) = - Vin exp(-t/(RC)) + Vin [1 - exp(-t/(RC)) ] .
Considerando la corrente di carica
I(t) = dQ/dt = C dVc(t)/dt = CVin exp(-t/(RC))/RC + CVin exp(-t/(RC))/RC = 2(Vin/R) exp(-t/(RC)), si ottiene:
Vu(t) = R I(t) = 2R(Vin/R) exp(-t/(RC)) = 2Vin exp(-t/(RC)), il cui limite per t tendente a 0 (istante corrispondente al fronte di salita dell'onda quadra) è 2Vin. Considerazioni analoghe valgono durante il transitorio successivo al fronte di discesa dell'onda quadra, da +Vin a - Vin. Infatti C, carico inizialmente alla tensione +Vin al termine del primo semiperiodo dell'onda quadra, tende prima a scaricarsi fino a
Vc = 0, per caricarsi subito dopo (con polarità contrarie) verso il livello basso dell'onda quadra -Vin:
Vc(t) = Vin exp(-t/(RC)) - Vin [1 - exp(-t/(RC)) ].
Considerando la corrente di carica
I(t) = dQ/dt = C dVc(t)/dt = -CVin exp(-t/(RC))/RC - CVin exp(-t/(RC))/RC =
- 2(Vin/R) exp(-t/(RC)), si ottiene:
Vu(t) = R I(t) = 2R(Vin/R) exp(-t/(RC)) = - 2Vin exp(-t/(RC)), il cui limite per t tendente a 0 (istante corrispondente al fronte di discesa dell'onda quadra) è -2Vin. Pertanto i valori di picco degli spikes sono pari a +/- 2Vin.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio professore,
ancora un chiarimento sui condensatori e i trasformatori.
1) Visto che le due armature di un condensatore sono comunque direttamente o indirettamente  collegate, non può succedere che mentre carica, si scarica ?
O meglio, visto che si scarica attraverso le stesse piste da cui si carica , il "bilanciamento" come avviene? Cioè quando il caricamento è giunto al massimo valore possibile, inizia la scarica? In altre parole come funziona un condensatore l'ho capito, ma ancora non ho compreso , come nei circuiti , visto che essi son saldati alle piste e non c'è una "persona"  che prima lo carica e poi mettendo in qualche modo le armature in contatto lo scarica, come avviene appunto questa scarica.
2) Non riesco a capire, nei trasformatori , perchè mai il numero delle spire
nell' avvolgimento secondario, riesce a modificare il voltaggio : il "dislivello" appunto, della differenza di potenziale, non dovrebbe rimanere comunque lo stesso, indipendentemente da quanti "girotondi" ha il secondo filo ?
Grazie. Francesco. Frattamaggiore NA


1) Esempio: La figura mostra il circuito di un raddrizzatore a semionda, utilizzato per convertire la corrente alternata di rete in corrente continua. Tenendo presente che il diodo è un componente con conducibilità unidirezionale, che lascia passare la corrente soltanto quando la tensione applicata all'anodo (triangoletto) è maggiore di quella applicata al catodo (lineetta), si deduce che passano soltanto le semionde positive della corrente alternata di rete. Poichè per= è presente il condensatore elettrolitico di livellamento collegato in parallelo all'utilizzatore (carico Rc), si deduce che, non appena il condensatore si sia caricato alla tensione positiva di picco Vp fornita dal secondario del trasformatore di alimentazione, in attesa che si presenti la successiva semionda positiva (le semionde negative vengono eliminate dal diodo), il diodo, al cui anodo è applicata, per mezza semionda, una tensione minore della tensione Vp applicata al catodo (tensione ai capi del condensatore) non conduce. Di conseguenza il condensatore, che si comporta come un serbatoio di energia elettrostatica [Energia accumulata W = (1/2)CVp 2], viene isolato dal trasformatore , tramite il diodo bloccato, ed è costretto a scaricarsi erogando corrente al carico Rc. La scarica prosegue con legge esponenziale fino a quando la successiva semionda positiva non applichi all'anodo del diodo una tensione maggiore di quella residua ai capi del condensatore che intanto si è parzialmente scaricato su Rc. Il diodo riprende a condurre ed il condensatore ricomincia a caricarsi,come in precedenza, al valore di picco Vp, per scaricarsi di nuovo successivamente sul carico Rc durante la fase di non conduzione del diodo.
2) I trasformatori funzionano in base alla legge dell'induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz che stabilisce che la forza elettromotrice indotta in un circuito dalle variazioni temporali del flusso magnetico di induzione B concatenato al circuito è tanto maggiore quanto più intense sono le variazioni di flusso e, a parità di variazioni, quanto più rapidamente esse si verificano. Nel caso di un trasformatore collegato alla rete a corrente alternata, si hanno nell'avvolgimento primario con Np spire di sezione S (collegato alla linea) variazioni di flusso proporzionali non soltanto all'induzione B (che è tanto maggiore quanto maggiore è la permeabilità magnetica del materiale ferromagnetico del nucleo su cui vengono avvolte le Np spire) associata al campo magnetico alternato H generato dalla corrente alternata assorbita dall'avvolgimento primario, ma al numero Np delle spire.
Pertanto si dimostra che, se la frequenza della corrente alternata è f (in Europa 50 Hz , negli USA 60 Hz) , la tensione di rete Vp (tensione primaria) equilibra la f.e.m. autoindotta dal campo magnetico generato dalle Np spire primarie sulle stesse Np spire, le cui tensioni si sommano come quelle di tantissime pile elementari collegate in serie. La formula di calcolo dei trasformatori, derivata direttamente dalla legge di Faraday-Neumann, è la seguente: Vp = k NpSBf, dove k è un coefficiente di proporzionalità che risulta pari a 6, 28/sqrt(2) =4,44.
Di conseguenza, grazie al fatto che la maggior parte delle linee di forza magnetiche sono concatenate alle Ns spire del secondario (collegato all'utilizzatore), si calcola con una proporzione, per un trasformatore ideale, la f.e.m. indotta secondaria Vs: Vp/Np = Vs/Ns = kSBf. Infatti anche Vs è dovuta alle f.e.m. elementari delle Ns spire collegate in serie. Il fatto che il flusso magnetico concatenato ad un avvolgimento sia proporzionale al numero dei "girotondi" delle N spire attorno alle linee di forza magnetiche, richiama alla mente, per analogia, la fondamentale legge di Ampere-Maxwell
NI = HL (legge di concatenazione o di circuitazione) che sta alla base di tutti i calcoli di campi magnetici (L è la lunghezza delle linee di forza magnetiche,che sono sempre chiuse ed attorno alle quali "girano" le N spire di un avvolgimento).

DOMANDE:Stimatissimo professore Cucinotta,
La ringrazio per il suo prezioso ed importante insegnamento; pertanto Le rivolgo le seguenti domande:
-Quali sono le durate delle extracorrenti di chiusura e di apertura di un circuito elettrico composto da un generatore di tensione continua, da un interruttore e da un solenoide ?
-Considerando che in questo fenomeno si generano f.e.m. di autoinduzione che possono anche superare quella di alimentazione in proporzione al flusso d'induzione concatenato al circuito e quindi al numero delle spire, Mi chiedo: il flusso magnetico è quello prodotto dall'autoinduzione?
- E, l'intensità di corrente aumenta pure essa in ragione della f.e.m.?
Se così fosse, l'isolante dell'avvolgimento in queste fasi correrebbe seri pericoli di cedimento? Come al solito attendo le Sue esatte spiegazioni.
Cordiali saluti,
Giuseppe


Gent.mo Giuseppe,
Premessa: Un solenoide toroidale (ad anello) oppure un solenoide rettilineo avente una lunghezza L molto maggiore del diametro delle sue N spire, percorse da una corrente di intensità I, generano un campo magnetico uniforme H = NI/L che si calcola applicando la legge di circuitazione (o di concatenazione) di Ampere: HL = NI.
Se il solenoide non contiene un nucleo di materiale ferromagnetico (“solenoide in aria”) l'induzione magnetica B è dovuta soltanto al campo magnetico generato dalla corrente e nel sistema M.K.S.A (Sistema Internazionale) vale B (espresso in tesla, T) = m oH, dove mo = 4 px 10 -7 è la permeabilità magnetica del vuoto.
Se invece il solenoide contiene un nucleo di materiale ferromagnetico avente permeabilità magnetica relativa mr, l'induzione magnetica B è molto più intensa [da alcune centinaia ad alcune migliaia di volte per il ferro ed i materiali ferritici, fino a valori prossimi a 100000 nel caso di leghe ferromagnetiche come il permalloy (ferro-nichel)] , grazie alla magnetizzazione del nucleo per effetto dell' allineamento della maggior parte degli spin elettronici nella direzione e nel verso del campo magnetico H prodotto dalla corrente I.
Un solenoide formato da N spire di sezione S, con resistenza ohmica totale R, a partire dall'istante in cui è collegato, attraverso un interruttore, ai poli di un generatore di f.e.m. continua E,è soggetto ad un progressivo aumento dell'intensità di corrente I(t), con legge esponenziale
I(t) = (E/R)[1 - exp (-t/(L/R))] , fino a raggiungere, in pratica dopo un tempo pari a 5 volte la costante di tempo L/R (L è il coefficiente di autoinduzione, espresso in henry, H) il valore a regime I = E/R, in base alla legge di Ohm.
Il fatto che l'intensità di corrente I(t) sia nulla per t=0 (quando viene chiuso l'interruttore) dipende dalla brusca variazione del flusso magnetico che, inizialmente nullo a circuito aperto, assume valori crescenti con legge esponenziale al crescere della corrente I(t). Infatti, per la legge di induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz, si genera nel circuito una f.e.m. autoindotta Eaut = - dF o(B)/dt = L dI(t)/dt, dove Fo(B) = NSB = LI è il flusso magnetico concatenato alle N spire e proporzionale a I. Questa f.e.m. autoindotta, massima per t=0, si oppone, per la legge di Lenz, alla f.e.m. continua del generatore, decrescendo con legge esponenziale Eaut = - LdI(t)/dt = - Ld [(E/R)[1 - exp (-t/(L/R))]]/dt = L(E/R)(R/L) exp(-t/(L/R)) = E exp (-t/(L/R)), fino ad annullarsi per t pari a 5 L/R. Infatti, poichè per t = 5L/R l'esponenziale
exp (-5) = 0,00673 si può ritenere, in pratica, trascurabile, è lecito considerare esaurito il fenomeno transitorio (extracorrente di chiusura) dopo un tempo pari a 5L/R. Esempio: Se L = 100 mH e R = 1 W , 5L/R = 5 x 0,1/1 = 0,5 secondi.
Di conseguenza, per effetto della f.e.m. autoindotta decrescente,l'intensità di corrente I(t), nulla per t = 0, cresce gradualmente fino a raggiungere il valore a regime E/R. L'equazione differenziale del circuito, durante la fase di chiusura, è pertanto: E + Eaut = RI(t)= E - LdI(t)/dt = RI(t). La soluzione dell'equazione è : I(t) = (E/R)[1 - exp (-t/(L/R))] .
Considerazioni analoghe valgono per la fase di apertura del circuito, supponendo di sostituire rapidamente il generatore con un cortocircuito, dopo che la corrente I(t) abbia raggiunto il valore a regime I =E/R. In questo caso l'equazione del circuito, essendo E = 0, è: Eaut = - LdI(t)/dt = RI(t) e l'unica f.e.m. agente nel circuito è la f.e.m. autoindotta Eaut, che, per la legge di Lenz,si oppone all'eliminazione del generatore E (che faceva circolare la corrente E/R) facendo circolare ancora corrente per un tempo in pratica pari a 5L/R.
La soluzione è I(t) = (E/R) exp (-t/(L/R)), con andamento esponenziale decrescente, il che implica che l'extracorrente di apertura I(t) continui temporaneamente a circolare, nonostante sia stato escluso il generatore, per un tempo pari, in pratica a 5L/R, come nel caso dell'extracorrente di chiusura. Se invece, raggiunta l'intensità di corrente a regime I =E/R, il passaggio della corrente venisse interrotto bruscamente aprendo l'interruttore, il circuito reagirebbe al quasi istantaneo annullamento del flusso magnetico (la costante di tempo L/R, essendo grandissima la resistenza R del circuito aperto, si annullerebbe) generando una f.e.m. di autoinduzione non più di valore massimo uguale alla f.e.m. E del generatore, come nella fase di chiusura, ma tanto maggiore di E quanto maggiore fosse il valore del flusso magnetico Fo(B) a regime (direttamente proporzionale al numero delle spire N, alla loro sezione S ed all'intensità di corrente a regime I = E/R). Esempio: Con i valori B = 1 T , N = 1000 spire, S = 100 cmq = 0,01 mq , considerando il tempo di apertura ta dell'interruttore pari a 10 millesimi di secondo = 0,01 s, si genererebbe una f.e.m. di autoinduzione pari a NSB/ta = 1000 x 0,01 x 1/0,01 = 1000 V ! Pertanto, qualora un avvolgimento debba subire rapidissime variazioni di intensità di corrente e quindi di flusso magnetico, è necessario realizzare l'avvolgimento con filo di rame smaltato con isolamento adeguato, distribuendo le spire in molti strati, interponendo tra uno strato ed il successivo uno strato di materiale isolante ed eventuamente impregnando l'avvolgimento con apposite resine ad alto potere isolante (per prevenire la formazione di scariche ad arco tra spire o strati di spire sottoposti ad elevate differenze di potenziale.
I fenomeni transitori in un circuito RL sono dovuti alla presenza dell'induttanza L (coefficiente di autoinduzione), che indica quanto il circuito sia capace di generare flusso magnetico,per una data intensità di corrente I, ed è espresso dal rapporto tra il flusso Fo(B) e l'intensità di corrente I che lo genera.
L'induttanza è una sorta di inerzia elettromagnetica che si oppone alle variazioni dell'intensità di corrente determinate da un generatore di tensione,proprio come l'inerzia meccanica (massa) m si oppone alla variazione di velocità per unità di tempo (accelerazione) di un corpo sotto l'azione di una forza (a = F/m).
Cordiali saluti

