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Webmaster & Author: Antonino Cucinotta
Graduate in Physics
Electronics and Telecommunications Teacher
at the Industrial Technical High School "Verona Trento"
of Messina (Sicily), Italy
Copyright 2002 - All rights reserved

Webmaster ed Autore: Prof. Antonino Cucinotta
Dottore in Fisica
Docente di Elettronica e Telecomunicazioni
presso l'Istituto Tecnico Industriale"Verona Trento" di Messina
Copyright 2002 - Tutti i diritti riservati


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AB/(CD) IS THE RATIO BETWEEN THE PRODUCT OF A BY B AND THE PRODUCT OF C BY D;
df(x)/dx IS THE DERIVATIVE OF THE FUNCTION f(x);
M = R2P/(Gm) =

R 2P
= ---------
(Gm).

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AB/(CD) INDICA IL RAPPORTO TRA I PRODOTTI AB E CD;
df(x)/dx INDICA LA DERIVATA DELLA FUNZIONE f(x);
M = R2P/(Gm) =

R2P
= ---------
(Gm).






DOMANDE

Egregio prof. re,
nello studiare argomenti di termodinamica, dovrei risolvere due quesiti:
- se l'aria contenuta in un volume di 3mc alla pressione di 1 Kg/cmq venisse compressa adiabaticamente alla pressione di 5 Kg/cmq., occuperebbe un volume più piccolo. E, se dovessimo tenere conto della temperatura iniziale dell'aria, supposto che sia a 25°C, quale volume occuperebbe?
-In un serbatoio di accumulo per aria compressa, sono accumulati 400 lt di aria alla pressione di 11 Kg/cmq. Se la temperatura dell'aria è di 180 °C, determinare l'energia termica ,misurata in KJ, sviluppata da una turbina alimentata dal serbatoio.
Moltissime grazie, Francesca


Gent. ma Francesca,
- Se Vi = 3 mc., pi = 1 Kg/cmq = 3 x 9,81 /0,0001 = 2,943 x 105 N/mq, pf = 5 Kg/cmq = 5 x 9,81 /0,0001 = 4,905 x 105 N/mq,si ha: Vf = (pi/pf)(1/g)Vi = (2,943 x 105 /4,905 x 105) (1/1,40) x 3 = 0,6 0,71428 x 3 = 2,0828 mc.
Per determinare il volume d'aria Vi alla temperatura Ti = (273 + 25) °K = 298 °K, corrispondente al volume Vf di 2,0828 mc, bisogna calcolare anzitutto la temperatura Tf al termine della compressione adiabatica, facendo sistema con l'equazione di stato pV = nRT (V = nRT/p):
nRTf/pf = (pi/pf) (1/g)nRTi/pi;
Tf = Ti(pi/pf)[(1 - g)/g] = 298 x (2,943 x 105/4,905 x 105) [(1 - 1,4)/1,4] = 298 x 0,6(-0,2857) = 344,82 °K.
Dall'equazione di stato piVi/Ti = pfVf/Tf;
Vi = (Ti/Tf) (pf/pi) Vf = (298/344,82) x (4,905 x 105/2,943 x 105 ) x 2,0828 = 2,999 mc, coincidente in pratica con i 3 mc del volume iniziale assegnato.
- Dall'equazione di stato si ottiene il numero n di moli di gas: n = pV/(RT) = (11 x 9,81/0,0001) x 0,4 /(8,31 x (180 + 273)) = 114,662 moli.
Supponendo che la temperatura finale sia di 25 °C, si ha : Tf = 298 °K.
Essendo Cv = 4,98 cal/(mole °K), si calcola la variazione di energia interna dell'aria che si espande raffreddandosi da 453 °K a 298 °K: DU = n Cv (Tf - Ti) = 114,662 x 4,98 x (298-454) = - 8,907 x 104 cal = - 4,18 x 8,907 x 104 J = -372312,6 J = -372,3216 KJ.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof. re,
considerando un esercizio che ha svolto tempo fa e, precisamente riguardante un pistone di superficie x mq. dove insisteva un peso di y Newton, il tutto per calcolare la corsa del pistone che avrebbe percorso, ebbene Lei numericamente ha sviluppato esattamente il quesito. Ora Le chiedo se fosse possibile calcolare comunque la corsa tenendo conto degli stessi dati, aggiungendo la temperatura iniziale dell'aria (per es. a 15°C) e conoscere magari la temperatura finale della compressione.
La saluto con molti ringraziamenti.
Francesca


Gent. ma Francesca,
La corsa d del pistone rimane invariata se si considerano i dati del quesito precedente: pi = 1 atm = 1,013 x 105N/mq: pressione iniziale (z) dell'aria nel cilindro (si suppone che sia pari alla pressione atmosferica pa = 1,013 x 105N/mq;
pf = 1,1111 x 105 N/mq. pressione finale dell'aria nel cilindro, al termine della compressione adiabatica prodotta dal peso;
Vi = 2000 cmc = 0,002 mc: volume iniziale;
Vf = 1,829 x 10-3 mc: volume finale.
Ti = (15 + 273)°K = 288 °K: temperatura iniziale.
Per calcolare la temperatura finale bisogna utilizzare l'equazione della trasformazione adiabatica in funzione di T e V:
Tf = Ti (Vi/Vf)g - 1 = 288 (0,002/1,829 x 10-3 ) 1,4 - 1 = 288 x 1,093 0,4 = 298,42 °K.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re, deve perdonarmi se insisto sullo stesso argomento di termodinamica e, pertanto le formulo la seguente domanda: -dal calcolo sviluppato nella precedente risposta, per conoscere il valore del volume finale a cui corrisponde Vf=1,829 mc, lo stesso valore potrebbe concidere con altro procedimento di calcolo attraverso l'equazione di stato in cui Vf= Vi.(Pi/pf) elevato a 1/K.? Sicuramente avrò commesso un errore di valutazione, mi può gentilmente chiarire l'equivoco? (N.b. se non vi è bisogno di produrre la risposta sul Web, mi può rispondere privatamente).
La ringrazio tantissimo, Francesca

Gent. ma Francesca,
Il procedimento adottato nella soluzione del quesito in oggetto è essenziale per il calcolo del volume finale Vf = 0,001829 mc = 1829 cmc, in quanto sono noti soltanto la pressione iniziale pi = 1,013 E 5 N/mq ed il volume iniziale Vi = 2000 cmc, mentre la pressione finale pf = 1,1111 E 5 N/mq si ricava dalla condizione di equilibrio tra la stessa e la pressione risultante da quella iniziale sommata a quella esercitata dal peso del pistone. Una volta nota pf, per determinare Vf bisogna imporre che il lavoro meccanico svolto dal peso del pistone sia uguale al lavoro di compressione eseguito sul gas. Il calcolo di Vf può essere effettuato anche applicando l'equazione Vf= Vi.(pi/pf)^(1/K): Vf = 0,002 x (1,013 E5/1,1111 E5) ^ 0,71428571 = 1,87 E-3 mc = 1870 cmc, che in pratica coincide fino alle centinaia con il valore ottenuto in precedenza (1829 cmc). Questa discordanza tra i due metodi è dovuta fisicamente al fatto che la compressione è stata considerata , solo idealmente, adiabatica (senza scambio di calore con l' ambiente), per la sua breve durata. In realtà il calcolo di Vf dovrebbe essere effettuato considerando la compressione pressochè isotermica, con K circa unitario ed ammettendo un piccolo scambio di calore con l'ambiente. Infatti, per la legge di Boyle relativa alle trasformazione isotermiche, si ha: Vf= Vi.(pi/pf) = 0,002 x (1,013 E5/1,1111 E5) = 1823,41 cmc, che differisce da 1829 per circa lo 0,3%. D'altra parte, se si considerasse l'espansione isotermica di n moli di gas,bisognerebbe conoscere la temperatura ambiente Ta, che invece non è stata assegnata, ed applicare la formula L = Pd = P (Vi - Vf)/S = -integrale (da Vi a Vf) di pdV = - integrale (da Vi a Vf) di nRTa dV/V = - nRTa ln (Vf/Vi) = nRTa ln (Vi/Vf), con la notevole complicazione di dover risolvere numericamente un'equazione trascendente per determinare Vf: P(Vi - Vf)/S = nRTa ln (Vi/Vf). E' molto più semplice pertanto considerare la compressione adiabatica ed applicare successivamente, per una migliore approssimazione, l'equazione della trasformazione isotermica.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re, dovrà scusarmi se sono insistente sull'argomento della termodinamica ma, studiando il problema precedentemente illustrato da Lei, ho provato a sostituire un numero con uno più grande e mi sono accorta che i conti non tornano. Avrò sicuramente commesso degli errori che Lei, gentilmente come suo solito con la sua sapienza ed umiltà è in grado di aiutarci. - Aumentando il peso da 10 Kg. a 1000Kg., si otterrà: 1000x9,81= 9810N mentre, la Pf= Pa+P/S=1,013x10^5+9810/0, 01=11111000N/mq, quindi procedendocon l'equazione per ottenere il valore del Vf: ((9810x-0,4)-( 1,013x10^5x0,01))x0,002/(( 9810x-0,4)-( 1,1111x10^7x0,01))= 9874/115034=0,085835 mc. E, procedendo con l'equazione di stato sempre per conoscere il Vf=Vix(Pi/Pf); Vf = 0.002 x (1.013x10^5/1,1111 x 10^7)= 1.8234 x 10^-5 mc., da cui si evince che i due valori non sono uguali.ed inoltre il valore trovato doveva essere inferiore a quello precedente. Le chiederei ancora un piccolo chiarimento sull'equazione del lavoro di compressione in Lc = (PfxVf) - (PixVi)/ 1-K, osservando i primi due fattori (Pfx Vf), si nota che diminuendo il Vf, diminuisce anche il valore del lavoro . semprerebbe un controsenso poichè è naturale che per ridurre il volume iniziale occorra una forza in proporzione al volume ridotto. La saluto e La ringrazio tantissimo.

Gent.ma Francesca,
Anzitutto segnalo l'errore nel calcolo di Pf: il calcolo esatto è: pressione iniziale + ( peso/sezione pistone) = 1,013E5 + 9810/0,01 = 101300 + 981000 = 1082300 N/mq = 1,0823 E6 N/mq., e non (pressione iniziale + peso)/sezione pistone = (101300 + 9810)/0,01 = 111110/0,01 = 11111000 N/mq. Pertanto Vf = (- 9810 x 0,4 - 101300 x 0,01) x0,002/(- 9810 x 0,4 - 1082300 x 0,01) = (- 3924 - 1013) x 0,002/(- 3924 - 10823) = 4937 x 0,002/14747 = 0,000669559 mc = 669,559 cmc.
Applicando invece la legge di Boyle si ha: Vf = piVi/pf = 101300 x 0,002/1082300 = 0,000187193 mc = 187,193 cmc.
La notevole diversità dei valori ottenuti, se si fa il confronto con il caso precedente (P = 10 Kg = 98,1 N), è dovuta al fatto che non è più valida l'approssimazione precedente, per quanto concerne il moto di discesa del peso. Nel caso precedente la pressione prodotta dal peso (98,1/0,01 = 9810 N/mq) è pari a circa il 10 % (9,68 % ) della pressione iniziale; pertanto si può fare un'analisi dinamica approssimata, considerando trascurabile la variazione di energia cinetica rispetto alla variazione di energia potenziale che si converte in lavoro di compressione (positivo) fatto sul gas.
Nel caso precedente, mentre il lavoro fatto dal peso è L = Pd = 98,1 x 0,017 = 1,6677 J, il lavoro di compressione è L = (piVi - pfVf) /(1-K) = (202,6 - 203,22)/(-0,4) = 1,55 J.
La differenza , pari a 0,1177 J (circa 7 %) corrisponde alla variazione di energia cinetica ed al calore trasferito all'ambiente per il difetto d'isolamento termico del sistema.
L'equazione differenziale del moto della massa M è : Mdv/dt = M(d^2 y/dt^2) = Mg - pS = Mg - [pi (Vi/V)^K]S = Mg - [pi (S yi/S y)^K] S = Mg - [pi (yi/y)^K] S .
Il termine dipendente dalla quota y si può considerare quasi costante, in prima approssimazione, soltanto se, come nel caso precedente, la variazione di y (corsa d = yi - yf) è piccola (1,7 cm) (yi = 0,002/0,01 = 0,2 m = 20 cm, circa uguale a yf), il che equivale a considerare quasi uguali i volumi Vi (2000 cmc) e Vf (1829 cmc). Soltanto facendo quest'approssimazione si può semplificare la soluzione, ritenendo pressochè uniformemente accelerato (con accelerazione costante a = dv/dt = g - pi S/M = 9,81 - 101300x 0,01/10 = (9,81 - 101,3) m/s^2 = -91,49 m/s^2 ) il moto di M.
In particolare, se M fosse tale da ottenere l'uguaglianza tra g e piS/M (a = 0), il moto di M avverrebbe con velocità costante .
In realtà, poichè un gas compresso in un volume variabile (come avviene in uno pneumatico al crescere del carico) consente di ottenere un sistema elastico (molla) con costante di forza variabile, durante la discesa del pistone si manifestano delle oscillazioni armoniche che vanno smorzandosi soltanto quando viene raggiunta la posizione di equilibrio corrispondente al volume finale.
La soluzione esatta del problema dovrebbe essere impostata considerando altri dati, cioè sia le velocità iniziale e finale del pistone (rilevabili sperimentalmente) e la conseguente variazione di energia cinetica del pistone, sia l'approssimativa adiabaticità della trasformazione (mediante un esponente K' di V da valutare sperimentalmente, in sostituzione di K= 1,4, per tener conto del calore Q ceduto all'ambiente, da misurare con un calorimetro contenente il sistema):
Mg yi + (1/2) Mvi^2 = (pi Vi - pfVf)/(1-K') + Mg yf + (1/2) Mvf^2 + Q;
L = Mg(yi - yf) = Pd = (pi Vi - pfVf)/(1-K') + (1/2)M [vf^2 - vi^2] + Q.
Se , in particolare, vi = 0, si ha: Pd = (pi Vi - pfVf)/(1-K') + (1/2)M vf^2 + Q.
Per quanto riguarda il lavoro di compressione (positivo) fatto sul gas ed opposto a quello, negativo,fatto dal gas che subisce la compressione, si ha:
L = (pi Vi - pfVf)/(1-K) = [pi Vi - pi ((Vi/Vf)^K) Vf]/(1-K) = [pi Vi - pi (Vi^K) Vf^(1-K)]/(1-K) =
[pi Vi - pi (Vi^K) Vf^(-(K-1))]/(1-K) = [pi Vi - pi (Vi^K) /(Vf^(K-1))]/(1-K)=
= piVi [1 - (Vi/Vf)^(K-1)]/(1-K) = piVi[(Vi/Vf)^(K-1) -1]/(K-1).
L'espressione ottenuta mostra chiaramente che al decrescere del volume, il termine (Vi/Vf)^(K-1) aumenta, incrementando tanto più il lavoro L quanto minore è il volume finale.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
possibilmente mi potrebbe spiegare perchè si stabilisce una differenza quantitativa tra due lavori e cioè:
-se si comprime l'aria con un pistone in un cilindro contenente dell'aria a pressione atmosferica con una forza di x Newton per una corsa y metri si sarà compiuto un lavoro di z Joule, mentre le calorie ovvero i KJ accumulati dall'aria compressa nel volume finale, sono molto inferiori a quelli del lavoro iniziale. E' possibile che ci sia questa notevole differenza, o è frutto della mia imperfezione di studio? Se fosse possibile ,sinteticamente mi potrebbe spiegare l'argomento numericamente?
La ringrazio tantissimo Francesca