DOMANDE: Illustrissimo prof.,
ho due domande che son sorte leggendo un post in un forum sulla progettazione HI-FI e sulle quali mi arrovello per sviscerarne il significato fisico.
Un iscritto sosteneva che un induttore in parallelo ha poco senso nel trattamento dei segnali.Da cosa deriva questa affermazione???
Poi consideriamo la arci nota capacità parassita spesso nominata nella progettazione degli induttori stessi.
Mi chiedo: fisicamente cosa vuol significare???Cosa accade al mio segnale che FLUISCE da una spira alla successiva per via di questa capacità???.
Mi deve scusare Prof., sembrerà assurdo ma non riesco a capire cosa 'fisicamente' avviene al mio segnale sia esso tensione o corrente.
Mi spiego. Siamo abituati a pensare ad una capacità come qualcosa che ha del dielettrico in mezzo e ci risulta facile spiegarne il meccanismo fisico.
Ma pensare ad una capacità che si forma (e poi per qual motivo arcano) tra un filo avvolto in in modo da formare due spire...risulta difficile ed immaginarne le implicazioni fisiche che ne possono derivare rimane ancora più complesso.
Un immenso grazie per la pazienza accordatami.
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
1)Un induttore viene collegato in parallelo ad un tweeter per ottenere un filtro passa-alto del II ordine (con 2 poli) , inserendo un condensatore in serie al parallelo tweeter-induttore. In tal modo, al crescere della reattanza induttiva XL = wL con la frequenza, aumenta proporzionalmente l'ampiezza del segnale ai capi del parallelo tweeter-induttore con il risultato di incrementare progressivamente, in ragione di 40 dB/decade (12 dB/ottava), la risposta ai toni alti.
2) Per quanto concerne la capacità parassita tra le spire di filo di rame smaltato di un avvolgimento, in aria , come in presenza di un qualsiasi altro dielettrico (olio isolante, resina epossidica, ecc...), è utile considerare le due spire riportate in figura, dove si osserva che durante una semionda del segnale, su una spira, per effetto della d.d.p. istantanea con la spira contigua, si accumula una carica, per esempio positiva, che induce una carica di segno opposto sulla spira contigua, il che implica che nel circuito di cui fanno parte le spire , tra gli estremi di esse ed i poli del generatore di segnale circolino delle correnti variabili di carica e scarica, cioè una corrente sinusoidale capacitiva, sfasata in anticipo di 90Ý rispetto alla tensione sinusoidale applicata alle spira. Pertanto si costituisce, per effetto delle capacità parassite, un circuito LC parallelo che assorbe dal generatore una corrente sinusoidale pari alla somma vettoriale della corrente induttiva e della corrente dovuta alla capacità parassita. L'esistenza della capacità parassita tra spire contigue è ovviamente direttamente proporzionale alla costante dielettrica del mezzo isolante posto tra le spire, ma è presente, sia pure in misura molto minore, anche quando il dielettrico tra le spire è il vuoto. L'intensità della corrente capacitiva aggiuntiva è direttamente proporzionale alla frequenza del segnale, il che significa che le correnti generate dai toni alti passano molto più agevolmente attraverso il condensatore equivalente alle capacità parassite tra spire anzichè attraverso l'induttanza, la cui reattanza cresce proporzionalmente alla frequenza. In altri termini, al crescere della frequenza, il parallelo tra l' induttore e la capacità equivalente alle capacità parassite tende a comportarsi come un cortocircuito, poichè la reattanza risultante tende a diventare sempre più piccola.
Tanti cordiali saluti.

Illustrissimo professore la ringrazio immensamente per la 'luce' che ha fornito ai miei dubbi. Il problema che mi ha assillato sempre nello studio risiede nel concetto di segnale.Vale a dire quando si parla di segnale elettrico, i fisici intendono la corrente o la tensione??? Per esempio nei diffusori e negli ampli parliamo di corrente, se invece siamo nel campo dei filtri intendiamo il segnale come tensione...sbaglio nelle mie digressioni o sono nel giusto??? Un saluto cordialissimo
Alessandro

Gent.mo Ing. Alessandro,
Quando si parla di segnali elettrici,ci si riferisce, indifferentemente, a tensioni V(t) o correnti I(t) variabili nel tempo o, in particolare, costanti (tensioni o correnti continue).
Esempi: Un amplificatore, schematizzabile in base al teorema di Thevenin come generatore reale di tensione con impedenza interna Za, fornisce ai diffusori un segnale (eccitazione in tensione) Vu che in base all'impedenza Zc degli stessi, determina un segnale (risposta in corrente)
Iu = Vu/(Za + Zc) nel circuito amplificatore-diffusori. Se invece si utilizzasse uno speciale amplificatore in grado di fornire una corrente Iu proporzionale al segnale audio, e pertanto schematizzabile,dualmente, in base al teorema di Norton, come un generatore reale di corrente con impedenza interna Za molto maggiore di quella dei diffusori (per esempio Za = 10000 ohm e Zc = 8 ohm), ai diffusori verrebbe applicata un'eccitazione Iu (segnale) in corrente, che determinerebbe ai capi degli stessi una risposta (segnale) in tensione Vu = ZcIu. E così anche nel caso di un filtro crossover interposto tra i diffusori e l'amplificatore.
Il segnale (eccitazione) in tensione Vu applicato all'impedenza d'ingresso Zinput del filtro, determina in Zinput il passaggio di un segnale in corrente (risposta) Iinput = Vu/(Za + Zinput). Parimenti, se il filtro ha un'impedenza d'uscita Zoutput, la tensione Vu' (segnale in tensione) all'uscita dello stesso, collegato in parallelo ai diffusori, determina in essi il passaggio di un segnale in corrente (risposta) Iu = Vu'/Zc.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE: Illustrissimo professore,
stiamo analizzando un trasformatorino di step-up,che ci si è danneggiato.
Come al solito i dubbi non potevano mancare!!!
Si presenta come un cilindretto dal quale escono 4 fili.Facendo le misure di resistenza ne è risultata la seguente struttura a---b-----d,con Rab= 6 ohm,Rbd = 941 ohm,Rad =947 ohm.Il rapporto spire è 1/10. Il quarto filo che esce è isolato da tutti e portato ESTERNAMENTE al potenziale del terminale b.
Ho dedotto che il mio dispositivo è un autotrasformatore...ma il 4 terminale uscente è uno schermo elettrostatico???
Se si quale potrebbe essere la sua funzione??? Che vantaggi/svantaggi potrebbe dare tecnicamente parlando un AUTOTRASFORMATORE rispetto ad un TRASFORMATORE?? Che differenza esiste tra uno schermo ELETTROSTATICO ed uno schermo ELETTRICO??
La ringrazio sentitamente per la sua immensa disponibilità. Alessandro.


Gent. mo Ing. Alessandro,
La Sua deduzione è esatta. Si tratta di un autotrasformatore, cioè di un particolare trasformatore senza isolamento tra primario e secondario, in quanto, se consideriamo che a-b sia l'avvolgimento primario (cui è applicata la tensione Vab) ed a-d quello secondario, che fornisce la tensione Vad, maggiore di Vab, le spire che fanno capo ai terminali a e b non soltanto costituiscono l'avvolgimento primario, realizzato con un conduttore di sezione maggiore e bassa resistenza,ma sono comuni all'avvolgimento secondario, che impiega nella sezione b-d un conduttore di sezione minore ed alta resistenza e nella sezione a-b lo stesso conduttore dell'avvolgimento primario. In tal modo, pur con lo svantaggio della mancanza di isolamento tra primario e secondario, inconveniente che non si riscontra in un trasformatore convenzionale, c'è il vantaggio di un risparmio di rame, tanto più marcato quanto meno i valori delle tensioni primaria e secondaria siano diversi tra loro (la convenienza dell'uso dell'autotrasformatore sussiste fin quando il rapporto Vab/Vad non risulti minore di 1/4, per esempio come quando, prima della standardizzazione a 220 V della tensione di rete (nei primi anni '60), per alimentare con la tensione di rete a 120 V o a 160 V gli elettrodomestici funzionanti a 220 V si impiegava un autotrasformatore) . Infatti, poichè la parte comune ai due avvolgimenti è percorsa da un corrente di intensità pari alla differenza delle correnti primaria e secondaria, si può impiegare per essa un conduttore di sezione minore, conseguendo un risparmio di rame tanto maggiore quanto minore sia la differenza tra le due correnti.
Il quarto terminale fa capo allo schermo elettrostatico, costituito da una sottile lamina metallica con ottima conduttanza specifica, avvolta a spira aperta e collegata a massa e quindi alla linea di messa a terra, per realizzare uno schermo elettrico tra i due avvolgimenti, al fine di impedire, in caso di guasto dovuto ad una sovratensione primaria (per esempio per effetto di scariche atmosferiche negli autotrasformatori in discesa, riduttori di tensione) , che il secondario assuma tensioni pericolose per le apparecchiature alimentate e per gli utenti. Qualora invece non si tratti di autotrasformatori funzionanti con tensioni elevate, lo schermo serve a fugare a massa eventuali segnali di disturbo indotti dall'accoppiamento capacitivo tra i due avvolgimenti. Con lo schermo i due avvolgimenti, pur connessi metallicamente tra loro, non si influenzano capacitivamente.
Schermo elettrostatico e schermo elettrico sono equivalenti. In particolare, il termine elettrostatico richiama alla mente il principio della Gabbia di Faraday e l'annullamento del campo elettrico all'interno dello schermo grazie alla distribuzione superficiale delle cariche elettriche in presenza di campi elettrici indipendenti dal tempo. Il termine schermo elettrico richiama alla mente il fatto che, anche in presenza di campi elettrici variabili, come quelli associati alle onde elettromagnetiche, un buon conduttore non può sostenere un campo elettrico parallelo alla sua superficie; la direzione del campo elettrico è tanto più prossima alla perpendicolare alla superficie conduttrice quanto maggiore sia la conduttanza specifica dello schermo. Ed annullandosi anche in questo caso il campo elettrico all'interno del conduttore, schermo elettrico e schermo elettrostatico sono equivalenti.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Illustrissimo professore,
mi ritrovo ancora a disturbarla con le mie domande.Mi perdoni, ma con la sua chiarezza riesce a dipanarmi ogni dubbio che nasce dalla sete di conoscenza e che porta a sviscerare il concetto fisico che si annida in ogni relazione matematica che formalizza il fenomeno osservato.
Ho deciso di realizzarmi il trasformatore di step-up danneggiato mettendo in pratica le conoscenze acquisite.
Spinto dalla mania di sperimentare e di raggiungere il risultato migliore ho optato per uno di tipologia classica ed un autotrasformatore.Le chiedevo alcune informazioni riguardanti lo schermo ELETTROSTATICO.
Ho scoperto che in questa tipologia di 'adattatori' di segnale di ridotte dimensioni ed i cui valori di I/O sono assai piccoli, vengono spesso usati gli schermi di cui si parla.
Consideriamo un trasformatore con primario e secondario isolati e costruito per sezioni.
Se schematizzo il mio avvolgimento come: ultimo strato del primario,carta isolante,foglio di rame, carta isolante ultimo strato del secondario,ridurr= le capacità parassite in gioco o peggiorer= le prestazioni?cosa accadrebbe fisicamente all'eventuale capacità che si forma nel mezzo???A che potenziale dovrei ancorare il foglio di rame???(ovviamente questo discorso viene fatto perchè le dimensioni sono ridotte assai rispetto ai trasformatori classici di uscita,ed i segnali sono dell'ordine dei milliVolt).
La fascia antiflusso (usata in questo tipo di trasformatori) a cosa serve???
potrei inserirla dopo l'ultimo strato di spire sopra il necessario strato esterno di isolante??? Avrebbe senso???
Sarebbe efficace nel migliorare le prestazioni del dispositivo???
Un sentitissimo grazie
Alessandro
Ho errato nello schematizzare l'avvolgimento sperimentale che le ho descritto nella email precedente.Lo ripeto:
ultimo avvolgimendo dello strato primario, strato di mylar,foglio di rame,strato di mylar,primo strato del secondario.
Arrivati all'ultimo strato del secondario, aggiungo un foglio di mylar e una fascia antiflusso. Questa era la realizzazione del trasformatore di step-up che avevo in mente sulla base dei valori che ci saranno in gioco.
La ringrazio ancora e mi scuso per l'inesattezza con la quale avevo descritto la struttura,
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
Con piacere rispondo ai quesiti da Lei proposti.
La capacità parassita tra due strati contigui di spire di raggi R1 ed R2 (R2>R1) può essere calcolata, in prima approssimazione (cioè ragionando come se la sezione del conduttore fosse quadrata e non circolare), con la formula del condensatore cilindrico: Cp = 2peo erL/[ln(R2/R1)], dove er è la costante dielettrica dello smalto isolante che riveste il conduttore dell'avvolgimento ed L la larghezza dello strato. Assumendo, per esempio, i seguenti dati si ha:
-diametro del filo di rame smaltato: 0,1 mm;
-spessore dello strato di smalto: 0,02 mm;
-R1 = 10 mm, R2 = 10 + 2 x 0,02 mm = 10,04 mm; - costante dielettrica relativa dello smalto:3; L = 1 cm = 0,01 m; C = 6,28 x 8,855 x 10-12 x 3 x 0,01/ ln (10,04/10) = 1,6682 x10-12/3,992 10-3 = 422,895 10 -12 F = 422,895 pF. Supponendo di isolare uno strato da quello successivo con un foglio di mylar dello spessore di 0,2 mm e con costante dielettrica pari a 3, il raggio R2 aumenta da 10,04 mm a 10,24 mm e Cp diminuisce da 422,895 pF a Cp' = 1,6682 x10-12/ ln(10,24/10)= 1,6682 x10-12/23,716 10-3 = 69,99 x10-12F = 69,99 pF, con una diminuzione di un fattore 6,04.
Se poi si considera che le capacità tra strati contigui sono collegate in serie, la capacità parassita totale è inversamente proporzionale al numero degli strati. Per esempio, se l'avvolgimento fosse distribuito in 5 strati, la capacità calcolata in precedenza si ridurrebbe da 69,99 pF a 69,99/(5 -1) pF = 17,497 pF.
Per quanto riguarda lo schermo elettrostatico tra primario e secondario, se esso è collegato a massa, impedisce ai due avvolgimenti di influenzarsi elettrostaticamente.
E' corretto realizzare il trasformatore come descritto nel quesito, applicando sull'ultimo strato un foglio di mylar e la fascia antiflusso, che è costituita da un foglietto di mumetal (lega formata dal 75% di nichel, dal 15% di ferro, più rame e molibdeno) , dello spessore di 0,2 mm, o di skudoteck (vedi link http://w3.uniroma1.it/emclab/testi/11.pdf) e svolge la funzione di schermo magnetico ad altissima permeabilità. Il foglietto di mumetal, da avvolgere a spira aperta per non costituire una spira in cortocircuito, concentra al suo interno, grazia all'altissima permeabilità, la quasi totalità delle linee di forza dei campi magnetici alternati dispersi a frequenza industriale (50 Hz) ed a frequenza audio, impedendo ad essi di generare ronzio (hum) ed effetti di reazione indesiderati alle audiofrequenze, causati da accoppiamenti elettromagnetici con le piste ramate ed i fili degli stadi preamplificatori, nei quali il rapporto segnale/disturbo è molto basso. Lo schermo magnetico è particolarmente efficace quando le frequenze dei campi magnetici sono medio-basse (da alcune decine di Hz fino a qualche decina di KHz, come nel caso dei segnali audio), tali cioè che la componente radiativa (associata al termine maxwelliano della legge di circuitazione di Ampere-Maxwell) sia piccola o addirittura trascurabile e quindi non in grado di determinare la propagazione dei campi a distanza. In questi casi prevalgono per= gli effetti locali dei campi lentamente variabili, cioè le f.e.m. indotte sui conduttori vicini ai quali si concatenano le linee di forza associate ai flussi magnetici dispersi.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Gentile prof., potrebbe spiegarmi perchè retroazionando un sistema a ciclo aperto la banda passante aumenta? Inoltre, perchè un sistema a banda larga è più veloce?
Grazie, Alessio


Gentile Alessio,
Il diagramma di Bode mette a confronto l'andamento dei moduli del guadagno in assenza di reazione negativa (Avo) ed in presenza di controreazione (Avoc). Si vede che l'aumento di larghezza di banda (Bc) da circa 1 MHz a circa 30 MHz è direttamente proporzionale al fattore di reazione (1 + Avob), mentre il guadagno Avoc è inversamente proporzionale al predetto fattore. Pertanto l'aumento di larghezza di banda (a - 3 dB) va a scapito del guadagno: si può ottenere una larghezza di banda maggiore purchè si rinunci ad un elevato guadagno. In altri termini il prodotto Avoc Bc = [Avo/ (1 + Avob)] x Bo (larghezza di banda senza reazione negativa)/(1 + Avob) = AvoBo si mantiene costante. Dal punto di vista fisico l'aumento della larghezza di banda con la reazione negativa si giustifica considerando che l'applicazione all'ingresso dell'amplificatore di un segnale pari alla differenza (segnale di errore) tra il segnale d'ingresso ed una frazione del segnale d'uscita, fa in modo che il decremento del guadagno in corrispondenza delle frequenze di taglio a - 3dB dell'amplificatore reazionato determini un decremento del segnale d'uscita Vu e di conseguenza, a parità di segnale d'ingresso Vi, un aumento del segnale di errore Vi - Vu, tale da contrastare il decremento del segnale d'uscita e stabilizzarne l'ampiezza ad un valore, sì molto minore di quello che si ottiene in assenza di reazione, ma in compenso in un intervallo di frequenza più ampio.
Il fatto che un sistema a banda larga sia più veloce si spiega con la formula della frequenza di taglio di un filtro passa-basso: ft = 1/(6,28RC).
Infatti, passando dal dominio della frequenza a quello del tempo e considerando la risposta di un circuito RC (filtro passa-basso del I ordine) al gradino, si verifica (applicando la formula del transitorio di carica di un condensatore) che il tempo di salita ts ( tempo necessario perchè il transitorio aumenti dal 10% dell'ampiezza Vg del gradino al 90% della stessa) è legato alla costante di tempo RC dalla formula ts = 2,2 RC = 0,35 /ft.
Da questo si deduce che la durata dei transitori rapidi applicabili all'ingresso di un amplificatore e riproducibili dallo stesso senza distorsione, è tanto più breve quanto maggiore è la frequenza di taglio superiore ft, quindi quanto maggiore è la larghezza di banda B (supponendo,per semplicità, che la risposta in frequenza si estenda dalla continua fino a segnali con frequenza ft = B).