Gent. ma Francesca,
L'errore di interpretazione sta nel fatto che le variabili che determinano il lavoro che viene compiuto in una trasformazione adiabatica, sono le pressioni e i volumi iniziali e finali della massa gassosa e non soltanto il prodotto della pressione iniziale per il volume iniziale. Se invece la trasformazione è isobarica (a pressione costante), il lavoro è determinato dal prodotto della pressione per la variazione di volume. In altri termini, mentre il prodotto pV non ha significato fisico, sono energeticamente importanti soltanto le sue variazioni durante una trasformazione.
Esempio numerico:
Consideriamo la compressione isobarica di una mole di gas (aria) contenuta in un cilindro non isolato termicamente dall'ambiente e chiuso da un pistone di sezione S = 0,008 mq = 80 cmq , scorrevole senza attrito per effetto di una forza costante F = 2400 N, il cui punto di applicazione si sposti di s = 0,125 m. Il lavoro compiuto dalla forza F sul gas è Lm = Fs = (2400 x 0,125) J = 300 J, mentre il lavoro di compressione compiuto dal gas è Lc = - Lm = - 300 J.
La pressione costante esercitata da F sul gas è p = F/S = 2400/0,008 = 3x105 N/mq.
Applicando l'equazione di stato si ha: Lc = p DV = nRDT; DV = Vf - Vi = Lc/p = -300/3x105 = - 0,001 mq = -1 dmc = - 1 litro (l.).
La variazione di temperatura è DT = Lc(nR) = -300/(1 x 8,31) = -36,1 °K.
Se Ti = 303 °K (30 °C), si ha:
Vi = nRTi/p = 1 x 8,31 x 303 / 3x105 = 0,008393 mc = 8,393 l.
Tf = Ti + DT = 303 - 36,1 = 266,9 °K (- 6,1 °C);
Vf = nRTf/p = 1 x 8,31 x 266,9 / 3x105 = 0,008393 mc = 0,007393 mc = 7,393 l. .
Applicando il primo principio della termodinamica, si ha:
DQ (calore, negativo,trasferito dal gas all'ambiente = Cp(Tf - Ti )= DU (variazione, negativa, dell' energia interna: D U = Cv(Tf - Ti )del gas) + Lc (lavoro di compressione, negativo, compiuto dal gas).
Cp (calore molare dell'aria, a pressione costante) = Cv(calore molare dell'aria, a volume costante) + R = (4,96 x 4,18 + 8,31) J/(mole °K) = 29,042 J/(mole °K).
DQ = CpDT = 29,042 x (-36,1) = -1048,41 J.
D U = CvDT = 4,96 x 4,18 x (-36,1) = - 748,45 J.
In altri termini, il calore DQ = - 1048,41 J ceduto all'ambiente proviene per - 748,45 J dal decremento dell'energia interna del gas per effetto del raffreddamento a pressione costante da 303 °K a 266,9 °K e per - 300 J dal lavoro di compressione subito dal gas per effetto della forza costante F.
Compiuta la compressione isobarica alla pressione pi' = 3x105 N/mq, supponiamo di far compiere al gas un'espansione adiabatica dal volume iniziale Vi' = 0,007393 mc fino alla pressione finale pf' = 1,013 x 105 N/mq (1 atm).
Il volume finale sarà Vf' = (pi'/pf')g = ( 300000/101300)0,71428 x 0,007393 = 0,01605 mc.
Il lavoro (positivo) compiuto dal gas è L' = ( pf'Vf' - pi'Vi')/(1- g) = (101300 x 0,01605 - 300000 x 0,007393)/(-0,4) = (1625,86 - 2217,9)/(-0,4) = 1480 J.
Dall'espressione L' = [pi'Vi'/(g -1)] {1 - [pf'/pi'][(g -1)/g]}, ricavabile con facili passaggi, si deduce che, a parità di prodotto iniziale pressione x volume, il lavoro di espansione è tanto maggiore quanto minore è la pressione finale pf'. Al limite, facendo tendere pf' a zero, si calcola il massimo lavoro (teorico) eseguibile:
L'max = [pi'Vi'/(g -1)] = 300000 x 0,007393 /0,4 = 5544,75 J.
Se invece il gas viene fatto espandere adiabaticamente fino al volume Vf' = 0,008393 mc, la pressione finale sarà pf' = pi' (Vi'/Vf') g = 300000 x (0,007393/0,008393)1,4 = 251180 ,62 N/mq.
L' = ( pf'Vf' - pi'Vi')/(1-g) = (251180,62 x 0,008393 - 300000 x 0,007393)/(-0,4) = (2108,15 - 2217,9)/(-0,4) = -109,75/(-0,4) = 274,375 J.
Come si può notare, il lavoro di espansione, a parità di volume e pressione iniziali, dipende dai valori finali della pressione e del volume, che determinano l'entità della variazione dell'energia interna.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
Le propongo un quesito di termodinamica, prendendo a prestito alcuni dati da problemi risolti:
-una forza con intensità costante di 1111,1 N, spinge un pistone della sezione di 0,01 mq e del peso di 10 Kg in un cilindro contenente aria. Il pistone, sollecitato dalla forza comprime l'aria alla pressione di 1,1111x10^5 N/mq in un volume finale di 0,001829mc. Immediatamente la forza cessa di comprimere, di conseguenza il pistone verrà spinto lungo il cilindro.
Supposto che il cilindro abbia una lunghezza infinita e che non ci siano attriti, che spazio percorrerà il pistone fino all'arresto?
Dovendo inoltre conoscere il valore medio della forza che spinge il pistone per farlo allontanare dal momento che cessa l'azione della forza di 111,11 N, come si potrebbe calcolarlo?
La saluto e La ringrazio tantissimo, Francesca


Gent. ma Francesca,
Supponiamo, per semplicità, che il cilindro sia disposto orizzontalmente e che pertanto non intervenga la forza-peso, per evitare di riconsiderare un quesito precedente.
Cessata l'azione della forza costante, il gas, dopo essere stato compresso alla pressione costante pc = 1,1111 x 105 N/mq , con un volume finale di 1829 cmc, si espande adiabaticamente fino a quando la sua pressione non ridiventi uguale alla pressione esterna (pressione atmosferica) pa.
Il lavoro positivo di espansione compiuto dal gas sul pistone, (a spese della sua energia interna), Lp1 = (pf1Vf1 - pi1Vi1)/(1 - g ), da pi1 = 1,1111 x 105 N/mq, Vi1 = 0,001829 mc = 1829 cmc, a Vf1 (da calcolare), pf1 = pa = 1 atm = 1,013 x 105, sommato al lavoro negativo Ln1 = - pa(Vf1 - Vi1 ) compiuto dalla forza paS, uguaglia, per il teorema lavoro-energia, l'energia cinetica K = (1/2) Mv2 acquisita dal pistone:
Lp1 + Ln1 = K.
K = (pf1Vf1 - pi1Vi1)/(1 - g ) - pa(Vf1 - Vi1 ) .
Calcolato il volume finale Vf1 = Vi1(pi1/pf1)1/g = 1829 x (1,1111 x 105/1,013 x 105)0,7142 = 1953 cmc.
, si ottiene: K = (1,013 x 105x 0,001953 - 1,1111 x 105 x 0,001829)/(1 - 1,4) - 1,013 x 105(0,001953 - 0,001829) = (197,83 - 203,22)/(-0,4) - 12,561 = 0,909 J.
A questo punto bisogna considerare che, a partire dall'istante in cui la pressione p del gas uguaglia quella atmosferica (pa), il gas continua ad espandersi adiabaticamente effettuando il lavoro Lp2 a spese della sua energia interna, contro la forza costante pa, mentre l'energia cinetica K acquisita dal pistone si converte in lavoro resistente fatto contro la forza paS. Si consideri che la forza risultante pS - pa S, agente sul pistone e diretta verso la base del cilindro (essendo pS minore di pa), aumenta a mano a mano che il volume aumenta e la pressione p diminuisce.
Pertanto, indicando con pi2 = pa la pressione iniziale, con Vi2 = Vf1 = 1953 cmc il volume iniziale, e con pf2 e Vf2 rispettivamente la pressione finale ed il volume finale (nel punto di arresto), applicando il teorema lavoro-energia, si ha:
pa(Vf2 - Vi2 ) (lavoro fatto contro la forza paS ) = K + Lp2 = K (energia cinetica acquisita dal pistone e che si converte in lavoro contro la forza paS) + (pf2Vf2 - pi2Vi2)/(1 - g ) (lavoro positivo di espansione compiuto dal gas contro la forza paS.
pa(Vf2 - Vi2 )(1- g) = K(1- g) + pf2Vf2 - pi2Vi2.
Per ottenere pf2 e Vf2 bisogna risolvere numericamente o graficamente (con una calcolatrice con display grafico) il seguente sistema:
1) pf2 = [pa(Vf2 - Vi2 )(1- g) - K(1- g) + pi2Vi2]/Vf2;
2) pf2 = pi2 ( Vi2 /Vf2)g ;
1) pf2 = [1,013 x 105 Vf2(-0,4) + 1,013 x 105 x 1,953 x 10-3 (0,4) + 1,013 x 105 x 1,953 x 10-3 + 0,909(0,4)]/Vf2 ;
2) pf2 = 1,013 x 105 (1,953 x 10-3)1,4/Vf21,4 = 16,315/Vf21,4
1) pf2 = (-4,052 x 104 Vf2 + 277,338)/Vf2 = = 277,338/Vf2 - 40520.
Rappresentate sul display le curve 1) e 2) , sono state lette le coordinate del loro punto d'intersezione, corrispondenti alla soluzione del sistema:Vf2 = 0,002404 mc = 2404 cmc e pf2 = 74832,97 N/mq.
Indicando con do = volume dopo la compressione isobarica/S = 1829/S = 1829/100 = 18,29 cm. la distanza iniziale del pistone dalla base del cilindro, con d1 = Vf1/S = 1953/100 = 19,53 cm. e con d2 = Vf2/S = 2404/100 = 24,04 cm. rispettivamente il volume finale della prima espansione adiabatica ed il volume finale della seconda espansione adiabatica, si ottiene lo spostamento del pistone fino all'arresto sommando allo spostamento d1 - do = 19,53 - 18,29 = 1,24 cm, relativo alla prima espansione, lo spostamento d2 - d1 = 24,04 - 19,53 = 4,51 cm. . Pertanto lo spostamento totale del pistone è dT = (1,24 +4,51) cm. = 5,75 cm.
Se la pressione esterna pa fosse idealmente nulla, il pistone acquisirebbe l'energia cinetica
K = ( - pi1Vi1)/(1 - g ) = -1,1111 x 105 x 0,001829)/(1 - 1,4) = (- 203,22)/(-0,4) = 508,05 J , con una velocità finale pari a sqrt(2 x 508,5 /10) = 10,0846 m/s, che, in assenza di attriti ed in virtù del principio d'inerzia, si manterrebbe costante, con uno spostamento idealmente infinito.
Con pa diversa da zero, lo spostamento del pistone è tanto maggiore quanto minore è pa.
Il valore medio della forza agente sul pistone si calcola nel modo seguente:
= [1/(d2 - d0)] integrale (da d0 = Vi1/S a d2 = Vi1/S ) di F(x) dx = [1/(d2 - d0)] integrale (da d0 a d2) di p(x) S dx = [1/(d2 - d0)] integrale (da d0 a d2) di [pi1(Vi1/V(x))g S - paS] = {[pi1S d0g]/[(1 - g)(d2 - d0)]}[d21 - g - d01 - g] - paS = [1,1111 x 105 x 0,01 x 0,0018291,4/(-0,4 x (0,2404-0,1829))] x[0,2404 -0,4 - 0,1829 -0,4] - 1,013 x 105 x 0,01 = [0,163249/(-0,023) ] x (1,7685-1,9729) - 1013 = (-7,097) x (- 0,2044) - 1013 = (1,45 - 1013) N = -1011,55 N.
. Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
tanto per approfondire argomenti di termodinamica, La prego di esaminare il seguente caso:
una forza di intensità costante di 250 N spinge un pistone della sezione di 80 cmq in un cilindro contenente aria a pressione atmosferica. Il volume iniziale è di 32400 cmc e la corsa che spazia il pistone è di 0,30 m. L'aria di seguito alla compressione raggiunge una certa pressione in un certo volume con una sua energia interna. Se tutto il gas viene fatto espandere in un altro cilindro di egual dimensioni rispetto a quello in azione, ed in cui il pistone si trova sul P.M.S., che valore avrà il lavoro che compirà il secondo cilindro a confronto del lavoro compiuto dalla forza di 250 N x 0,30 m? La saluto e le porgo i miei più sentiti ringraziamenti.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Considerando che il gas , con volume iniziale Vi1 = 0,0324 mc = 32400 cmc, viene compresso isobaricamente alla pressione pc = pa + F/S = 1,013 x 10 5 + 250/0,008 = 101300 + 31250 = 132550 N/mq, si calcola in base all'equazione di stato pV = nRT, il prodotto nDT tra il numero n di moli di gas ed il decremento DT della temperatura per effetto della cessione all'ambiente di calore DQ (negativo) a pressione costante e del concomitante decremento dell'energia interna DU, dove DVi1 = - Sd = - 0,008 x 0,3 = - 2,4 x 10-3 mc = -2400 cmc: n DT = pDVi1/R = -132550 x 0,0024/8,31 = - 38,2815 moli x °K.
Il volume finale del gas compresso a pressione costante è Vf1 =Vi1 + DVi1 = 32400 - 2400 = 0,03 mc = 30000 cmc.
Applicando l'equazione della trasformazione adiabatica, con pi2 = pc = 132550 N/mq, Vi2 = Vf1 =30000 cmc e Vf2 = Vi2 + Vi1 = 30000 + 32400 = 62400 cmc, si ha:
pf2 (pressione al termine dell'espansione adiabatica) = pi2(Vi2/Vf2)g = 132550 x(30000/62400)1,4 = 132550 x 0,35868 = 47543 N/mq.
Il relativo lavoro di espansione è (pf2 Vf2 - pi2 Vi2 )/(1 - g) = (47543 x 0,0624 - 132550 x 0,03)/(1 - 1,4) = (2966,683 - 3976,5)(-0,4) = 1009,817/0,4 = 2524,54 J.
Essendo Cv = 4,96 x 4,18 = 20,7328 J/(mole °K) e Cp = 20,7328 + R = 20,7328 + 8,31 = 29,0428 J/(mole °K), si calcolano il decremento dell'energia interna relativo alla compressione isobarica, DU = Cv (nDT) = - 20,7328 x 38,2815 J = -793,682 J ed il calore trasferito all'ambiente durante la compressione isobarica DQ = Cp(nDT) = - 29,0428 x 38,2815 = -1111,8 J. In base al primo principio della termodinamica il lavoro effettuato dalla forza F e dalla forza paS esercitata dalla pressione atmosferica è L = DQ - DU = 1111,8 J - 793,682 J = 318,11 J , mentre il lavoro compiuto dalla sola forza F è L(F) = F d = 250 x 0,3 = 75 J, molto minore del lavoro reso dal sistema durante l'espansione adiabatica (2524,54 J). Come al solito, questa notevole differenza dipende dal fatto che il lavoro di espansione durante la trasformazione adiabatica viene effettuato a spese dell'energia interna del gas, che equivale, dal punto di vista microscopico, alla somma delle energie cinetiche molecolari.
La maggior parte del lavoro di compressione (243,11 J = 318,11 J - 75 J) è effettuata dalla pressione atmosferica pa.
Altra soluzione
Applicando l'equazione di stato e supponendo che sia, per es., n = 1,15 il numero di moli di gas, si determina la temperatura iniziale dell'aria all'inizio della compressione isobarica):
Ti1 = pi Vi1/(nR) = 132550 x 0,0324/(1,15 x 8,31) = 449,39 °K (176,39 °C).
Si calcola l'abbassamento della temperatura dell'aria per effetto del calore ceduto all'ambiente e della concomitante diminuzione di energia interna, al termine della compressione isobarica alla pressione pi = 132550 N/mq :DT = pDV/(nR) = -132550 x 0,0024/(1,15 x 8,31) = -33,288 °K.
Pertanto la temperatura al termine della compressione isobarica è Tf1 = Ti1 + DT = 449,39 - 33,288 = 416,1 °K (143,1 °C).
Di conseguenza, la temperatura all'inizio dell'espansione adiabatica è Ti2 = Tf1 = 416,1 °K.
Applicando l'equazione della trasformazione adiabatica, si ha:
Tf2 = Ti2(Vi2/Vf2)g - 1 = 416,1 x ((30000/62400)1,4 -1 = 416,1 x 0,48076 0,4 = 416,1 x 0,746 = 310,4 °K (37,4 °C).
Il lavoro compiuto dal gas durante l' espansione è pari al decremento, cambiato di segno, della sua energia interna:
L = - DU = - n Cv (Tf2 - Ti2) = - 1,15 x 20,7328 x (310,4 - 416,1) = 23,842 x 105,7 = 2520 J , valore che differisce dello 0,179 % da quello ottenuto considerando pressioni e volumi.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
Le dovrei rivolgere una domanda apparentemente semplice:
- in che percentuale si potrebbe riottenere il lavoro speso per comprimere un gas, naturalmente eseguito da una forza che effettua una determinata corsa, senza tenere conto degli eventuali attriti?
La saluto e La ringrazio tantissimo
Francesca