DOMANDE:Buongiorno professore,
Le chiedo dei link sulle macchine ibride.
grazie


Ecco alcuni interessanti riferimenti web sulle auto ibride:
http://www.toyota.it/toyota/gamma/prius/welcome/ http://it.wikipedia.org/wiki/General_Motors_EV1
http://www.enea.it (Tecnologie per l'Energia, Fonti Rinnovabili e Risparmio Energetico)
http://www.ecoage.com/ambiente/automobili-ibride-faq.htm
http://www.repubblica.it/2006/04/motori/aprile2006/svolta-ibride/svolta-ibride.html
http://forum.wininizio.it/index.php?showtopic=24774&mode=linearplus
. Buon lavoro e tanti cordiali saluti

DOMANDA: Egregio Prof.,
Le sono assai grato per le Sue puntuali e dettagliate risposte.Con esse il mondo fisico mi appare  assai diverso dalla scarna rappresentazione che la matematica ne dà,e mi aiuta a comprendere il DIVINO disegno che si annida in ogni fenomeno.Crescono gli anni ed aumenta di pari passo la profondità di pensiero.Alla luce della sua ultima risposta, riferita agli schermi da inserire nel trasformatore,le chiedevo appunto se le mie deduzioni (arrivate con le sue preziosissime spiegazioni) risultino esatte.
Di fatto la capacità parassita che sorge a certe frequenze tra avvolgimento primario ed avvolgimento secondario,presenta per la corrente una bassa impedenza a frequenze molto alte.
Come conseguenza, parte di questa corrente finirebbe per scorrere dal primario al secondario e viceversa, disturbando e distorcendo la risposta,variando cioè la quasi supposta linearità delle variazioni di flusso magnetico indotte. Con lo schermo,si cerca di eliminare questa 'corrente' di disturbo che portata da questi accoppiamenti indesiderati. E' ovvio che lo schermo inserito genererebbe due capacità (una  con il primario ed una con il secondario) ma  se la schermatura viene connessa a massa,la corrente che fluirebbe dall'una all'altra parte alle alte frequenze verrebbe cortocircuitata idealmente al riferimento fissato.
Sarebbe un ragionamento corretto?
La ringrazio immensamente per il contributo che fornisce periodicamente al mio sapere.
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
Le Sue deduzioni sono esatte. In particolare, è corretto il Suo ragionamento riguardante il funzionamento dello schermo elettrostatico.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Illustre professore,
reperire lastre sottili di mumetal dalle quali intagliare le fasce per la schermatura esterna è una vera impresa. L'unica che ho trovato è una ditta francese che ne distribuisce.In italia...il nulla.
Mi scusi,la disturbo ancora con domande sempre inerenti la realizzazione del trasformatore, ma la cosa mi ha per così dire affascinato che ne sto studiando minuziosamente tutti gli aspetti.
L'induttanza dispersa in che modo genera distorsione??? Ho anche letto che per attenuarla si fanno avvolgimenti intercalati alternando strati di primario a strati di secondario.In che modo avviene la riduzione?
Un cordiale saluto e...speriamo di reperire queste lastre...mmmmhhh difficilissimo..
. Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
Le induttanze di dispersione primaria e secondaria,essendo collegate in serie con i rispettivi avvolgimenti, introducono delle reattanze di dispersione X= 6,28 f L direttamente proporzionali alla frequenza, che causano sensibili cadute di tensione induttive e conseguenti perdite di segnale che non possono essere trascurate nei confronti delle componenti armoniche ad alta frequenza dello spettro audio. Questo inconveniente altera pertanto la composizione spettrale dei segnali audio di forma complessa causando distorsioni di ampiezza e di fase variabili con la frequenza.
La suddivisione degli avvolgimenti primario e secondario in tanti strati intercalati primario-secondario-primario presenta il vantaggio di far sì che le linee di forza magnetiche generate dal primario si concatenino strettamente al secondario anche in corrispondenza delle estremità
dell' avvolgimento (in prossimità delle testate del rocchetto), dove presentano una curvatura maggiore che tende a disperdere il campo inducente verso l'esterno. A differenza di quanto si verifica con un unico avvolgimento secondario realizzato sul primario, nell'avvolgimento a strati alternati uno strato secondario avvolto tra due strati primari è concatenato agli archi delle linee di forza con maggiore curvatura dovute sia allo strato primario interno che a quello esterno. Pertanto risulta minima la percentuale delle linee di forza non concatenate al secondario e che si chiudono nell'aria dando luogo al flusso disperso.
Le consiglio i seguenti link:
http://www.jensen-transformers.com/an/Audio%20Transformers%20Chapter.pdf (Audio transformers- Handbook for sound engineers)
http://homepages.tcp.co.uk/~sowter/2proaudio.htm
http://www.stevens-billington.co.uk/page103.htm
http://www.recherche.enac.fr/~puechmor/e_transfo/node5.html
http://www.recherche.enac.fr/~puechmor/e_transfo/node6.html#SECTION00031000000000000000
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Illustrissimo Professore,
esaminando alcuni documenti di svariati 'avvolgitori',ho scoperto che essi utilizzano una tecnica per 'catturare' i cosiddetti 'spifferi' di campo magnetico entranti e/o uscenti dal dispositivo evitando che vadano ad interferire con ciò che accade in prossimità del nucleo.Inseriscono uno strato di rame dopo l'ultimo foglio isolante di mylar,cortocircuitandolo a massa.Tutto ciò,dovrebbe appunto servire a far concatenare queste dispersioni o disturbi, generando con delle correnti che andrebbero ad attenuare l'intensità dei flussi.
Mi chiedo come stimarne l'entità e l'efficacia???
Se questi flussi che disturbano il funzionamento del mio trasformatore,vanno a generare esternamente su una spira delle correnti, di quanto potrei attenuarli???Cosa effettivamente si va a ridurre??? l'energia che trasporta il campo magnetico che viene poi convertita in dissipazione termica dalla corrente indotta nella lastra esterna di rame?
Oltre a ringraziarla per l'apporto che sta dando alla mia conoscenza in meritola saluto cordialmente.
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
L'applicazione di uno strato di rame (non costituente spira in cortocircuito e collegato a massa) dopo l'ultimo foglio di mylar esplica un'azione schermante sul flusso disperso, per effetto della legge di Lenz. Infatti le correnti indotte parassite (correnti a vortice, o eddy currents o di Foucault) generate nello schermo conduttore dal flusso magnetico variabile disperso, circolano sempre in modo tale da generare un campo magnetico le cui linee di forza tendono ad opporsi, neutralizzandole parzialmente, alle linee di forza del campo magnetico variabile inducente. La circolazione delle correnti parassite, che si concatenano alle linee di forza incidenti non parallelamente alla superficie dello schermo come tanti vortici aventi per asse le stesse, è tanto più intensa quanto maggiore è lo spessore dello schermo (per la seconda legge di Ohm), mentre la dissipazione termica della potenza ad esse associata è ovviamente proporzionale alla resistenza specifica del metallo. Per valutare con precisione l'effetto schermante si ricorre a modelli matematici (programmi di simulazione) elaborati in ricerche specifiche sull'argomento, spesso oggetto di brevetto. La regola qualitativa generale è aumentare, anche di poco,lo spessore dello strato schermante e studiare sperimentalmente la graduale riduzione dei disturbi indotti su spire vicine al trasformatore al crescere dello spessore, fino a trovare le condizioni ottimali.
Riferimenti web: http://www.vitatech.net/published_articles.php4
http://vitatech.net/pdf/ENG_GUIDE.pdf (pagina 22)
http://www.hpfem.jku.at/publications/talk_js_trafo.pdf
http://ieeexplore.ieee.org/Xplore/login.jsp?url=/iel1/20/7575/00312585.pdf?arnumber=312585
http://emeraldinsight.com/Insight/viewContentItem.do?contentType=Article&hdAction=lnkhtml&contentId=1455340&history=false
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Illustre professore,
le sue delucidazioni sono al solito chiarimenti assai preziosi.L'unica cosa che non riesco ad afferrare è che molti costruttori di trasformatori (soprattutto quelli di step-up) saldano a stagno il foglio utilizzato come schermo esterno 'raccogli dispersioni', sovrapponendolo ai lembi, creando cioè come uno scalino.Così esaminato non le sembrerebbe una spira chiusa che si va a concatenare appunto con le interferenze magnetiche arrecando altri disturbi???
Professore oltre a ringraziarla mi scuso per il disturbo e la perdita di tempo che le causo con le mie banali domande.
Alessandro