Gent.ma Francesca,
Se si considera la compressione adiabatica di un gas, ottenuta impiegando un pistone costituito da un materiale termoisolante, scorrevole senza attriti in un cilindro fatto anch'esso di materiale termoisolante, essendo idealmente nulla la quantità di calore ceduta all'ambiente, per il primo principio della termodinamica il lavoro L compiuto da una forza F , crescente al decrescere del volume del gas (altrimenti la compressione sarebbe isobarica e bisognerebbe fare cedere calore al gas per realizzarla, dopo avere eliminato il termoisolamento) ed agente sul pistone lungo la corsa s, si converte integralmente in incremento DU dell'energia interna del gas, che a sua volta, cessata l'azione della forza, si riconverte integralmente in lavoro di espansione.
In particolare, essendo negativo il lavoro L = - integrale [F(s) ds], compiuto dal gas sul pistone (lavoro uguale e contrario a quello effettuato dal pistone sul gas) si ha: L = - DU = - (Ufinale - Uiniziale) = - Cv (Tfinale - Tiniziale). Si deduce che al termine della compressione adiabatica l'energia interna U aumenta di - L e la temperatura assoluta T aumenta in modo direttamente proporzionale all'aumento di U. Pertanto, cessata l'azione di F e lasciando espandere successivamente il gas, sempre in condizioni di termoisolamento e purchè l'espansione avvenga tra gli stessi valori delle variabili termodinamiche p,V e T, si riottiene al 100% il lavoro meccanico effettuato per comprimerlo.
Ovviamente il lavoro effettuato, sia esso positivo o negativo, può essere calcolato sia con la formula
L =(pfVf - piVi)/(1 - g), sia attraverso la variazione di energia interna cambiata di segno:
L = -DU = - (Uf - Ui) = - Cv(Tf - Ti).
Esempio : Se il lavoro compiuto per comprimere aria , con temperatura iniziale Ti = 300 °K (27 °C) e calore specifico molare a volume costante Cv = 20,732 J/(mole °K), è Lp = 500 J , il lavoro di compressione Ln subito dal gas è pari a - 500 J, mentre è di 500 J l'incremento DU dell' energia interna , con una temperatura finale Tf = Ti + DU/Cv = 300 + 500/20,732 = (300 + 24,117) °K = 324,117 °K ( 51,117 °C). Pertanto, con un isolamento termico perfetto (ideale),il lavoro positivo compiuto dal gas nella successiva espansione adiabatica, essendo ottenuto a spese della diminuzione dell'energia interna (-500 J) , è Lp' = - (DU) J = - (-500 J) = 500 J, con un decremento di temperatura di 24 °K.
In queste condizioni ideali il sistema cilindro-pistone-gas si comporta analogamente ad un sistema elastico (massa-molla) , le cui variazioni di energia potenziale elastica (1/2) kx2 uguagliano il lavoro compiuto o subito per effetto di uno spostamento Dx rispetto alla posizione di equilibrio xo.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
 a ) in un circuito in corrente alternata , mentre mi è facile comprendere perché un induttore fa sì che la corrente sia in ritardo rispetto alla tensione ( ovvio, visto che la corrente indotta contrasta la corrente originaria ), non mi riesce invece di capire perché un condensatore , che  comunque è un ostacolo alla corrente ( infatti vi è una reattanza capacitiva , dipendente dalla frequenza della c.a.) , possa far sì che la corrente sia in anticipo rispetto alla tensione.
Si dimostra matematicamente, per logica dev' essere così, perché condensatori e induttori hanno comportamenti antagonisti, ma a livello intuitivo non lo immagino .
Che forse le armature "attirano" gli elettroni più velocemente rispetto al loro normale flusso nella tensione ?
 b ) Non capisco poi , perché nei grafici che illustrano l'andamento di tensione e corrente rispetto al tempo, la tensione ovviamente parte da zero e quello della corrente, sia che nel circuito ci siano induttori che condensatori, no. Ma al tempo zero , non dev'essere zero tutto e quindi partire tutti dall' origine degl' assi ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
a) Un condensatore caricato con un generatore di tensione continua (per es. una batteria con f.e.m. E e resistenza interna Ri), essendo nulla la tensione tra le armature all'istante t = 0 (di chiusura dell'interruttore del circuito di carica), si comporta a tutti gli effetti come un cortocircuito; di conseguenza all'istante t = 0
l' intensità di corrente I nel circuito di carica, cioè nei conduttori che collegano il condensatore ai poli del generatore, è limitata soltanto dalla resistenza interna Ri della batteria, e vale I (t = 0) = E/Ri (legge di Ohm). Considerando che la tensione V (t) = Q(t)/C tra le armature del condensatore va gradatamente aumentando a mano a mano che su di esse si accumulano le cariche elettriche opposte +Q(t) e - Q(t), si comprende come l'intensità di corrente di carica I(t) (decrescente in funzione del tempo con legge esponenziale) sia la causa dell'accumularsi delle cariche sulle armature e quindi anche dell' aumento della tensione tra le stesse. Essendo la corrente di carica la causa dell'aumento della tensione, si deduce che gli andamenti variabili della tensione tra le armature, prodotti da una tensione di alimentazione non più continua ma alternata, debbano seguire come effetti gli andamenti variabili della corrente di carica e di scarica: un andamento crescente della corrente di carica è seguito con un certo ritardo (da 0 a 1/4 di periodo a seconda dei valori della resistenza e della capacità inserite nel circuito) da un andamento crescente della tensione, mentre un successivo andamento decrescente della corrente è seguito, con un ritardo uguale a quello dell'andamento crescente, da un andamento decrescente della tensione. In regime sinusoidale permanente (in corrente alternata), si dimostra che la sinusoide della corrente è in anticipo (da 0 a 1/4 di periodo) rispetto alla sinusoide della tensione tra le armature.
Nell'induttore (L) invece, essendo la f.e.m. autoindotta la causa dell'andamento, crescente o decrescente, della corrente, è la sinusoide della corrente ad essere sfasata in ritardo (da 0 a 1/4 di periodo in funzione dei valori di R ed L) rispetto alla sinusoide della tensione. L'inserimento di induttori e condensatori in un circuito in corrente alternata fa sì che l'anticipo della corrente rispetto alla tensione prodotto dai condensatori , sia compensato parzialmente o totalmente (nella particolare condizione di risonanza) dal ritardo della corrente rispetto alla tensione prodotto dagli induttori. Si dice anche che, mentre l'induttore tende ad opporsi alle variazioni dell'intensità di corrente, il condensatore tende ad opporsi alle variazioni di tensione: quanto maggiori sono rispettivamente i valori di L e C, tanto minori sono rispettivamente le variazioni dell'intensità di corrente DI = DV/(6,28 f L) per una data variazione di tensione e le variazioni della tensione tra le armature, per una data variazione di intensità di corrente DV = DI/(6,28 f C), per una data frequenza f della corrente alternata.
b) Considerando per semplicità i soli casi di circuiti induttivi-resistivi e capacitivi-induttivi in fase transitoria, si nota come nel circuito induttivo-resistivo, l'annullamento iniziale dell'intensità di corrente sia dovuto al fatto che la f.e.m. autoindotta all'istante t = 0 equilibra esattamente la f.e.m. del generatore di tensione continua e come invece, nel circuito capacitivo-induttivo, se il condensatore è inizialmente scarico, sia nulla la tensione tra le armature per l'assenza iniziale di cariche sulle stesse, mentre l'intensità di corrente iniziale è massima per il fatto che il condensatore si comporta come un cortocircuito.
Se invece si considera un circuito costituito da un generatore di tensione continua con f.e.m. E, da un condensatore C, da un induttore L e da un piccolo resistore R minore di sqrt(4L/C) (resistenza critica), chiuso il circuito, il condensatore raggiunge la tensione finale di carica (E) dopo una serie di oscillazioni sinusoidali smorzate che, partendo da valori iniziali nulli , V(0) e I(0), interessano sia la tensione V(t) ai capi del condensatore, sia l'intensità di corrente I(t).
Infatti, essendo molto contenuta la dissipazione di potenza nella piccola resistenza R (per effetto Joule), si verificano periodiche conversioni dell' energia elettrostatica (1/2)CV2 immagazzinata nel condensatore in energia magnetica (1/2)LI2 immagazzinata nell'induttore, e viceversa,in modo analogo a quanto si verifica in meccanica durante le oscillazioni di un ammortizzatore a molla, nel quale l'energia elastica della molla si converte in energia cinetica, e viceversa.
Le oscillazioni smorzate (con ampiezza decrescente con legge esponenziale) che si osservano nel predetto circuito RLC, con R minore della resistenza critica,si osservano anche durante la scarica del condensatore (scarica oscillante), quando cioè,caricato il condensatore ed eliminato il generatore di tensione continua, la chiusura del circuito determina il passaggio di una corrente sinusoidale oscillante di scarica, inizialmente nulla, ed il decremento, anch'esso oscillante, della tensione ai capi del condensatore, con tensione iniziale V(0) = E, fino alla scarica completa del condensatore. Le correnti e le tensioni oscillanti ad alta frequenza generate da un circuito oscillante RLC servirono ad Heinrich Hertz per sperimentare la propagazione delle onde elettromagnetiche a breve distanza (all'interno del laboratorio), ed a Guglielmo Marconi per la realizzazione del primo sistema radiotelegrafico basato sulla propagazione delle onde elettromagnetiche a grande distanza.
Attualmente tutte le correnti e tensioni oscillanti necessarie nei sistemi di telecomunicazioni (radio, televisivi, satellitari e cellulari) si generano con dispositivi microelettronici a semiconduttori (transistor e circuiti integrati) inseriti in minicircuiti oscillanti RLC, costituiti dall'induttanza L di alcune piccole spire di filo di rame (radio FM), o da quella di una piccolissima pista di rame di una scheda miniaturizzata a circuito stampato (televisori e telefoni cellulari),e da un diodo a semiconduttore a capacità variabile (varicap),che costituisce il condensatore di accordo (di sintonia) alla frequenza di lavoro ed il cui funzionamento è gestito automaticamente dal microprocessore del sistema di selezione dei canali.
Le tecnologie si evolvono, ma i principi di funzionamento sono sempre gli stessi: il vecchio si riveste di nuovo e rivive nel nuovo, anche se spesso, soprattutto le giovani generazioni, non si rendono conto di questo, non riconoscendo nelle varie tecnologie avanzate gli immutabili principi delle scienze fisiche e confondendo, spesso,le prime con le seconde, per carenza di formazione scientifica, soprattutto da ascrivere alla vetustà ed all'obsolescenza dell'insegnamento delle scienze,in particolare della fisica, nella scuola italiana, eccezioni a parte. Si consideri, per esempio, che nei licei classici e scientifici, sulla base della vecchia composizione delle cattedre, risalente al 1924, si mantengono tuttora accorpate le cattedre di matematica e fisica, senza voler comprendere che la fisica deve essere insegnata da laureati in fisica,sia per per la forma mentis tipica dei fisici, sia per le specifiche ed innovative metodologie teorico-sperimentali che attualmente sono indispensabili per motivare ed entusiasmare i giovani allo studio della fisica.
E' indispensabile ed urgente la separazione dei due insegnamenti.
Si pensi infatti che generalmente, tranne lodevoli eccezioni, i programmi di fisica nelle scuole medie superiori vengono svolti molto limitatamente, non considerando, per esempio la fisica quantistica che è fondamentale per la comprensione dei principi di funzionamento di tutti gli attuali dispositivi e sistemi tecnologici avanzati (memorie elettroniche,laser, computer, telefoni cellulari e satellitari), e soprattutto dei dispositivi e sistemi nanotecnologici, (natotubi, cristalli fotonici, materiali nanostrutturati) oggetto di ricerche avanzatissime nei laboratori mondiali all'avanguardia nella progettazione del futuro dei prossimi 50 anni. E poi ci si lamenta del fatto che in Italia c'è la crisi delle iscrizioni alle facoltà scientifiche dure. Bella scoperta!!!
Finchè i politici continueranno a fare i miopi e non vorranno capire che investire in cultura significa investire in tempi lunghi in ricerca e sviluppo per realizzare brevetti e quindi ricchezza, la situazione non cambierà e saremo destinati ad un declino irreversibile.
Tanti cordiali saluti

 

Egregio prof.re,
gentilmente mi potrebbe sciogliere un dubbio sul lavoro derivante da un fenomeno di termodinamica che esporrò ?:
una forza costante di 18 N preme su un pistone della superficie di 0,001 mq in un cilindro lungo 0,1 m contenente aria alla temperatura di 15 °C, compiendo uno spostamento di 0,05 m.
Alla fine della corsa si raggiunge una pressione finale di 119.300 N/mq.
Il lavoro compiuto dalla forza sul gas è:
L = F x s  = ((18 +(101300x0,001)x 0,1 ))= 11,93 J, mentre, nel caso in cui si voglia fare agire l'aria compresso sul pistone per farlo tornare nella posizione iniziale, si dovrà considerare che la pressione max è di 119300N/mq e, durante l'espansione si abbasserà fino a raggiungere la quota zero iniziale di partenza.
Perciò, la pressione da considerare dovrà essere quella media ovvero:
Pm = 119300 + 0/2 = 59650 N/mq ed il lavoro svolto sarà:
L = (Pm x A) x s = (59650 x 0,001) x 0,1 = 5,965 J , valore che è esattamente la metà di quello eseguito dalla forza di 18 N.
La perplessità che perviene é: l'altra metà del lavoro in che modo si è dissipato?
La saluto e La ringrazio tantissimo.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Le consiglio di rileggere la risposta data in precedenza ad un quesito analogo, relativo ad un gas compresso a pressione costante. Se si richiede che il volume del gas diminuisca mantenendo costante la pressione, poichè viene effettuato sul gas il lavoro L (ed il gas esegue un lavoro - L) e si richiede che la trasformazione sia isobarica, per il primo principio della termodinamica il lavoro - L, sommato alla variazione (diminuzione) di energia interna DU (prodotta dal raffreddamento del gas a pressione costante), deve essere uguale alla quantità di calore -DQ ceduta dal gas, a pressione costante, all'ambiente:
- L + DU = - DQ;
Il lavoro negativo compiuto dal gas (L = pDV) per effetto dell'abbassamento di 0,05 m del pistone è :
L = -((18 +(101300x0,001)x 0,05 ))= - 5,965 J ed è pari (per 1 mole di gas, n = 1) a nR DT; pertanto la temperatura del gas si abbassa da (15 + 273) °K = 288 °K a (288 + DT)°K = (288 - 5,965/(nR))°K = (288 - 5,965/8,31)°K = (288 - 0,7178) °K = 287,282 °K (14,282 °C), con una diminuzione di energia interna DU = Cv(DT) = 20,7320 x (- 0,7178) = -14,881 J ed una quantità di calore ceduta - DQ = Cp(DT) = 29,0420 x (-0,7178) = - 20,846 J.
- L + DU = - DQ;
- 5,965 - 14,881 = - 20,846 J.
Pertanto il lavoro compiuto sul gas , L = 5,965 J, si converte in calore, e sommato al valore assoluto (14,881 J) della variazione di energia interna , fornisce la quantità di calore di 20,846 J ceduta all'ambiente durante il raffreddamento isobarico.
Se la trasformazione successiva è un'espansione adiabatica da pi = 119300 N/mq, Vi = 0,00005 mc a Vf = 0,0001 mc, con pf = pi (Vi/ Vf) g = 119300 x ( 0,00005/0,0001)1,4 = 45206 N/mq, si ottiene il lavoro
L = ( pf Vf - pi Vi)/(1 - g) = (45206 x 0,0001 - 119300 x 0,00005)/(-0,4) = (4,5206 - 5,965)(-0,4) = 3,611 J . Questo lavoro si ottiene dalla diminuzione di energia interna e dipende soltanto, fissati i valori iniziali di pressione e volume, dai valori finali delle medesime grandezze.
Non ha senso considerare il valore medio della pressione nel calcolo del lavoro, dal momento che si può ottenere esattamente il lavoro di espansione con la predetta formula.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
l'argomento in questione da capire è la seguente:
se una forza costante spinge una molla elastica per un spazio xo metri, la stessa si carica di una energia potenziale Ep = (1/2) k xo2. Nel contempo se consideriamo che la forza F si è spostata di pari metri rispetto alla molla, i valori delle due energie dovrebbero essere uguali, invece l'uno è il doppio dell'altro. Mi potrebbe spiegare questa differenza possibilmente con un esempio numerico?
La saluto e La ringrazio tantissimo.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Se, prescindendo, per semplicità, dalle forze di attrito,si applica ad un sistema massa-molla,sollecitato da una forza F, il teorema lavoro-energia, si esprime l'uguaglianza tra il lavoro compiuto dalla forza risultante F - kx (forza esterna - forza elastica), in relazione all'elongazione x della molla (spostamento rispetto alla posizione di equilibrio), e la variazione DKc dell' energia cinetica Kc associata alla massa M del sistema (massa della molla + massa applicata alla molla):
integrale (esteso da 0 a x) di (F - kx) dx = integrale (esteso da 0 a v) di Mvdv = (1/2)Mv2.
Bisogna a questo punto considerare due casi:
1) forza applicata F = kx con intensità direttamente proporzionale all'elongazione x determinata dalla forza F.
In questo caso DKc = 0; infatti, poichè la forza applicata equilibra istante per istante la forza elastica, la forza risultante è nulla ed è nulla (in pratica trascurabile) la variazione di energia cinetica del sistema. In questo caso il lavoro positivo compiuto dalla forza applicata è uguale e contrario a quello compiuto dalla forza elastica ed è pari all'incremento (1/2)kx2 dell' energia potenziale elastica.
2) Se la forza applicata è costante e se,in particolare, come nell'esempio proposto, ha un'intensità costante F = kxo, il teorema lavoro-energia fornisce la seguente equazione:
integrale (esteso da 0 a xo) di (kxo - kx) dx = kxo2 - kxo2/2 = kxo2/2 = DKc. Pertanto il lavoro compiuto dalla forza F serve per il 50% ad incrementare l'energia potenziale elastica Ep = (1/2) k xo2 e per l'altro 50% ad incrementare l'energia cinetica Kc.
3) Forza costante F = kxo/2.
In questo caso si ha:
integrale (esteso da 0 a xo) di (kxo/2 - kx) dx = kxo2/2 - kxo2/2 = 0.
In questo caso non si ha variazione di energia cinetica e tutto il lavoro compiuto da F va ad incrementare l'energia potenziale elastica.
Esempio numerico relativo al secondo caso
xo = 0,2 m;
k = 500 N/m;
F = kxo= 500 x 0,2 = 100 N.
integrale (esteso da 0 a 0,2 m.) di (kxo - kx) dx = 500 x 0,22 - (500/2) x 0,2 2 = 20 J - 10 J = 10 J. L'incremento di energia cinetica è di 10 J ed è pari a quello dell'energia potenziale.
Esempio numerico relativo al terzo caso
xo = 0,2 m;
k = 500 N/m;
F = kxo/2= 500 x 0,2/2 = 50 N.
integrale (esteso da 0 a 0,2 m.) di (kxo/2 - kx) dx = 500 x 0,22/2 - (500/2) x 0,2 2 = 10 J - 10 J = 0. L'incremento di energia cinetica è nullo, mentre l'energia potenziale elastica aumenta di 10 J, cioè di una quantità pari al lavoro compiuto dalla forza F.
In questo caso, nell'intervallo da x = 0 a x = 0,1 m la forza elastica aumenta da 0 a 500 x 0,1 N = 50 N, fino ad equilibrare la forza costante di 50 N, con un incremento di energia cinetica di 2,5 J ed un incremento di energia potenziale di (500/2) x 0,12 J = 2,5 J (da 0 a 2,5 J).
Nell' intervallo da x = 0,1 m a x = 0,2 m. la forza elastica aumenta da 50 N a 500 x 0,2 N = 100 N. Pertanto, essendo la forza elastica più intensa della forza costante applicata, l'energia cinetica diminuisce da 2,5 J a 0, compensando l'aumento relativo all'intervallo precedente, mentre l'energia potenziale aumenta da 2,5 J a (500/2) x 0,22 = 10 J, con un incremento di 7,5 J.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
 vorrei un chiarimento sul concetto di caduta di tensione. Infatti quando c'è una resistenza , a me sembra una caduta d' intensità , più che di tensione.
D' altronde, stando alla prima legge di Ohm (I = V/R), se all'aumentare della resistenza R diminuisce l'intensità di corrente I, dovrebbe rimanere uguale la tensione V; basta vedere una lampadina in un circuito che, ovviamente, diventa meno luminosa se si aggiunge un resistore R' collegato in serie con essa, pur con la stessa ddp V ai capi del circuito, cioè I' = V/(R +R') < I. Oppure se diminuiscono contemporaneamente tensione e intensità, la resistenza dovrebbe restare immutata, in quanto rimane costante il rapporto V/I = R . In altre parole con una resistenza gli elettroni trovano un ostacolo , ma che succede ? Ne passano di meno e quindi diminuisce l'intensità ? Possono compiere meno lavoro e quindi diminuisce la tensione ? E soprattutto mi chiedo , se c' è caduta di tensione solo ai capi di una resistenza, mentre ai capi del circuito la differenza di potenziale non può variare, ai capi della resistenza c'è caduta di tensione e nel resto del circuito cosa c' è , caduta d'intensità ?
E quando si accende un qualsiasi apparecchio ( un autoclave , una pompa o altro ) e vi è quell' abbassa -
mento di luminosità per un attimo, che caduta è quella ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
Utilizzando un'analogia idraulica, consideriamo una pompa che prelevi acqua da un serbatoio immettendola alla pressione P1 e con portata (volumetrica) Q (in mc/s) in un tubo con sezione circolare e lunghezza L , che offra una resistenza idrodinamica R = (P1 - P2)/Q , definita dal rapporto (costante entro un certo limite di velocità del fluido, cioè finchè il moto non diventi vorticoso) tra la differenza di pressione P1 - P2 agli estremi del tubo e la portata Q.
Consideriamo inoltre un circuito elettrico formato da un generatore di tensione continua (o alternata) con resistenza interna Ri trascurabile e f.e.m. E (tensione tra i poli a circuito aperto) , collegato ad un resistore R costituito da una spirale di filo resistente (lega di nichel-cromo impiegata per realizzare gli elementi radianti delle stufette elettriche). Se indichiamo con I = E/R l'intensità di corrente nel circuito, possiamo dire che la differenza di pressione P1 - P2 sta alla differenza di potenziale elettrico E (tensione) agli estremi della spirale resistiva (e quindi anche tra i poli del generatore) come la portata Q sta all'intensità di corrente I . Come all'interno del tubo di lunghezza L l' acqua fluisce incontrando un ostacolo (resistenza idrodinamica) che è tanto maggiore quanto maggiori sono la lunghezza L e la viscosità del liquido e quanto minore è il quadrato della sezione del tubo, così gli elettroni, spostandosi attraverso il reticolo cristallino del metallo del resistore, incontrano, per effetto dei continui urti con gli ioni del metallo, un ostacolo (resistenza elettrica) che (per la seconda legge di Ohm) è tanto maggiore quanto maggiori sono la lunghezza e la resistenza specifica (resistività) del metallo e quanto minore è la sezione del conduttore.
Come in un circuito idraulico, a parità di differenza di pressione applicata agli estremi, la portata è inversamente proporzionale alla resistenza idrodinamica del tubo, così in un circuito elettrico l'intensità di corrente, a parità di tensione agli estremi del circuito, è inversamente proporzionale alla resistenza elettrica.
Per quanto concerne la caduta di tensione (non si parla mai di caduta d'intensità ) in un circuito elettrico , analoga alla caduta di pressione in un circuito idraulico, si pensi di collegare il morsetto negativo di un voltmetro al polo negativo di una batteria collegata alla predetta spirale di nichel-cromo e di spostare con continuità dal polo positivo verso il polo negativo un contatto strisciante collegato al morsetto positivo del voltmetro: il voltmetro fornisce un valore di tensione che diminuisce con continuità da V a 0, essendo V la tensione misurata ai poli della batteria. Si osserva che la tensione “cade” con continuità da V a 0. Analogamente, nel circuito idraulico diversi manometri inseriti lungo il tubo,ad intervalli uguali, consentono di rilevare una pressione che decresce con continuità lungo il tubo da un valore massimo in prossimità dell'uscita (mandata) della pompa ad un valore minimo all'altro estremo del tubo.
Il momentaneo calo di tensione (quindi di luminosità delle lampade) che si osserva quando si inserisce un carico di notevole potenza, si spiega con la caduta di tensione (prodotto dell'intensità di corrente per la resistenza a monte del punto considerato, quindi proporzionale all'intensità di corrente richiesta dal carico) che si verifica sia a causa della resistenza interna del generatore (in pratica molto piccola nel caso della rete di distribuzione) sia soprattutto a causa della caduta di tensione relativa alla resistenza ohmica dei conduttori della linea di alimentazione del carico, caduta che è tanto minore quanto maggiore è la sezione dei cavi e quindi quanto minore è la loro resistenza.
Tanti cordiali saluti

 

Egregio professore,
 riguardo la domanda precedente sulla caduta di tensione, tutto chiaro, compreso il paragone idraulico, però non era quel che che chiedevo ( o forse non l' ho compreso io ) . Faccio un esempio : se ho un circuito alimentato con 200 V e una resistenza di 20 ohm , l'intensità sarà di 10 A. Se inserisco una resistenza ciinque volte maggiore , quindi 100 ohm , in base alla prima legge di Ohm, l' intensità sarà 2 A ( 200/100=2; ecco perché a me sembrava una caduta d'intensità ). Assodato che la resistenza provoca caduta di tensione V , se vogliamo rispettare la legge V= I R , la tensione diventerà 40 V e I diventerà 0,40 A
(la caduta d' intensità è molto più di cinque volte ).
 Quindi :
a ) sarà 200/2=100 ohm,  oppure 40/0,40=100 ohm ? Cioè quintuplicando la resistenza, gioco forza, o la tensione, o l'intensità, deve diventare la quinta parte . Quale delle due ? E' questo che non capisco . E poi negli esercizi vedo che si segue sempre la prima strada e cioè variare l' intensità con la resistenza, mentre la ddp rimane uguale.
D' altra parte se un generatore eroga corrente con ddp costante , non può cambiare la ddp tra i capi del circuito e allora bisogna seguire la prima strada.
 b ) Come Lei diceva, con un voltometro si può vedere che la tensione diminuisce lungo il circuito  ( ma quando va completamente a zero ?) ; ma gli effetti della resistenza non si propagano uniformemente per tutto il circuito ? La resistenza su dove, e quanta parte del circuito, ha potere di provocare caduta di tensione ? Se la fa diminuire in qualche punto,  fa aumentare la tensione in  un altro ? Anzi, rimanendo nel paragone idraulico, si può vedere che una strozzatura diminuisce il flusso nelle sue vicinanze, e anche in tutto il percorso, ma anche qui come va inteso ? Una diminuzione di portata ( intensità  ) o di pressione ( ddp ) ? Parziale o totale, in tutto il tubo ?
 c) E perché la diminuzione di luminosità , quando va un impianto in funzione, è solo iniziale,
se l' assorbimento da parte dello stesso è continuo ?
Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
a) Si consideri che, dato un resistore con resistenza R, la legge di Ohm, scritta come R = V/I, esprime la legge di proporzionalità diretta tra la tensione V ai capi di R e l'intensità di corrente I che fluisce in essa, il che significa che valgono non soltanto entrambi i rapporti 200/2=100 ohm e 40/0,40=100 ohm, ma tutte le infinite coppie di valori di V e I tali che il rapporto V/I sia sempre pari a 100 ohm.
In altri termini, si può pensare di applicare ai capi di R = 100 ohm qualsiasi valore V di tensione (variabile indipendente) (compatibilmente con la massima potenza in W (watt) dissipabile da R in calore (dissipazione o wattaggio)) , di misurare con un amperometro, collegato in serie con R, l'intensità di corrente I (variabile dipendente), e di calcolare il rapporto V/I, che, entro i limiti degli errori di misura, coincide sempre con il valore di R.
In alternativa, collegando in serie con R un reostato (resistore variabile), si può imporre il passaggio in R di una data intensità di corrente I (variabile indipendente) (sempre compatibilmente con la dissipazione in W di R) , misurando con un voltmetro, collegato in parallelo (o in derivazione) con R, la tensione V (variabile dipendente) = RI (cioè la caduta di tensione V = RI) ai capi di R. Per tutti i valori dell'intensità di corrente imposta I, il rapporto V/I coincide, entro i limiti degli errori di misura, con il valore di R. Quindi la legge di Ohm può essere verificata sperimentalmente,sia fissando, a piacere, la tensione V ai capi R e misurando I, sia fissando , a piacere, l'intensità di corrente I e misurando la tensione V ai capi di R.
Nell' esempio in figura, supponendo che il reostato RDF = 1000 W sia stato regolato, a piacere, in modo che sia RDE = 600 W il valore resistivo compreso tra i punti D e E e che la batteria abbia resistenza interna trascurabile ed una f.e.m. (forza elettromotrice) E = 200 V, se l'intensità di corrente misurata dall'amperometro (con resistenza interna Ra trascurabile) è I = 0,3125 A e la tensione tra i punti B e C è VBC = 6,5 V, la resistenza RBC offerta dal reostato RAC = 40 W tra i punti B e C è RBC = VBC /I = 6,5/0,3125 = 20,8 W.
In alternativa, regolando a piacere RDE = 250 W,l'intensità di corrente nel circuito è I' = E/(RAC + RDE) = 200/(40 + 250) A = 200/290 A = 0,689655 A. Di conseguenza, poichè si misura tra i punti B e C una tensione VBC = RBC I' = 20,8 x 0,689655 V = 14,34482 V, applicando la legge di Ohm (RBC = VBC /I '= 14,34482/0,689655 W = 20,799 W) , si riottiene il valore RBC = 20,8 W.
Variando l'intensità di corrente I' con il reostato RDF, si otterranno valori diversi di VBC, ma il rapporto RBC tra VBC e I' coinciderà, entro i limiti degli errori sperimentali, con il valore di 20,8 W.
b) Spostando il cursore B del reostato RAC da B verso A, si può verificare che la tensione VBC aumenta da 6,5 V a 40 x 0,689655 = 27,5862 V, in quanto la caduta di tensione VAB diminuisce gradualmente da 6,5 a 0 e la tensione VBC coincide con VAC quando i punti A e B coincidono.
Viceversa, spostando il cursore B del reostato RAC da B verso C, si può verificare che la tensione VBC diminuisce da 6,5 V a 0 , in quanto la caduta di tensione VAB aumenta gradualmente da 6,5 a 40 x 0,689655 = 27,5862 V e la tensione VBC si annulla quando i punti B e C coincidono.
L'aumento di resistenza (elettrica, o idrodinamica, per es. per effetto di una strozzatura del tubo) in un punto qualsiasi del circuito elettrico (o idraulico), causa una diminuzione dell'intensità di corrente (o della portata) in tutti i punti del circuito. Infatti,se nel circuito in figura si collega in serie un ulteriore resistore R', l'intensità diminuisce in tutti i punti del circuito: I'' = E/(RAC + RDE + R') .
Si suppone che la batteria e la pompa mantengano alle estremità del circuito rispettivamente una tensione costante o una differenza di pressione costante, cioè che la loro resistenza interna (elettrica o idrodinamica) sia trascurabile.
c) Consideriamo questo esempio pratico: L'intensità luminosa dei fari di un'auto diminuisce temporaneamente quando viene avviato il motore. Infatti, poichè l'intensità della corrente assorbita dal motorino di avviamento allo spunto può raggiungere per qualche secondo il valore di oltre un centinaio di ampere, finchè il motore non si avvia, supponendo di avere una resistenza interna della batteria Ri = 0,015 W ed un'intensità di corrente massima Imax = 180 A, la tensione ai poli della batteria si abbassa dal valore nominale E = 12 V (f.e.m.) al valore V = E - Imax Ri = (12 - 180 x 0,015) V = (12 - 2,7) V = 9,3 V, con una caduta di tensione di 2,7 V all'interno della batteria. A motore avviato il motorino si disinserisce automaticamente e la tensione ai poli risale, dopo il sovraccarico, ad un valore tipico intorno a 14 V per effetto della corrente di carica erogata dall'alternatore.
Sovraccarichi temporanei analoghi si verificano in coincidenza con l'avviamento di motori elettrici sia in corrente continua che in corrente alternata (frigoriferi, autoclavi, ascensori, ecc...), in quanto nella fase di avviamento un motore con il rotore fermo o rotante a velocità inferiore a quella a regime, equivale quasi ad un cortocircuito di brevissima durata sulla linea di alimentazione.
Tanti cordiali saluti.