Gent.mo Ing. Alessandro,
Il foglio metallico schermante inserito tra il primario ed il secondario non deve mai costituire una spira in cortocircuito, altrimenti la quasi totalità della potenza erogabile dal secondario verrebbe assorbita dalla spira in corto,come si verifica, per esempio, nel trasformatore di alimentazione di un saldatore rapido, il cui funzionamento si basa proprio su un massiccio foglio di rame avvolto sul primario e cortocircuitato dalla punta saldante. In particolare, nel caso di un trasformatore per trasferimento di segnali audio a basso livello, la chiusura in corto dello schermo mediante saldatura comporterebbe una sensibile diminuzione dell'ampiezza del segnale erogabile dal secondario.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Stimatissimo professore Cucinotta,
è possibile calcolare la potenza di una forza conoscendo la sua intensità e lo spostamento che esso compie senza sapere la massa del corpo in cui viene applicato? Per esempio, in un motore a vapore alternativo,nella sola fase di andata durante la quale il pistone esercita la sua azione mediante la biella e manovella, la potenza, come potrebbe essere calcolata conoscendo la pressione del vapore, il diametro del pistone e la relativa corsa, supposto per entrambi i casi che la forza si mantenga costante?
Le sono sempre riconoscente per il suo valido insegnamento e, La saluto cordialmente.
Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
Conoscendo la pressione p del vapore, il diametro d e la corsa s del pistone,si possono calcolare soltanto l'area A = 6,28 (d/2)2 del pistone, la forza costante F = pA ed il lavoro L compiuto nella fase di espansione:
L = F s = pAs.
Per calcolare la potenza P = L/t sviluppata dalla forza F, bisogna conoscere la durata t della fase di espansione: P = pAs/t.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Stimatissimo professore Cucinotta,
anzitutto La ringrazio per la sua risposta e, sempre per lo stesso argomento, ovvero della potenza,Le chiedo:
- come dovremmo calcolare una potenza di una forza con intensità costante che agisce ora su un corpo di massa 10 Kg ed ora su un altro corpo di massa di 5Kg. Le rispettive potenze assorbite, saranno diverse tra di loro. Ma, quale sarà la potenza massima applicata ad una massa ideale? -Mi pare che il procedimento matematico per conoscere la potenza di una forza applicata ad un corpo sia la seguente:
F=Ma  a=F/m  e, il tempo che intercorre da fermo, fino a quando percorre tutto lo spazio, t= SQRT (2s/a), per cui la potenza sarà N = L/t = Fs/t , oppure essendo la velocità che percorre il corpo con moto naturalmente accelerato sia pari a V= SQRT(2as), N= FV.
-Inoltre, se un motore elettrico non avesse la targhetta su cui leggere le caratteristiche di esso,come si potrebbe calcolare la sua relativa potenza?
La ringrazio per la sua valente collaborazione.
Distinti saluti, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
La formula P = L/t serve a calcolare la potenza media Pm sviluppata da una forza agente in un intervallo di tempo t. Invece, per ottenere la potenza istantanea P(t) (quando la potenza varia istante per istante) bisogna calcolare la derivata del lavoro rispetto al tempo, cioè, considerato un dato istante t., bisogna calcolare il limite del rapporto incrementale DL/Dt al tendere a zero dell'incremento temporale Dt. Ciò equivale a calcolare il valor medio della potenza nell'intervallo di tempo Dt,computato a partire dall'istante t per cui si desidera calcolare la potenza , e poi far tendere a zero l'intervallo Dt: P(t) = lim (per Dt -> 0) del rapporto incrementale [P(t + Dt) - P(t)]/Dt. Pertanto P(t) = dL/dt (derivata del lavoro espressa con la notazione di Leibnitz).
Nel caso proposto si ha: Pm (potenza media nell'intervallo di durata t) = L/t = Fs/t. Essendo il moto uniformemente accelerato (con accelerazione costante a) si ha: s = (1/2) at2 e Pm = Fat/2 = F2t/(2m).
Eseendo L = Fs = Fat2/2 = F2t2/(2m), la potenza istantanea è
P(t) = dL/dt = d[F2t2/(2m)]/dt = F2 2 t /(2m) = F2t/m e cresce in modo direttamente proporzionale al tempo.
In modo equivalente, essendo il moto uniformemente accelerato, valgono le formule:
V = SQRT(2as) , V = at = (F/m)t, t = V(m/F). Pertanto, sostituendo si ottiene:
P(t)= F2t/m = F2V(m/F)/m = FV e si deduce che la potenza istantanea P(t) si ottiene moltiplicando l'intensità F della forza per la velocità istantanea V.
La misura della potenza di un motore elettrico si effettua con il banco di prova dinamometrico (basato su un freno elettromagnetico a correnti parassite),applicando una coppia resistente Cr tale che il motore possa girare ad una velocità sufficientemente minore di quella di rotazione a vuoto (senza carico meccanico) . Si misura il relativo valore N dei giri al minuto e si determina la potenza meccanica resa: P = 6,28 CrN /60 . Ripetendo la misura con coppie resistenti Cr diverse e misurando i relativi valori di N, si tracciano le curve coppia/giri al minuto e potenza/giri al minuto. Si può così determinare la coppia motrice massima del motore, per un dato valore di N.
La corrispondente potenza elettrica assorbita dal motore in condizioni ottimali di impiego (coppia vicina a quella massima) si ottiene mediante uno o 2 wattmetri (inserzione di Aron) a seconda che si tratti, rispettivamente, di un motore monofase o trifase. Se invece si tratta di un motore a corrente continua, basta moltiplicare la tensione applicata al motore per la corrente assorbita.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio professore,
perché anche quando una pila è scarica, se prendo il voltometro leggo sempre lo stesso voltaggio di quando è carica  ?
( Ho fatto più di una verifica, misurando il voltaggio dopo averle levate dagli apparecchi, appunto perché non più cariche ).
Grazie. Francesco -- Frattamaggiore


L'energia associata alle reazioni chimiche che sono alla base del funzionamento di una pila, per esempio una pila a secco (derivata dalla classica pila Leclanchè), si converte in energia elettrica quando i poli della pila vengono collegati ad un carico (utilizzatore). In particolare, agli elettrodi della pila hanno luogo le seguenti reazioni elettrochimiche (scritte in forma ionica):
-Al polo negativo (zinco) si ha: Zn -> Zn++ + 2e- . Lo zinco cede ioni positivi bivalenti alla soluzione elettrolitica di cloruro d'ammonio (NH4Cl), mentre contemporaneamente due elettroni (2e-) si spostano dal polo negativo verso quello positivo generando corrente attraverso il carico.
-Al polo positivo [cilindretto di carbone metallico circondato da una miscela di carbone coke in granuli e biossido di manganese (MnO2)] si ha: 2 NH4+ + 2e- -> 2NH3 + H2. Due ioni positivi di ammonio presenti nella soluzione di cloruro d'ammonio migrano verso il polo positivo neutralizzandosi con 2 elettroni (2e-) provenienti dal carico per effetto della corrente che lo attraversa. In tal modo si formano 2 molecole di ammoniaca ed una molecola di idrogeno, il che implica lo sviluppo di bollicine di idrogeno a contatto con l'elettrodo positivo di carbone. Lo sviluppo dell'idrogeno al passaggio della corrente (a circuito chiuso) altera progressivamente le proprietà elettrochimiche dell'elettrodo positivo, causando la cosiddetta polarizzazione della pila, cioè la formazione di una forza controelettromotrice di polarizzazione Ep che si oppone alla forza elettromotrice E dovuta alla coppia zinco-carbone. Pertanto, trattandosi di due forze elettromotrici in opposizione, che si sottraggono, la corrente erogata dalla pila attraverso il carico tende progressivamente a diminuire. Contemporaneamente la guaina di idrogeno gassoso che riveste l'elettrodo positivo causa un sensibile aumento della resistenza interna Ri della pila, facendo diminuire ulteriormente la corrente erogata. Questi fenomeni di polarizzazione sono in parte reversibili quando la pila eroga corrente ad intermittenza, in quanto, durante i periodi in cui il carico viene disinserito (pila a circuito aperto o a vuoto), l'idrogeno che si sviluppa viene ossidato dal biossido di manganese, che è un energico ossidante, dando luogo alla formazione di molecole d'acqua. Quando però l'energia svolta dalle reazioni chimiche diminuisce notevolmente sia per il consumo dell'elettrodo di zinco (che si scioglie dando luogo a cloruro di zinco ZnCl2) sia per quello del biossido di manganese (depolarizzante), la pila si esaurisce pur generando,a circuito aperto, una forza elettromotrice quasi uguale a quella iniziale (1,5 V). Infatti, essendo grandissima la resistenza del voltmetro (da centinaia di kiloohm a diverse decine di megaohm nel caso dei multimetri digitali) ed essendo di conseguenza piccolissima la corrente assorbita dal voltmetro,la pila funziona praticamente a vuoto,fornendo una forza elettromotrice quasi uguale a quella nominale, come se fosse carica. In realtà, non appena la pila venga collegata ad un carico, la tensione V = E - RiI ai poli si abbassa notevolmente per effetto della polarizzazione,non più neutralizzata dal biossido di manganese esaurito, e del conseguente notevole aumento della resistenza interna Ri e della relativa caduta di tensione RiI, mentre la corrente erogata I assume valori incompatibili con il normale funzionamento del carico.

DOMANDE:Stimatissimo professor Cucinotta,
gentilmente La pregherei di rispondere alle seguenti domande:
-quale potrebbe essere un sistema per alimentare un circuito elettrico a cc. con una tensione di pochi volt, per un tempo di 0,1 - 0,2 secondi?
-Qual è l'intensità della forza esercitata da una molla elicoidale di acciaio, tenuta allungata di y metri e di cui si conosce il coefficiente K, quando viene lasciata libera di potersi nuovamente contrarre ?
Come si potrebbe rappresentare graficamente l'intensità della forza in funzione dello spazio percorso?
Nel ringraziarLa per la sua preziosa e gentile collaborazione, La saluto cordialmente.


Gent.mo Giuseppe,
-Per rispondere al quesito bisognerebbe conoscere i valori della tensione e della corrente di alimentazione richieste ed il tipo di utilizzatore. Comunque, per fornire ad un circuito un'alimentazione con tensione costante ma limitata nel tempo, si richiede l'impiego di un temporizzatore (realizzabile con un multivibratore monostabile a transistor o basato su porte logiche o sul timer integrato 555) che fornisca ad un relè elettromeccanico (o a semiconduttore) un impulso rettangolare di tensione, della durata di 0,1 - 0,2 secondi, con un'intensità di corrente sufficiente a far commutare i contatti del relè.
In alternativa, per esempio per accendere un LED per 0,1-0,2 secondi si potrebbe impiegare un condensatore elettrolitico con capacità di alcune centinaia di mF , da caricare, per esempio con una batteria da 12 V, e da scaricare sul diodo LED collegato in serie con un resistore da 1 kW, ottenendo in questo caso una tensione di alimentazione Vc(t) decrescente nel tempo con legge esponenziale: Vc(t) = Vo exp [-t/(RC)], dove Vo = 12V, C = 220 mF e R = 1 kW. In questo caso, essendo la costante di tempo RC pari a 1000 x 220 x 10-6F = 0,22 secondi, dopo un tempo t = 0,22 secondi il condensatore avrebbe ancora una tensione residua di 12 exp (-1) = 12/e = 12/2,7182 V = 4,414 V, più che sufficiente per accendere il LED con intensità sufficiente.
- Bisogna applicare alla molla la legge fondamentale dell'elasticità (legge di Hook), in base alla quale la forza di richiamo esercitata dalla molla deformata di y metri è F = - K y e la cui intensità decresce lineamente al decrescere di y,a mano a mano che la molla si sposta verso la sua posizione di equilibrio (y=0), dove la forza di richiamo si annulla. Il grafico del modulo di F in funzione dello spazio y percorso è una retta con pendenza positiva pari a K.
Tanti cordiali saluti

DOMANDE:Salve, le volevo fare una domanda sulle teorie riguardanti la natura della luce.
Dato che sto cercando di ricostruire la storia delle teorie sulla natura della luce dalla corpuscolare sino alla quantistica, giunto a dover spiegare l'importanza della teoria elettromagnetica ho incontrato una serie di difficoltà e vorrei avere dei chiarimenti su:
 1)Quali sono i fenomeni che la teoria elettromagnetica della luce di Maxwell riesce a spiegare a differenza dei precedenti modelli corpuscolare e ondulatorio(Huyghens)?
 2) Perchè la teoria è stata rivista e si è giunti al concetto di fotone?
Grazie in anticipo, Simone (AN)