 

Egregio professore,
 A) vorrei che mi fosse spiegato che cos' è fisicamente la risonanza . Mi spiego : io la intuisco , intuisco che può essere, se do il colpetto giusto a un'altalena o a un pendolo che oscillano , ed essi aumentano la frequenza,  o anche se un' onda acustica coincide con la frequenza di un oggetto ( pare che addirittura lo possa rompere ) , intuisco la risonanza in un circuito RLC, ma fisicamente che cos'è ? L' energia giusta per originare un' onda che avrà  la stessa frequenza di quella in considerazione, o cosa ?
E che cos' è la frequenza di risonanza di un oggetto ? Il numero di vibrazioni al secondo se viene percosso ?
 B ) Riguardo all'ultimo punto della domanda precedente sul calo momentaneo di luminosità, capisco che quando il motorino di avviamento si disinserisce si ripristinano i valori iniziali della tensione, ma per gli altri impianti, che rimangono in funzione e non si disinseriscono, solo le variazioni nei loro motori provocano un maggior assorbimento ? Vale anche quando si spengono ? Perché la continuità, quando sono a regime, non lo provoca ?
Poi due curiosità :
 1) la lettera L che si usa per indicare l'induttanza da che deriva ? Ho visto che nessun termine inglese ( induttanza, bobina ) inizia con questa lettera !
 2 ) Ho aperto il filo di un trasformatore ( per procurarmi una fonte di ca a basso voltaggio ) di un telefono cordless e ho visto  che son quattro terminali, separati a due a due ( forse per questo si chiama doppino telefonico ?) .Che senso ha questa coppia, anziché un classico filo , con un positivo e un negativo ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
A) La risonanza (meccanica, acustica, elettrica) è la massima ampiezza della risposta periodica (rispettivamente spostamento di una massa oscillante, ampiezza di un'onda sonora, tensione o intensità di corrente alternata) data da un sistema (rispettivamente meccanico, acustico, elettrico) per effetto di
un' eccitazione periodica (rispettivamente forza periodica, onda acustica, tensione o intensità di corrente alternata ) con frequenza pari alla frequenza caratteristica del sistema (frequenza di risonanza) e di ampiezza molto minore di quella della risposta che si ottiene.
In tutti e tre i casi, nella condizione di risonanza si verifica una completa conversione bidirezionale e periodica, rispettivamente: di energia potenziale gravitazionale (altalena) o elastica (sistema massa-molla, vedi sospensioni elastiche dei veicoli) in energia cinetica di una massa oscillante, di energia potenziale elastica del mezzo di propagazione (metallo, liquido o gas) in energia cinetica molecolare o di una corda (o membrana vibrante), e di energia potenziale elettrostatica immagazzinata nel campo elettrico di un condensatore carico in energia del campo magnetico di un'induttanza. Questa periodica conversione si verifica se la frequenza dell'eccitazione periodica coincide con una delle frequenze di risonanza del sistema (vedi frequenze armoniche di corde e canne d'organo o frequenze naturali di un ponte sollecitato dal vento) o con la frequenza di risonanza di un circuito elettrico LC (induttanza + condensatore, vedi circuito di sintonia di un radioricevitore o di un televisore) o con la frequenza di risonanza di un pendolo, di un'altalena o di un sistema massa-molla.
Ricorrendo ad un'analogia molto nota tra sistemi risonanti meccanici ed elettrici, si può dire che la massa M di un sistema meccanico sta all' induttanza L di un circuito risonante come la costante di forza elastica K di una molla sta all'inverso della capacità C: la frequenza di risonanza è fo = 1/[6,28 sqrt (M/K)] nel caso meccanico e fo = 1/[6,28 sqrt (LC)] nel caso elettrico. Se in un sistema meccanico non esistessero le forze d'attrito (sia radente che viscoso), l'ampiezza della risposta diventerebbe teoricamente infinita per f = fo e così anche,se in un sistema elettrico fossero nulle le perdite resistive (per effetto Joule), l'intensità di corrente o rispettivamente la tensione (a seconda che si trattasse di un circuito LC-serie (L in serie con C e con il generatore di tensione alternata) o LC-parallelo (L in parallelo con C e con il generatore di corrente alternata) , sarebbero teoricamente infinite. Fisicamente però l'ampiezza della risposta non può essere infinita, ma è tanto maggiore quanto maggiore è il cosiddetto fattore di merito del sistema risonante, cioè quanto minori sono le perdite per attrito o resistive. Se la frequenza di trasmissione di una stazione radio FM è per esempio fo = 100 MHz (100 milioni di oscillazioni al secondo), significa che il segnale ricevuto assume la massima ampiezza soltanto quando la manopola che agisce sul condensatore variabile di sintonia viene fatta ruotare delicatamente fino a fare in modo che la frequenza di risonanza del circuito LC del ricevitore coincida (o quasi) con la frequenza di 100 MHz. In altri termini, dal punto di vista fisico, in un sistema risonante di qualsiasi tipo, nella condizione di risonanza la periodica e bidirezionale conversione energetica suesposta tende a diventare quasi completa, di modo che basta una sollecitazione periodica di ampiezza molto piccola, appena sufficiente a compensare le perdite energetiche per attrito o per effetto Joule, per ottenere una risposta molto più ampia dell'eccitazione applicata. Ecco perchè nel 1940 negli USA crollò il ponte di Tacoma, per effetto della risonanza indotta dalle raffiche di vento, le cui frequenze erano casualmente moto vicine alle frequenze naturali del ponte.
Ecco perchè un'altalena, purchè riceva spinte periodiche piccole, ma con frequenza prossima a quella di oscillazione del pendolo che serve a schematizzarla, può compiere, dopo una fase transitoria iniziale, oscillazioni di notevole ampiezza.
B)Mentre i sovraccarichi prodotti dall'avviamento dei motori sono temporanei, si verificano sempre cadute di tensione stabili lungo i conduttori della linea di alimentazione e direttamente proporzionali all'intensità di corrente assorbita. Ovviamente la caduta di tensione statica causata da una lampada da 100 W è 10 volte minore di quella relativa ad una stufa da 1000 W , essendo dieci volte maggiore l'intensità di corrente nel secondo caso.
Infine, a circuito aperto, cioè con tutti gli interruttori aperti, la caduta di tensione è nulla essendo nulla l'intensità di corrente.
Curiosità
1) L' induttanza di un circuito elettrico si indica con la lettera L maiuscola per ricordare il fisico tedesco Heinrich Friedrich Emil Lenz (1804-1865), che introdusse il segno meno nella legge di induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann;
2) Qualsiasi telefono fisso è collegato alla linea telefonica attraverso un trasformatore di linea (forchetta telefonica) che , oltre a garantire la separazione metallica del circuito locale di abbonato dalla linea telefonica, serve a trasformare il circuito a 4 fili del telefono (due per il microfono e due per l'auricolare) nel circuito bidirezionale a due fili che collega l'abbonato alla centrale, attraverso vari armadi di permutazione. Il doppino telefonico (twisted pair) , detto anche coppia, è costituito da due fili di rame isolati intrecciati e di colori diversi, e serve a collegare il telefono alla centrale, attraverso la forchetta, che è dotata di un avvolgimento collegato alla linea e di altri due avvolgimanti collegati rispettivamente al microfono ed all'auricolare. La forchetta viene progettata in modo tale che l'utente non senta nell'auricolare il ritorno della propria voce (circuito antilocale) (il segnale si propaga soltanto dal microfono verso il doppino) e che contemporaneamente il segnale telefonico generato dal microfono remoto si propaghi soltanto verso l'auricolare.
Tanti cordiali saluti

 