1)Il modello corpuscolare newtoniano considera la luce costituita da tanti corpuscoli materiali emessi dalle sorgenti luminose in tutte le direzioni. La teoria newtoniana è in grado di spiegare i fenomeni di riflessione e rifrazione, compatibili con la propagazione rettilinea di corpuscoli luminosi di colori diversi, corrispondenti ai tanti raggi di luce monocromatici che si ottengono proiettando su un prisma di vetro un raggio di luce bianca, contenente corpuscoli luminosi di tutti i colori. La legge della riflessione (angolo d'incidenza = angolo di riflessione) si spiega invece applicando le le leggi di conservazione dell'energia cinetica e della quantità di moto ai fenomeni d'urto elastico tra i corpuscoli incidenti sulla superficie riflettente e le molecole della stessa, con modalità analoghe a quelle dei fenomeni d'urto elastico tra una palla ed una superficie piana. La legge della rifrazione si spiega con gli urti elastici tra i corpuscoli luminosi e le molecole, nel passaggio di un raggio luminoso da un mezzo trasparente ad un altro, più o meno denso. Sono invece inspiegabili nell'ambito della teoria newtoniana i fenomeni di diffrazione della luce attraverso una o più piccolissime fenditure praticate in uno schermo illuminato ed i fenomeni caratterizzati da frange d'interferenza (zone alternate luminose ed oscure) prodotte dalla sovrapposizione della luce emessa da due sorgenti. Invece, la teoria ondulatoria di Huyghens, basata sulla propagazione di onde longitudinali, analoghe a quelle sonore, in un ipotetico mezzo elastico denominato “etere” , che riempie tutto lo spazio, non solo riesce a spiegare le leggi della riflessione e della rifrazione, considerando ogni punto di un fronte d'onda piano (raggio luminoso) incidente su una superficie riflettente o rifrangente come sorgente di tante onde sferiche elementari il cui inviluppo costituisce il fronte d'onda successivo,ma anche tutti i fenomeni di interferenza e di diffrazione, che si devono esclusivamente al fatto che due o più raggi di luce nei fenomeni di interferenza si comportano come onde e come tali possono interagire dando origine a zone alternate di luce e di buio determinate rispettivamente dai fenomeni di interferenza costruttiva (per somma) e distruttiva (per differenza), in funzione del rapporto tra le differenze di cammino ottico tra due raggi provenienti da sorgenti diverse ed incidenti su una data zona di uno schermo e la lunghezza d'onda della luce, mentre i fenomeni di diffrazione consistono nella deviazione dalla propgazione rettilinea quando un raggio di luce attraversa una piccolissima apertura di dimensioni comparabili con la lunghezza d'onda. I fenomeni di interferenza e di diffrazione furono studiati ampiamente nel diciannovesimo secolo da Young e Fresnel, che basandosi sempre sulla teoria ondulatoria e sul comodissimo principio di Huyghens, opportunamente adattato alle varie situazioni sperimentali, riuscirono a spiegare la totalità dei fenomeni ottici conosciuti. La teoria elettromagnetica della luce, dovuta a Maxwell (seconda metà del diciannovesimo secolo), considera la luce un fenomeno ondulatorio dovuto alla propagazione, con velocità c = 300000 km/s (nel vuoto) di onde elettromagnetiche, non più longitudinali ma trasversali,come quelle che si propagano in una corda, nell'ipotetico etere di Huyghens, giungendo nel contempo a prevedere l'esistenza di onde elettromagnetiche non luminose, soggette alle stesse leggi ed agli stessi fenomeni di riflessione, rifrazione, interferenza, diffrazione e polarizzazione (onde con i campi elettrico e magnetico oscillanti in due piani tra loro perpendicolari) tipici delle onde luminose. La conferma sperimentale dell'esistenza delle onde elettromagnetiche previste da Maxwell fu fornita da Hertz, il quale provò sperimentalmente l'esistenza di onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda molto maggiore di quella delle onde luminose e suscettibili di subire gli stessi fenomeni osservati per le onde elettromagnetiche che costituiscono la luce. Si deve infine ad Einstein, nell'ambito della teoria della relatività ristretta (o speciale) l'eliminazione dell'etere di Huyghens-Maxwell, con la definitiva enunciazione della propagazione delle onde elettromagnetiche (luminose e non) nello spazio vuoto della fisica, senza che sia richiesto alcun ipotetico mezzo che spieghi la propagazione delle onde elettromagnetiche trasversali. E' il campo elettromagnetico che di per sè è una realtà fisica e come tale si propaga nel vuoto con velocità c trasportando energia e quantità di moto di natura elettromagnetica.
2) Per il dualismo ondulatorio-corpuscolare della radiazione elettromagnetica e l'ipotesi dei fotoni di Einstein (1905) consultare la seconda pagina della sezione “L'esplorazione del microcosmo nel XX secolo” .

DOMANDE(da Pierpaolo):Egr. Prof. Antonino Cucinotta,
 Io avrei un quesito da sottoporle, ma direttamente dal sito mi dà un errore e quindi ho pensato di scriverle.
1) Vorrei sapere se teoricamente esiste la possibilità e in che modo, di catturare e utilizzare energia elettrica (es.elettromagnetica, elettrostatica, ecc.) presente nell' atmosfera. Mi sembra di aver letto dell'esistenza di dispositivi di questo genere.
Io penso che potrebbe essere una soluzione interessante ad esempio per quelle zone del pianeta molto povere e isolate (villaggi africani) che non possono avere l'elettricità nemmeno per gli ospedali e che devono utilizzare i soliti generatori a combustibile o con costosi pannelli fotovoltaici.
Con l'occasione ringrazio e faccio i complimenti per il sito.
2) In una delle sue risposte ho letto che il campo magnetico terrestre non può essere generato dal nucleo di ferro-nichel tipo "magnete permanente" in quanto questo nucleo è sottoposto a fortissime pressioni e di conseguenza ad altissime temperature e l'effetto magnetico verrebbe a mancare.
Ora la mia domanda è:
 Se la forza di gravità attira i corpi verso il centro della terra e dipende dalla massa, vuol dire che un corpo libero di muoversi andrebbe verso il centro della terra, ma più scende meno verrebbe attratto perchè ad un certo punto avrebbe molta massa terrestre anche sopra che lo attirerebbe verso l'alto (tanto più che il grosso della massa terrestre è nel mantello) e di conseguenza arriverebbe ad un punto di equilibrio. Come è possibile allora che il nucleo subisca forti pressioni se gli strati mano a mano che si avvicinano verso il centro vengono attratti meno?
 Le faccio i complimenti per la sua disponibilità e per il sito e attendo con ansia la risposta.


Gent.mo Pierpaolo
1) Per quanto riguarda lo sfruttamento dell'energia delle scariche elettriche atmosferiche,bisogna considerare che, trattandosi di fenomeni che si verificano in modo del tutto aleatorio ed imprevedibile in funzione dei parametri meteo e dei relativi modelli matematici, a tutt'oggi tutt'altro che completi ed affidabili, non è pensabile di ottenere energia in modo continuativo e regolare per usi civili. Si potrebbe pensare di installare su vaste aree tanti tralicci , distribuiti uniformemente sul terreno e da utilizzare come parafulmini per catturare l'energia delle scariche elettriche atmosferiche. Ma come immagazzinarla in modo tale da poterla utilizzare in modo continuativo ? Occorrerebbero speciali batterie di condensatori con capacità di decine di migliaia di farad ed in grado di funzionare con tensioni impulsive di parecchi milioni di volt senza distruggersi ! Per esempio, considerando una tensione massima V di 5 milioni di volt (5 MV), per immagazzinare un'energia elettrostatica E = (1/2) CV2 di soli 3 MWh (megawattora), corrispondenti a 3000000 (joule/s) x 3600 s = 10,8 x 109 joule = 10, 8 GJ (gigajoule) , per alimentare per un'ora mille appartamenti con potenza massima di 3 kW, occorrerebbe una batteria di condensatori con capacità C = SQRT(2E/V2) = SQRT(2 x 10,8 x 109 / 25 x 1012) = 864 x 10-6F (farad), non di tipo elettrolitico, ma realizzati con un superdielettrico in grado di resistere a tensioni di parecchi milioni di volt ! Ed inoltre la tensione ai capi della batteria di condensatori , collegata ad un carico totale equivalente ad un resistore R = V2/P = 25 x 1012/3000000 = 8,333 x 10 6 ohm, decrescerebbe nel tempo con legge esponenziale V(t) = 5 x 106 exp [-t/(RC)], riducendosi a 5 x 106 e-1 = 5 x 106/ e = 5 x 106/2,718 = 1,839 x 10 6 V dopo un tempo t = RC = 8,333 x 10 6 ohm x 864 x 10-6F = 7199 secondi = 1,99 ore. Speciali inverter in grado di funzionare regolarmente con tensioni continue decrescenti verrebbero alimentati dalle batterie di condensatori fornendo ll'alimentazione in corrente alternata agli utilizzatori. I problemi da risolvere per passare dalla teoria alla pratica sono, come si può notare, parecchi e tutt'altro che semplici.
2) Bisogna premettere che Newton, dopo avere inventato il calcolo infinitesimale, lo applicò al problema della determinazione della forza gravitazionale esercitata da un guscio di forma sferica di spessore d (molto piccolo) e raggio R e contenente materia distribuita uniformemente, su una piccola massa m posta prima in un punto esterno Pe , a distanza x, maggiore di R, dal centro, quindi in un punto interno Pi a distanxa x', minore di R, dal centro. Trovò che, mentre la forza gravitazionale esercitata sulla massa m esterna al guscio (strato sferico) è uguale a quella esercitata da una massa puntiforme pari alla massa totale M dello strato posta a distanza x da m, la forza gravitazionale esercitata sulla massa m posta all'interno del guscio, a distanza x' minore di R dal centro, è sempre nulla. Questo annullamento, dal punto di vista analitico, dipende proprio dal fatto che la forza gravitazionale decresce con il quadrato della distanza, cosicchè una massa m posta all'interno a distanza x' minore di R è soggetta a tante coppie forze attrattive, con versi opposti, esercitate da coppie di masse elementari appartenenti al guscio e disposte agli estremi del segmento passante per il punto x' in cui è posta la massa m . Se la forza gravitazionale non dipendesse dall'inverso del quadrato della distanza, la risultante di tutte le forze di verso opposto (considerate a coppie) non si annullerebbe. Il bilanciamento esatto dipende proprio dalla tipica legge della forza gravitazionale e si verifica anche in elettrostatica per distribuzioni sferiche di cariche elettriche, che esercitano forze coulombiane,anch'esse dipendenti, come quelle newtoniane, dall'inverso del quadrato della distanza. Il fatto che la forza gravitazionale esercitata da un corpo celeste di forma sferica su una massa m posta al suo interno, decresca con il decrescere della distanza dal centro, si spiega suddividendo il corpo celeste in tanti gusci concentrici, ciascuno dei quali, se la materia è distribuita uniformemente (con densità costante),non esercita alcuna forza su m. Pertanto, considerando la Terra costituita, in prima approssimazione, da tanti gusci sferici concentrici con densità costante e raggio compreso tra 0 ed R (6400 km), si deduce che una massa m posta alla distanza r minore di R, al decrescere di r è soggetta soltanto alle forze gravitazionali dovute agli strati sferici con raggi minori di r, mentre gli strati sferici con raggi maggiori di r non esercitano su m alcuna forza. Di conseguenza, poichè al decrescere di r, decresce la massa M = (4/3)prr3contenuta nella sfera di raggio r, formata da tanti strati sferici con raggi compresi tra 0 ed r, decresce anche la forza gravitazionale, che risulta direttamente proporzionale alla distanza r dal centro, annullandosi al centro della Terra ed assumendo il massimo valore (corrispondente all'accelerazione di gravità g = 9,81 m/s 2), sulla superficie terrestre (r =R). Infatti la forza gravitazionale è data da GMm/r2 = G(4/3)mprr3/r2 = G(4/3)mprr (legge di proporzionalità diretta).
Invece, nei punti esterni alla Terra (r > R = 6400 km) la forza gravitazionale decresce in modo inversamente proporzionale al quadrato di r (legge di gravitazione universale), come se tutta la massa M della Terra fosse concentrata al centro (r = 0).
Per quanto concerne l'aumento della pressione al crescere della profondità (quando r decresce),bisogna considerare l'esempio della pressione idrostatica che aumenta proporzionamente alla profondità,in quanto aumenta la forza-peso, per unità di superficie, determinata dagli strati di liquido compresi tra un punto ad una data profondità e la superficie. Se pertanto si considerano i materiali del mantello e del nucleo terrestre come liquidi con alta densità r, per calcolare la pressione idrostatica P = rgh + po (legge di Stevino) in un punto Q alla profondità h, bisogna tenere conto della risultante di tutte le forze-peso esercitate dalla massa contenuta in un cilindro o in in prisma di altezza h e superficie di base unitaria (1 mq), aventi una delle basi alla profondità h e l'altra in corrispondenza della superficie terrestre.
Per esempio, considerando la densità media terrestre di 5,5 g/cmc = 5500 kg/mc, alla profondità h = 100 km = 100000 m,con g (media) = 9,5 m/s2, si può valutare, in prima approssimazione,un aumento di pressione (rispetto a quella po alla superficie terrestre) pari a P = 5500 x 9,5 x 100000 = 5,225 x 109 newton/mq = 5,225 x 109/1,013 x 105= 51579 atmosfere.
Grazie dei complimenti per il sito e tanti cordiali saluti.

DOMANDE: Gentile professore,
ho due curiosità da soddisfare:
- Le onde su una superficie d’acqua prodotte dal classico sasso, credo che siano onde trasversali. Perché sui testi si legge che le onde trasversali si possono avere solo nei solidi ?
- L’effetto fotoelettrico, leggo che fu osservato da Hertz, studiato da Lenard e interpretato da Einstein. Chi fu l’effettivo scopritore, visto che non sempre trovo lo stesso nome, e soprattutto i primi due si resero conto di cos’era ?
Grazie. Francesco. Frattamaggiore( NA)

- Le onde meccaniche (acustiche se la loro frequenza è compresa tra 20 Hz e 20000 Hz) si propagano nei fluidi esclusivamente come onde longitudinali associate al periodico susseguirsi di zone di compressione e di espansione del mezzo di propagazione, dotato d'inerzia (massa) e di elasticità. Poichè infatti i liquidi ed i gas, a causa della notevole mobilità delle molecole, non possono sostenere sforzi tangenziali (di taglio), cioè applicati parallelamente alla superficie libera di un liquido o parallelamente alla superficie del contenitore (rigido o elastico) di un gas, in essi si possono propagare soltanto onde longitudinali (periodiche compressioni ed espansioni) generate da sforzi di pressione, che agiscono sempre perpendicolarmente alla superficie libera di un liquido o alla superficie del contenitore di un gas. Esempio: Se consideriamo un liquido in quiete in un recipiente, le forze di pressione esercitate sul liquido dalle pareti e dal fondo del recipiente, e quelle di reazione esercitate dal liquido sulle pareti e sul fondo, agiscono sempre perpendicolarmente alle pareti ed al fondo,altrimenti il liquido non potrebbe essere in equilibrio idrostatico, ma sarebbe costretto a muoversi parallelamente alle pareti, il che è assurdo.Nei solidi invece (si considerino per esempio le onde sismiche), grazie al fatto che essi possono essere sottoposti sia a sforzi perpendicolari alla superficie (pressioni), sia sforzi paralleli alla superficie (sforzi di taglio), si possono propagare sia onde longitudinali sia onde trasversali, con velocità di propagazione diverse (più elevate per le onde longitudinali).
Il caso delle onde meccaniche che si propagano su una superficie liquida si può studiare considerando che le forze periodiche che determinano la propagazione ondosa non sono più le forze elastiche intermolecolari che consentono la propagazione delle onde sonore nei solidi, nei liquidi e nei gas, ma le forze-peso dovute all'accelerazione di gravità g che determina la conversione di una cresta d'onda in un ventre d'onda (con aumento di energia cinetica della massa d'acqua) e, viceversa, la conversione di un ventre d'onda in una cresta d'onda (con diminuzione di energia cinetica ed aumento di energia potenziale gravitazionale). Il moto ondoso è generato da una combinazione di spostamenti periodici trasversali (perpendicolari alla superficie liquida) e di spostamenti periodici longitudinali (paralleli alla superficie liquida) che danno luogo a moti circolari, con raggi decrescenti al crescere della profondità, se questa è molto maggiore della lunghezza d'onda (distanza in orizzontale tra due creste o due ventri consecutivi) ed a moti ellittici (con assi maggiori e minori di lunghezza decrescente al crescere della profondità, se questa è minore della lunghezza d'onda. In altri termini, per effetto del moto ondoso, le particelle liquide si spostano periodicamente dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto e longitudinalmente in entrambi in sensi, descrivendo circonferenze o ellissi. Pertanto, a differenza delle onde sonore ed ultrasonore (ultrasuoni) che si propagano sempre longitudinalmente, essendo generate dalle periodiche compressioni ed espansioni del mezzo elastico liquido, le onde meccaniche generate da un sasso o dall'impatto del vento o di un altro corpo contro la superficie liquida consistono sempre in una composizione di moti periodici longitudinali e trasversali delle particelle liquide.
- L'effetto fotoelettrico fu scoperto da Hertz nel 1887 osservando l'intensificazione delle scintille prodotte dal suo risuonatore elettromagnetico quando esso veniva investito dalla radiazione ultravioletta prodotta dalle scintille dell'oscillatore utilizzato per generare le onde elettromagnetiche. Wilhelm Hallwachs , allievo di Hertz, nel 1888 verificò che una lamina di zinco, dopo essere stata caricata negativamente, si scaricava quando veniva investita dalla radiazione luminosa e che in particolare il fenomeno di scarica avveniva molto rapidamente illuminando la lamina con la radiazione ultravioletta prodotta dall'arco voltaico. Nello stesso anno Augusto Righi, presso l'Università di Bologna, indipendentemente da Hallwachs, realizzò la prima “pila fotoelettrica” e denominò effetto fotoelettrico il fenomeno per cui, per effetto della radiazione ultravioletta prodotta dall'arco voltaico, si generava una differenza di potenziale tra una lamina metallica ricoperta di selenio ed una rete metallica disposta parallelamente ad essa, riuscendo a collegare in serie più elementi fotoelettrici dello stesso tipo, le cui lamine , investite dalla radiazione ultravioletta, perdevano cariche negative generando una differenza di potenziale di contatto con la rete metallica antistante. La lamina ricoperta di selenio emetteva cariche negative (elettroni) caricandosi positivamente ed assumendo un potenziale positivo rispetto alla rete metallica ad essa collegata, in modo analogo all'effetto osservato da Volta, che rilevò con uno speciale elettroscopio a foglie di sua invenzione (elettroscopio condensatore) il potenziale positivo assunto da un pezzo di zinco posto in contatto con un pezzo di rame. Lenard nel 1902 , dopo la scoperta dell'elettrone da parte di J.J. Thomson nel 1897, identificò come elettroni le particelle emesse da una superficie metallica illuminata e misurò lo stesso rapporto (e/m) carica/massa fornito da Thomson. Infine studiò quantitativamente l'effetto fotoelettrico ricavandone sperimentalmente le leggi, ma non riuscendo ad inserirle in un contesto teorico atto a spiegarle.
In particolare, scoprì che l'energia cinetica dei fotoelettroni emessi dal fotocatodo di una cella fotoelettrica, mentre è indipendente dall'intensità della radiazione, aumenta (dal rosso all'ultravioletto) al decrescere della lunghezza d'onda della radiazione utilizzata. Scoprì inoltre che l'effetto non ha luogo al di sopra di una lunghezza d'onda massima (lunghezza d'onda di soglia, caratteristica di ciascun metallo) e che l'intensità della corrente fotoelettrica è direttamente proporzionale all'intensità della radiazione e non dipende invece dalla lunghezza d'onda.
Fu Einstein nel 1905 a fornire con l'ipotesi dei fotoni, pacchetti con un contenuto di energia elettromagnetica direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione, la spiegazione chiara e completa delle leggi ricavate dalle esperienze di Lenard.

DOMANDE: Stimatissimo professor Cucinotta,
sempre grato per le sue importatnti risposte, Le rivolgo i seguenti quesiti di elettrotecnica: -In un motore elettrico a c.c. alimentato attraverso le spazzole (elettrodi di carbone metallico striscianti sul collettore a lamelle), le spire facenti parte di ciascuna sezione dell' avvolgimento di armatura (rotore),con i terminali saldati a due lamelle consecutive del collettore temporaneamente cortocircuitate dal passaggio di una spazzola, devono sopportare l'extracorrente come se la sezione di avvolgimento fosse un solenoide con nucleo di materiale ferromagnetico ?
-Tenendo conto del surriscaldamento del conduttore conseguente al passaggio dell'extracorrente, viene maggiorata la sezione del conduttore utilizzato per la realizzazione dell'avvolgimento di armatura ?
-Questi fenomeni di autoinduzione potrebbero determinare un ritardo nella risposta del sistema rotante sottoposto alla coppia motrice generata dalle forze magnetodinamiche [forze generate dall'interazione del campo magnetico generato dall'induttore (statore con magneti permanenti)] con le correnti che percorrono le spire dell'avvolgimento rotorico.?
Distinti saluti. Giuseppe