Egregio prof:re,
mi potrebbe spiegare che tipo di ricerca stanno esperimentando in questi giorni gli scienziati del CERN, mi pare che vorrebbero scoprire l'origine del grande big-bang, in cui si siano formate molecole e di seguito materie diverse. Mi pare che uno scienziato tedesco abbia dato l'allarme per questo tipo di esperimento in quanto lo riteneva pericoloso poichè si sarebbero potuti formare dei buchi neri tali da inghiottire tutto il pianeta.
La saluto e La ringrazio tantissimo.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Le consiglio anzitutto, per una migliore comprensione della risposta, la lettura delle pagine di cui ai seguenti link:
F.A.Q. - Le domande più frequenti sul mondo fisico
L'esplorazione del microcosmo nel XX secolo - pag. 4
Il modello standard
Leptoni
Quark
Gli adroni
I vettori dei campi quantistici
Mesoni
Barioni
Memorandum
La supermacchina acceleratrice LHC (Large Hadron Collider),collaudata presso il CERN di Ginevra alle ore 9,30 del 10 settembre 2008, è costituita essenzialmente da un doppio anello sotterraneo, della circonferenza di 27 km, situato ad una profondità di 100 m. Il doppio anello passa attraverso 1624 elettromagneti superconduttori dipolari (N-S) , ciascuno della lunghezza di 15 m, con avvolgimenti in lega superconduttrice di Niobio-Titanio, raffreddati con circolazione di elio liquido a 1,9 °K (-271,1 °C) ed inseriti ad intervalli regolari per guidare i fasci di protoni lungo la traiettoria circolare. Per focalizzare i fasci di protoni vengono invece utilizzati altri 393 elettromagneti superconduttori quadripolari (N-S-N-S), ciascuno della lunghezza di 7 m,disposti anch'essi lungo il doppio anello, ad intervalli regolari. I campi magnetici generati dagli elettromagneti superconduttori sono circa 140000 volte più intensi (9,8 T , tesla) del massimo valore del campo magnetico terrestre (7 x 10 -5T ai poli) .In ciascun anello viene costantemente mantenuto il vuoto spinto alla pressione di 10-6 torr (mm di mercurio), al fine di minimizzare le collisioni con le molecole gassose e le relative perdite energetiche.
Considerando che in ciascun anello viene iniettato dal vecchio SPS (il SuperProtoSincrotrone che consentì a Carlo Rubbia nel 1983 di rivelare i bosoni vettoriali W e Z°, confermando sperimentalmente la teoria elettrodebole di Salam-Winberg-Glashow (1976 - 1970)), un fascio di protoni con energia di 450 GeV, che i fasci circolano in versi opposti, guidati e focalizzati dagli elettromagneti superconduttori di cui sopra, e che vengono ulteriormente accelerati, fino a raggiungere l'energia massima prestabilita, da campi elettromagnetici a radiofrequenza passando attraverso cavità risonanti inserite ad intervalli regolari lungo il doppio anello, si comprende come sia possibile far collidere i fasci tra loro, creando lungo il doppio anello, mediante opportuni magneti di correzione della traiettoria, alcune zone di intersezione in cui vengono posizionati i vari rivelatori (ATLAS, CMS, LHCB e ALICE) dei prodotti di collisione, gestiti da sofisticatissimi sistemi di acquisizione dati in grado di acquisire ed elaborare in tempo reale l'enorme mole dei dati (carica elettrica, spin, quantità di moto, energia e numero delle particelle prodotte) associati agli eventi prodotti dagli urti frontali protone-protone.
Si tenga presente che il collaudo del 10 settembre è stato effettuato iniettando un solo fascio di protoni per verificare soltanto la regolarità del moto circolare degli stessi lungo l'anello. I collaudi proseguiranno nel mese di settembre 2008 con entrambi i fasci attivati, per verificare che i protoni di ciascun fascio raggiungano l'energia di 5000 GeV (5 TeV). Successivamente l' LHC sarà collaudato fino all'energia massima prevista di 7 TeV per fascio. Produrre urti frontali tra protoni aventi la stessa energia e circolanti in sensi opposti offre il notevole vantaggio della conversione completa dell'energia dei fasci in massa, in base alla relazione einsteiniana E = mc2. Si pensi infatti di produrre un urto frontale tra due corpi con la stessa massa e la stessa energia cinetica, e quindi con velocità e quantità di moto uguali e contrarie. Per il principio di conservazione della quantità di moto, la somma vettoriale delle quantità di moto, nulla prima dell'urto (mv - mv = 0) , rimane nulla anche dopo l'urto, e durante l'urto tutta l'energia cinetica delle masse si converte in energia elastica di deformazione dei corpi, che in alcuni casi, per la notevole violenza dell'urto, possono ridursi ad un'unica massa (2m) con energia cinetica finale nulla.
Nel caso delle particelle, facendo collidere due fasci di protoni controrotanti da 7 TeV (energia massima per fascio), si rende disponibile nell'urto un'energia di 14 TeV, che è 7 volte più grande dell'energia resa disponibile dal Tevatron del Fermilab di Chicago (2 TeV con fasci da 1 TeV), il più grande collisore mondiale prima dell'entrata in funzione dell' LHC.
Per tornare al big bang, caratterizzato da una temperatura iniziale di 1032K° e la cui durata deve essere stata comparabile con il cosiddetto tempo di Planck tP = 10-44 s, quando cioè l'universo era assimilabile ad una sfera infinitesima con diametro pari alla lunghezza di Planck lP= 10-35 m, si deduce che l' energia di agitazione termica iniziale dell'universo , per T = 1032K° e considerando che l'energia di 1 eV (elettronvolt) equivale a 10000 °K, deve essere stata pari a
1032K°/104K° = 1028 eV = 1019GeV = 1016TeV, cioè 1016TeV/14 TeV = 7,142 x 1014 volte maggiore dell'energia massima di LHC. Considerando inoltre che vengono rivelati, sia pure con probabilità molto piccola, raggi cosmici rari, con energie dell'ordine di 1020 eV = 108 TeV , cioè 108 TeV/14 TeV = 106 volte maggiore di 14 TeV, risulta evidentissima l'infondatezza delle sciocche previsioni di catastrofi collegate agli esperimenti effettuabili con il Large Hadron Collider di Ginevra. L'accidentale o voluta formazione di microbuchi neri, peraltro già prodotti qualche anno fa presso il Fermilab di Chicago da 2 TeV, non solo implicherebbe energie 714200 miliardi di volte inferiori a quella del big bang ed 1 milione di volte inferiori a quelle dei raggi cosmici più energetici, ma verrebbe neutralizzata dal loro decadimento in particelle elementari di vario tipo per effetto della radiazione di Hawking, che risulta tanto più intensa quanto minore è il raggio di Schwarzschild (orizzonte degli eventi) caratteristico del buco nero (Rs = 2GM/c2) . Se M = 14 x 1012eV x 1,6 x 10 -19 J / c2 = 2,24 x 10-6/9 x 10 16 = 2,488 x 10-23g, Rs = 2 x 6,67 x 10-11 x 2,488 x 10-23 /9 x 10 16 = 3,687 x 10-50 m , che risulta 10-50 /10-35 = 10-15, cioè 1015volte minore della lunghezza tipica della scala di Planck !!!
Ecco perchè le antiscientifiche previsioni di catastrofe diffuse nell'imminenza del collaudo di LHC non sono altro che bufale mediatiche !
Gli esperimenti eseguibili con LHC consentiranno anzitutto di esplorare bene la regione delle alte energie corrispondenti alla fase in cui l'universo, 10-11 s dopo il big bang, era caratterizzato da una temperatura intorno ai 1016 °K, corrispondente ad un'energia di agitazione termica di 1016/104 = 1012 eV = 1 TeV.
Questa fase corrisponde alla cosiddetta transizione elettrodebole, che partendo dalle tre forze (gravità , forza subnucleare forte e forza elettrodebole) esistenti dopo il completamento della fase dell'inflazione (rapidissima espansione iniziale dell'universo verificatasi 10-33 s dopo il big bang), diede origine, per rottura di simmetria, alle quattro forze fondamentali attuali: gravità, forza subnucleare forte, forza subnucleare debole, forza elettromagnetica. In particolare, dall'unica forza supersimmetrica esistente al momento del big bang, forza caratteristica della fase in cui tutte e quattro le forze fondamentali (gravitazionale, subnucleare forte, subnucleare debole, elettromagnetica) avevano la stessa intensità, durante il rapido raffreddamento conseguente all'inflazione si sarebbe verificata una prima rottura della simmetria iniziale, con la separazione della gravità da una superforza unificata corrispondente alla stessa intensità della forza subnucleare forte,agente tra i quark, e della forza elettrodebole, associata all'unificazione (con identità di intensità) delle forze elettromagnetica e subnucleare debole (forza responsabile del cambiamento di sapore dei quark). Una successiva rottura di simmetria si sarebbe verificata con la transizione della grande unificazione, 10-33 s dopo il big bang, durante la quale la superforza unificata avrebbe dato origine all'attuale forza subnucleare forte agente tra i quark (forza di colore) ed alla forza elettrodebole (di Salam, Weinberg, Glashow). Infine, 10-11 s dopo il big bang un'ultima rottura di simmetria avrebbe dato origine alle attuali 4 forze: elettromagnetica , subnucleare debole (10-11 volte meno intensa di quella elettromagnetica) , subnucleare forte (100 volte più intensa di quella elettromagnetica) e gravitazionale (1038 volte più debole della forza subnucleare forte).
Le rotture di simmetria associate alle varie fasi sarebbero state prodotte dall'interazione dei tre campi quantistici (subnucleare forte o gluonico, elettromagnetico ed elettrodebole) , gravità a parte, con un ulteriore campo ipotizzato da Peter Higgs nel 1964 per spiegare la rottura di simmetria che implicò la transizione elettrodebole dai quattro bosoni vettoriali di campo (con spin unitario e massa nulla),fotone, bosone W+, bosone W- e bosone Z° ai bosoni di campo attuali, corrispondenti al fotone ed ai tre predetti bosoni che, avendo acquisito massa,attraverso l'ipotizzata interazione con il campo scalare (con spin 0) di Higgs, non possono più muoversi alla velocità della luce, come invece si verifica per il fotone, che è privo di massa, ma si muovono sempre con velocità inferiori a quella della luce come ogni altra particella dotata di massa.
Ecco perchè si afferma che, se il bosone di Higgs non sarà rivelato attraverso LHC, bisognerà riscrivere la fisica degli ultimi 40 anni , a causa dell'incompatibilità con il modello standard che ha consentito ai fisici di raggiungere tanti splendidi traguardi nella scoperta della struttura e delle leggi che governano il microcosmo che sta alla base dell'universo.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
vorrei qualche chiarimento riguardo alcuni enunciati non commentati:
 1)  In uno si sosteneva che una calamita che cade in un solenoide, avrà un moto rettilineo  uniforme. Come si fa a stabilire che la forza magnetica che ne deriva per induzione , e che contrasta g , sia proprio uguale a g , tale che il moto diventa uniforme ?
 2) In un altro simile si sostiene che su una spira che cade, agirà una  forza verso l'alto, che si somma a quella di gravità  : ma la forza magnetica terrestre e quella di gravità non agiscono entrambe verso il basso ?  
3) In un altro ancora , si dice che avvicinando un circuito con generatore ad un altro circuito, si legge una corrente positiva e se lo si allontana , però aumentando la tensione, non si leggerà una corrente negativa. Ora , è chiaro che allontanandolo sarà negativa, ma chiedo : un aumento di tensione comporta sempre corrente positiva ? Così come una diminuzione , una negativa ?  Immagino perché se, convenzionalmente il verso della corrente è positivo  da + a - , un aumento di ddp aumenterà la corrente da + a - , come al contrario una diminuzione di ddp la diminuirà. E' così ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco
1) Consideriamo un solenoide rettilineo di lunghezza L, costituito da N spire di sezione S, chiuse in cortocircuito ed un magnete rettilineo di lunghezza L e sezione circa uguale a S e tale che il magnete possa cadere senza attrito all'interno del solenoide. Supponendo che il magnete, capace di generare un'induzione magnetica B, venga lasciato cadere da una posizione ho tale che la faccia del suo polo magnetico inferiore si trovi all'inizio dell'avvolgimento del solenoide e che le spire siano state avvolte a strati regolari, in modo tale che si possa considerare costante il rapporto N/L (spire per unità di lunghezza), durante la caduta del magnete di un tratto infinitesimo dh, il flusso d'induzione magnetica (infinitesimo) dF(B) = (N/L) BS dh concatenato con le spire (N/L) dh comprese nel tratto dh, si può esprimere come dF(B) = (N/L) BS v dt, essendo v = gt la velocità di caduta libera del magnete, inizialmente (prima di assumere il valore costante finale) direttamente proporzionale al tempo. Di conseguenza, applicando la legge d'induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz Eind = - dF(B)/dt (derivata del flusso rispetto al tempo), si calcola la f.e.m. indotta Eind = - dF(B)/dt = -(N/L) BS v dt/ dt = -(N/L) BS v .
Questa forza elettromotrice indotta fa circolare nelle spire del solenoide, con resistenza ohmica R, la corrente indotta Iind = (N/L) BS v/R, fornendo una potenza elettrica (frenante, per la legge di Lenz),
Pind = Eind x Ind = (N/L) BS v x (N/L) BS v/R = (NSBv/L)2/R. Considerando che la potenza generata cresce con il quadrato della velocità, si comprende (si pensi all'effetto paracadute, formalmente analogo al nostro fenomeno) come si raggiunga una condizione di equilibrio tra la forza motrice gravitazionale Fm = Mg (M è la massa del magnete) e la forza frenante elettromagnetica Fi, pari al rapporto Pind/v: Mg = (NSBvlim/L)2/(Rvlim) = (NSB/L)2vlim/R, dove vlim = RMg[L/(NSB)]2 è la velocità costante finale (a regime). Se invece le spire non fossero chiuse in cortocircuito, il magnete cadrebbe liberamente.
2) Si tratta di un fenomeno analogo al precedente. Considerando che in questo caso interviene soltanto la componente verticale del campo magnetico terrestre e che la corrente indotta nella spira chiusa, durante la caduta, per la legge di Lenz (segno - ), come nel caso precedente, ha sempre verso tale da opporsi alla causa che la genera, si comprende come, essendo la forza frenante diretta verso l'alto, una spira di massa M debba muoversi , a regime, con velocità costante vlim = RMg[d/(BTS)]2, dove BT è la componente verticale del campo magnetico terrestre e d è il diametro del conduttore che costituisce la spira.
3) Se nella fase di allontanamento del circuito inducente (contenente il generatore) dal circuito indotto, viene fatta aumentare opportunamente la f.e.m. del generatore , la diminuzione del flusso magnetico concatenato al circuito indotto, causata dall'allontanamento,viene compensata dall'aumento dell'intensità di corrente che fluisce nel circuito inducente, e se l'aumento è sufficiente, si ottiene la compensazione della diminuzione di flusso, con la conseguenza che la corrente indotta non cambia verso, come normalmente si verifica.
Tanti cordiali saluti

   