Gent.mo Giuseppe,
- Una sezione dell'avvolgimento rotorico di un motore a c. c. , cortocircuitata temporaneamente da una spazzola che metta in contatto due lamelle consecutive del collettore, essendo sede di una f.e.m. indotta E = - dF (B)/dt generata (per la legge di Faraday-Neumann-Lenz) dalla variazione (per effetto della rotazione) del flusso d' induzione magnetica F (B) concatenato alle spire della sezione, dà luogo al passaggio di una corrente di cortocircuito che interagisce con il campo magnetico statorico, opponendosi (per la legge di Lenz) alla causa che l'ha generata (la rotazione). Pertanto, al cortocircuito delle spire di una sezione è associata una temporanea diminuzione (variazione impulsiva) della velocità di rotazione per effetto della coppia resistente (coppia frenante impulsiva). Durante il cortocircuito temporaneo l'intensità di corrente nel circuito RL formato dall'induttanza L delle spire coinvolte, collegata in serie con la loro resistenza ohmica R e con la f.e.m. E, segue l'andamento tipico dell'extracorrente di chiusura di un circuito RL, raggiungendo il valore a regime dopo un tempo pari a circa 5 volte la costante di tempo L/R. E poichè, per la presenza del materiale ferromagnetico del rotore, la sezione è assimilabile ad un solenoide dotato di un nucleo di materiale ferromagnetico, l'induttanza L (coefficiente di autoinduzione) è relativamente grande rispetto alla resistenza ohmica R che, se c'è spazio disponibile nelle cave rotoriche, può essere leggermente ridotta maggiorando la sezione del conduttore. Con questo accorgimento, non soltanto si ottiene un minore surriscaldamento dell'avvolgimento (per la minore potenza dissipata per effetto Joule), ma essendo grande la costante di tempo L/R, l'intensità di corrente durante il cortocircuito temporaneo delle spire non ha a disposizione tempo sufficiente per raggiungere il valore a regime E/R. Di conseguenza, se la corrente di cortocircuito si riduce grazie al grande valore di L, diventa trascurabile la diminuzione impulsiva della velocità di rotazione per effetto della trascurabile coppia frenante impulsiva, il che consente anche di ridurre il ritardo nella risposta del sistema rotante sottoposto alla coppia motrice .
Al venir meno del cortocircuito delle spire, dopo lo spostamento della spazzola sulla successiva coppia di lamelle del collettore, si determina una variazione di flusso d'induzione così rapida che si genera per autoinduzione tra le lamelle precedentemente cortocircuitate una differenza di potenziale più che sufficiente a far scoccare una scintilla a causa dell'extracorrente di apertura. Questa è la causa dello scintillio che si osserva nei motori a collettore di tipo universale utilizzati in vari elettrodomestici (frullatori, aspirapolvere, ecc...).
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE: Egregio professore, questa volta vorrei sapere :
qual è la distanza massima tra le sferette di un rocchetto di  Ruhmkorff,  affinché si possa osservare una scintilla?  E perché se la distanza non è minima non si osserva la scintilla? La distanza dipende dalla d.d.p.? Sul libro di fisica di quando andavo a scuola, ho letto che “ è necessario che la distanza tra le due sferette sia tale che la scintilla avvenga con una d.d.p. inferiore a quella fornita dal rocchetto”. Che significa? 
In un trasformatore, non riesco a capire, dato che i fili ,sia  dell’avvolgimento primario che del secondario sono unici e non c’è il positivo e negativo, come si fornisce (e si utilizza) la corrente.  Mica posso fornire corrente ai due estremi di  un filo chiuso, anche se avvolto su un pezzo di ferro? Non va  in corto circuito? E anche in uscita, la corrente prodotta nel secondario, come si “divide” tra i due estremi del filo? ( Infatti ho provato a costruire un trasformatore rudimentale, ma mi sono bloccato, proprio perché non posso collegare a una pila, un filo chiuso!)
Grazie. Francesco. Frattamaggiore( NA)


1) Per quanto concerne la distanza massima tra le sferette si tenga presente che sono stati realizzati speciali rocchetti di Ruhmkorff della lunghezza di alcuni metri e capaci di generare scariche elettriche di lunghezza compresa tra 50 cm e 100 cm, con tensioni massime di alcuni milioni di volt. Considerando che la distanza minima dmin tra le sferette, necessaria per l'innesco della scarica, dipende dal rapporto E/p tra il campo e elettrico E generato dalla d.d.p. V tra le sferette (fornita dal rocchetto) al momento della scarica e la pressione p del gas , che il campo elettrico E ha un'intensità E = kV/d (espressa in volt/metro) (k è una costante di proporzionalità che dipende dal raggio delle sferette) direttamente proporzionale a V ed inversamente proporzionale alla distanza d tra le sferette, e che inoltre, a causa della grande resistenza ohmica R del sottilissimo conduttore dell'avvolgimento secondario (costituito da un numero di spire tanto più elevato quanto maggiore sia la lunghezza della scarica, fino ad un massimo di alcune decine di migliaia),la caduta di tensione RI che si verifica al momento dell'innesco della scarica, per effetto dell'intensità di corrente I , è anch'essa notevole, si comprende come sia necessario compensare in fase di progetto il calo di tensione RI aumentando opportunamente la d.d.p. a vuoto (forza elettromotrice) Vo ,generata dal rocchetto prima dell'innesco della scarica, cioè quando è nulla l'intensità di corrente I, al fine di ottenere tra le sferette, anche dopo l'innesco, una tensione V = Vo - RI più che sufficiente al mantenimento della scarica. Il fatto che il tasso di ionizzazione del gas dipenda dal rapporto E/p (legge di Paschen), si spiega considerando che la percentuale di molecole ionizzate (che determinano l'innesco della scarica) cresce, con una distanza d costante tra le sferette, al crescere del cammino libero medio delle molecole tra due urti consecutivi, quindi in modo inversamente proporzionale alla pressione del gas, e che d'altra parte, con p e d costanti, la suddetta percentuale è direttamente proporzionale alla d.d.p. V = Ed/k e quindi al campo elettrico E . Dal tasso di ionizzazione dipende direttamente la distanza dmin tale che per d maggiore di dmin, per una data pressione p del gas, dati i valori della d.d.p. Vo (a vuoto) e del raggio r delle sferette, la scarica non si innesca. Con Vo ed r costanti, per d minore di dmin, aumentano il campo elettrico E = kVo/d (maggiore di kVo/dmin) ed il rapporto E/p e si verifica l'innesco della scarica. Per l'aria a pressione atmosferica, il minimo valore del campo elettrico necessario per l'innesco della scarica è 30 kV/cm (rigidità dielettrica dell'aria).
Esempio: per ottenere scintille lunghe 10 cm occorre una d.d.p. V di almeno (30 kV/cm x 10 cm) = 300 kV, da maggiorare opportunamente, per esempio fino a Vo = 600 kV, per garantire il mantenimento della scarica nonostante la caduta di tensione determinata dal passaggio della corrente di scarica.
Il rocchetto Ruhmkorff (rocchetto di induzione), primo esempio di macchina elettrica statica ad induzione da cui derivano concettualmente gli odierni trasformatori, funziona in base alla fondamentale legge dell'induzione elettromagnetica (di Faraday-Neumann-Lenz; https://www.peoplephysics.com/leggi-fisica8.html ). Il funzionamento è il seguente:
L'avvolgimento primario, costituito da Np spire (alcune decine) di conduttore isolato di grande sezione (qualche mmq) , avvolte su un nucleo di sezione S, costituito da fili di ferro dolce verniciati, è percorso da un'elevata intensità di corrente impulsiva Ip ottenuta con un interruttore elettromeccanico ad intermittenza che richiama alla mente sia l'elettromeccanismo a vibrazione tipico di un campanello elettrico sia il sistema di accensione della miscela aria-benzina in un motore a scoppio (costituito dalla bobina di accensione e dal ruttore). Le periodiche, rapide variazioni del flusso di induzione magnetica F(B) = NpSIp concatenato alle Np spire del circuito primario, generano per induzione elettromagnetica una piccola f.e.m. (Es = NpSIp/Dt, dove Dt è la durata della fase di apertura dell'interruttore della corrente primaria) in ciascuna spira dell'avvolgimento secondario, costituito da un numero molto elevato (fino a parecchie decine di migliaia) Ns di spire di conduttore sottilissimo isolato (con diametro intorno a 0,1 - 0,2 mm). Le f.e.m. indotte nelle Ns spire si sommano come quelle di tantissime pile collegate in serie generando un'elevatissima d.d.p. di potenziale Vo = NsEs . Se, per es. Np = 100 spire, Ns = 50000 spire, S = 5 cmq = 0,0005 mq, Ip = 1A, Dt = 0,05 s, si ha: Es = NpSIp/D = 100 x 0,0005 x 1 /0,05 = 1 V. Pertanto Vo = NsEs = 50000 x 1 = 50000 V. Da notare che, essendo la durata della fase di chiusura dell'interruttore maggiore di quella della fase di apertura, la tensione secondaria Voc indotta dalla variazione della corrente primaria durante la fase di chiusura è molto minore di quella indotta Voa durante la fase di apertura, che è molto breve essendo determinata dal tempo di ritorno di un contatto a molla nella posizione di equilibrio. Inoltre, poichè la corrente indotta, per la legge di Lenz, tende sempre ad opporsi alla causa che l'ha generata, la corrente secondaria che percorre il circuito secondario che viene chiuso dallo scoccare della scintilla circola in verso tale da generare un campo magnetico che si opponga alla diminuzione del flusso magnetico concatenato al circuito primario causata dall'apertura di questo. Il circuito primario, costituito da poche spire di filo grosso e caratterizzato da una bassa resistenza R (inferiore a 1 ohm), può essere chiuso sulla batteria di f.e.m. Vbb che lo alimenta senza che si verifichi un cortocircuito (con I = Vbb /R), grazie al fatto che, chiuso il circuito per mezzo dell'interruttore,l'aumento dell'intensità di corrente durante la fase di chiusura viene notevolmente limitato al valore Ip, considerato in precedenza e molto minore del valore a regime Vbb /R (legge di Ohm) , dalla f.e.m. di autoinduzione , indotta cioè dal circuito su se stesso, per la legge di Faraday-Neumann-Lenz. Questa f.e.m. di autoinduzione, che si genera per effetto della chiusura del circuito e del conseguente aumento di flusso magnetico a partire dal valore iniziale nullo, è inizialmente così grande (all'inizio della fase di chiusura) da bilanciare esattamente la f.e.m. della batteria Vbb . Successivamente decresce con legge esponenziale tendendo ad annullarsi dopo un tempo pari, in pratica, a circa cinque volte il rapporto L/R tra il coefficiente di autoinduzione L (che cresce con il quadrato del numero delle spire e con la sezione S del nucleo). Nel caso del rocchetto di Ruhmkorff, essendo molto grande il tempo 5L/R necessario alla corrente primaria per raggiungere l'elevato valore a regime che le compete in base alla legge di Ohm ( Vbb /R ), rispetto alla piccola durata della fase di chiusura imposta dall'interruttore a vibrazione, si raggiunge al termine della fase di chiusura un'intensità di corrente Ip molto minore del valore a regime Vbb /R Se, per esempio, Vbb = 10 V , R = 0,1 ohm, 5L/R = 0,5 s e la durata della fase di chiusura è tc = 0,02 s, l'intensità di corrente viene limitata al valore Ip = (10/0,1) x 0,02/0,5 = 100 x 0,04 = 4 A, invece di assumere il valore ohmico a regime di 100 A ! Ecco perchè si può collegare una pila ad un filo chiuso avvolto a spire (solenoide) su un nucleo di materiale ferromagnetico, purchè la corrente possa essere fatta passare ad intermittenza con una durata della fase di chiusura molto minore dell'intervallo di tempo necessario alla corrente, in funzione del numero delle spire avvolte, per raggiungere il valore ohmico a regime. E' questo il principio di funzionamento del trasformatore ,con la differenza che nell' avvolgimento primario la corrente non viene interrotta da un vibratore, ma segue le variazioni della tensione alternata di alimentazione. E' questo uno dei motivi per i quali si è adottato il sistema di distribuzione dell'energia elettrica in corrente alternata invece che in corrente continua, per la grande semplicità di funzionamento dei trasformatori che consentono, senza alcun organo elettromeccanico, di elevare o ridurre la tensione alternata con due soli avvolgimenti (primario e secondario) isolati tra loro e realizzati su un unico nucleo di materiale ferromagnetico.

 
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