Egregio professore,
nel ringraziarla sempre della Sua gentilezza, Le chiedo  qualche ulteriore chiarimento riguardo la risposta precedente .
 1)  Per il punto 1 vorrei sapere, una volta raggiunta la condizione di equilibrio, sia nel caso della forza elettromagnetica frenante che nel caso del paracadute, perché essa non cambia più a favore di una delle due ? Più specificamente nel caso del paracadute, come si calcola la forza frenante ?
 2) Per questo punto , sì,  la forza frenante è diretta verso l'alto, ma quello che mi ha rimasto perplesso è che si diceva che essa si somma a quella di gravità. Devo intendere che si somma algebricamente, cioè sommando due segni contrari  ?
 3) Per quest'altro punto, infine,  vorrei sapere , più in generale, la corrente prodotta da un aumento di tensione, che verso avrà . Penso che un aumento di tensione possa  generare anche corrente negativa . Nel caso dell' esercizio in questione, devo dedurre che l'aumento di tensione genera corrente positiva perché nel testo si dice che avvicinando il circuito col generatore si registra una corrente positiva , o proprio perché l'aumento di tensione genera corrente positiva ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
1) Nel caso del paracadute, considerando che la resistenza aerodinamica è direttamente proporzionale alla sezione S del paracadute ed al quadrato della velocità, applicando la seconda legge della dinamica si ottiene: Ma = Mg - KS v2. Nella fase iniziale della discesa, prima che la velocità assuma il valore costante a regime vreg , (quando cioè il paracadutista, per la prima legge della dinamica (principio d'inerzia) , si muove di moto rettilineo uniforme), il paracadutista scende con velocità crescente,minore dì quella corrispondente alla caduta libera a causa della resistenza aerodinamica, fino al momento in cui la resistenza aerodinamica compensa esattamente il peso: Mg = KS vreg2. Non appena, verificatasi questa condizione, vreg = SQRT[ Mg/(KS)], annullandosi la forza risultante, cioè la somma vettoriale (pari alla differenza dei moduli) del peso e della resistenza aerodinamica, il moto diventa rettilineo uniforme e si mantiene tale fino al momento dell'atterraggio. Infatti, poichè il moto avviene con velocità costante, anche la resistenza aerodinamica resta costante. Nel caso del magnete, invece, la forza frenante è direttamente proporzionale alla velocità e si ha l' equilibrio dinamico e quindi il moto rettilineo uniforme quando (NSB/L)2v/R = Mg.
2) La somma della forza peso e della forza frenante è da intendersi come somma vettoriale, la quale, essendo i vettori paralleli e con versi opposti, coincide con la somma algebrica, che si annulla in condizioni di equilibrio.
3) Per la legge di Faraday-Neumann (prescindendo dal segno meno della legge di Lenz) l'intensità della corrente indotta è I(t) = (1/R) DF (B)/D. Pertanto, durante l'avvicinamento del circuito inducente al circuito indotto, avendosi un aumento di flusso magnetico, DF (B) > 0, si ha una corrente indotta, che si può considerare, per convenzione, positiva. Quando il circuito inducente viene allontanato, senza aumentare l'intensità di corrente erogata dal generatore, avendosi una diminuzione del flusso magnetico, DF (B) < 0, la corrente indotta è di segno contrario (per convenzione negativa). Se invece, durante l'allontanamento, la corrente erogata dal generatore viene fatta aumentare in modo tale da sovracompensare la diminuzione del flusso, DF continua a mantenersi positivo come nella fase di avvicinamento, e la corrente indotta non cambia verso.
Tanti cordiali saluti

 

Gentilissimo prof. ,
Considerando che, quando un sommergibile deve immergersi in mare , per ottenere ciò si devono aprire le valvole dei compartimenti stagni affinchè lo scafo affondi per il principio di Archimede ,mi chiedo che succede se sbadatamente le valvole non vengono richiuse?
Ringrazio anticipatamente per la cortesia - Andrea.

Gent. mo Andrea,
Un sommergibile è dotato di parecchi compartimenti stagni, la maggior parte dei quali (serbatoi principali di zavorra, main ballast tanks) sono progettati in modo tale che il loro completo allagamento garantisca l'equilibrio tra il peso e la spinta idrostatica, per mantenere il sommergibile in condizioni di equilibrio indifferente ad una qualsiasi profondità. Vengono inoltre utilizzati alcuni serbatoi ausiliari (negative ballast tanks) che servono, con il loro totale allagamento, ad appesantire il sommergibile,in modo tale da garantirne la rapida immersione con le valvole tutte aperte.
Pertanto, dimenticare aperte le predette valvole ha come diretta conseguenza la rapida immersione del sommergibile, che può essere rallentata o, se necessario, arrestata, pompando nei serbatoi ausiliari aria compressa a parecchie centinaia di atmosfere per ottenere la rapida espulsione dell'acqua immessa in precedenza e ripristinare l'equilibrio o la prevalenza della spinta idrostatica rispetto al peso.
weblink :https://maritime.org/fleetsub/
Tanti cordiali saluti

Ch.mo Prof. Cucinotta,
essendomi imbattuto nel Vostro interessantissimo sito e avendo visto che in esso c'è anche un apposito spazio per porre domande, ho pensato di cogliere l'occasione per farVi una domanda inerente la definizione verbale di energia, cosa che mi "tormenta" assai (sono infatti un appassionato di didattica della fisica).
Mi spiego: su di un libro che riporta svarioni che compaiono sui manuali di fisica ("100 ERRORI DI FISICA PRONTI PER L'USO" ci si può fidare dei libri di testo? Schonenfel & Ziegler editore) si legge che l'usuale definizione verbale dell'energia quale "capacità di compiere lavoro" è errata in quanto tra energia di un corpo e lavoro da esso compiuto non esiste in realtà alcuna correlazione generale.
Ne seguirebbe allora, come conseguenza, che è pure errata la regola, mutuata dal principio di azione e reazione, secondo la quale un corpo che lavora positivamente su di un altro corpo B subisce da questo un lavoro uguale e contrario a quello che esegue, ovvero che chi lavora positivamente cede energia mentre chi lavora negativamente acquista energia.
A riprova di ciò l'autore riporta il seguente esempio:
 "un blocco A, portatore di una carica elettrica positiva, viaggia per inerzia su di un piano orizzontale, in assenza d'aria e di attrito, soggetto solo al peso e alla reazione (uguale e contraria) del vincolo, verso un blocco B che non ha possibilità di movimento, a sua volta carico di segno più. Dato che ognuno dei due blocchi esercita sull'altro una forza repulsiva, dal momento del lancio in poi A procede verso B perdendo via via velocità: se la sua velocità iniziale non è troppo grande, si arresta prima di arrivare a contatto con B per poi ripartire immediatamente dopo in direzione opposta. Durante la fase di rallentamento A perde tutta la sua energia cinetica: quanto lavoro ha compiuto? Zero, visto che B, al quale è applicata la forza proveniente da A, non si è mosso. Viceversa B, pur essendo completamente privo di energia cinetica ha compiuto un lavoro resistente esattamente uguale all'energia cinetica persa da A. E, dato che nulla vieta di ripetere l'esperienza all'infinito, la conclusione è che da un corpo privo di energia cinetica ci si può aspettare un lavoro comunque grande".
 A me tale esempio non convince affatto, pertanto Vi scrivo per sapere:
- il Vostro parere in merito a ciò
- se Vi viene in mente un altro esempio, di natura strettamente meccanica, che possa rendere conto di quanto l'autore afferma (sempre che ciò sia effettivamente corretto...).
Vi chiedo infine quale definizione verbale, che oltre che essere ineccepibile sia pure didatticamente valida, si potrebbe dare per l'energia?
 Grazie in anticipo per la risposta che vorrete darmi.
Cordiali saluti
Roberto


Gent.mo Roberto,
Posso fornire la seguente definizione dell'energia, valida anche ai fini didattici:
“L'energia (di qualsiasi natura: cinetica,potenziale,elettrica,magnetica,nucleare) di un corpo o di un sistema materiale è una grandezza fisica scalare la cui variazione, positiva o negativa, uguaglia rispettivamente il lavoro (positivo) Lp compiuto sul corpo o sul sistema materiale considerato da parte di un altro corpo o di un altro sistema materiale, o il lavoro (negativo) Ln subito dal corpo o dal sistema materiale considerato per l'azione di un altro corpo o di un altro sistema materiale":
Lp = Efinale - Einiziale; (Efinale > Einiziale);
Ln = Efinale - Einiziale; (Efinale < Einiziale).
Fisicamente hanno significato soltanto le variazioni di energia di un corpo o di un sistema materiale, che vengono misurate attraverso il lavoro compiuto o subito: L (> 0 o < 0) = Efinale - Einiziale.
Esempio
Quando consideriamo l'urto elastico tra due palle da bigliardo, misuriamo soltanto la variazione di energia cinetica di ciascuna palla conseguente alle forze impulsive di deformazione elastica (di azione e reazione) che agiscono durante l'urto, attraverso conversione di energia cinetica in energia potenziale elastica, e viceversa, prescindendo da tutte le altre possibili forme di energia associate alle due biglie,cioè non considerando, per esempio, con riferimento alla teoria della relatività speciale, l'enorme energia associata alla massa a riposo (massa di quiete e relativa energia a riposo) Mo di ciascuna biglia, E = Mo c2 .
Se Mo = 0,2 Kg, E = Moc2 = [0,2 x (3 x 10 8 )2 ] J = [0,2 x 9 x 1016] J = 1,8 x 1016 J.
Solo nel caso in cui i protoni ed i neutroni degli atomi costituenti le biglie fossero riscaldati a temperature di parecchie decine di milioni di gradi kelvin, allo stato di plasma, si verificherebbero eventi di fusione nucleare di nuclei leggeri (idrogeno,deuterio,trizio), con la formazione di elio-4,, in base alla conversione della massa in energia e compatibilmente con il difetto di massa caratteristico della nucleosintesi dell'elio-4 da nuclei più leggeri.
Nell'analisi del fenomeno prescindiamo altresì , sia dall'energia elettrostatica (attrattiva o repulsiva) derivante da eventuali cariche elettriche acquisite dalle biglie prima dell' urto, sia dalla loro temperatura, da cui dipende l'energia totale di agitazione termica di tutte le molecole del materiale (avorio) di cui sono fatte le biglie. Se ne deduce pertanto , in questo caso come in casi analoghi, che l'espressione “energia di un corpo” non ha significato fisico, in quanto lo studio dell'urto dal punto di vista cinematico implica soltanto la misura della variazione di energia cinetica di ciascuna biglia per effetto dell'urto elastico, prescindendo da tutte le altre forme di energia.
Tornando all'esperimento concettuale citato,faccio notare anzitutto che nel caso di forze gravitazionali ed elettromagnetiche i corpi interagiscono non direttamente (vedi vecchio modello dell'azione a distanza delle leggi di Newton e Coulomb), ma, come enunciò Einstein (1905), attraverso i rispettivi campi, con un ritardo calcolabile in funzione della distanza tenendo conto del valore finito della velocità della luce (velocità di propagazione dell'interazione). Pertanto sono i campi elettrici, magnetici, elettromagnetici e gravitazionali i mediatori dell' interazione tra corpi, e questi ultimi scambiano energia e quantità di moto soltanto attraverso i campi: nel caso citato, il blocco A, carico positivamente e mobile senza attrito, compie lavoro contro il campo elettrostatico generato dal blocco B,fisso e carico positivamente. Mentre il blocco A avvicinandosi a B subisce un decremento di energia cinetica che si converte in aumento di energia potenziale elettrostatica, il blocco B, essendo fisso nel sistema terrestre e comportandosi pertanto, durante l'urto elastico, come un corpo di massa enormemente più grande (massa della terra) di quella di A, assorbe quasi tutta la quantità di moto del corpo A acquisendo una velocità quasi nulla. Applicando i principi di conservazione dell'energia cinetica e della quantità di moto e considerando che VBiniziale = 0, si ottiene:
1) (1/2)MAVAiniziale2 = (1/2)MAVAfinale2 + (1/2)MBVBfinale2;
2) MAVAiniziale = MAVAfinale + MBVBfinale;
1') MA(VAiniziale2 - VAfinale2) = MBVBfinale2;
2') MAVAiniziale - MAVAfinale = MBVBfinale;
Dividendo membro a membro l'eq. 1') per l'eq. 2'), si ha: VAiniziale + VAfinale = VBfinale;
VAfinale = VBfinale - VAiniziale;
MAVAiniziale - MAVAfinale = MBVBfinale;
MAVAiniziale - MAVBfinale + MAVAiniziale = MBVBfinale;
VBfinale = [2MA/(MA+MB)]VAiniziale;
Essendo MB di gran lunga maggiore di MA, si ha: VBfinale = 0 e VAfinale = - VAiniziale.
Di conseguenza, il blocco A si avvicina a B fino alla distanza d corrispondente alla totale conversione della sua energia cinetica (1/2)MAVAiniziale2 in energia potenziale elettrostatica: KC QAQB/d2: d = SQRT[2 KC QAQB/(MAVAiniziale2)].
Successivamente l'energia potenziale elettrostatica si converte in energia cinetica, con il totale recupero della velocità iniziale da parte del corpo A, che rimbalza a 180° (VAfinale = - VAiniziale),se l'urto è frontale.
Le forze elettriche che A esercita su B e B esercita su A sono forze di azione e reazione, interne al sistema dei due blocchi ed uguali e contrarie, il che implica la conservazione della quantità di moto totale del sistema.
Un altro esempio, analogo al precedente, si ha considerando un corpo lanciato verticalmente verso l'alto nel campo gravitazionale terrestre: l'unica differenza sta nella forza gravitazionale, che è attrattiva. In questo caso,la Terra corrisponde al blocco B, mentre la palla corrisponde al blocco A. La palla e la Terra interagiscono non direttamente ma attraverso il campo gravitazionale:
Il lavoro negativo compiuto dalla palla contro il campo gravitazionale (costante in prima approssimazione in prossimità della Terra) durante la salita, viene recuperato attraverso la conversione di energia potenziale gravitazionale in energia cinetica, durante la discesa e la velocità acquisita dalla Terra è quasi nulla, sia durante la salita che durante la discesa.
weblinks:
(Georgia State University - USA): https://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hbase/HFrame.html
(MIT- Massachusetts Institute of Technology): https://web.mit.edu/8.02t/www/materials/modules/ReviewC.pdf
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
mi potrebbe spiegare se se è possibile collegare l'unità di misura di una forza coercitiva di un magnete misurata in Oe, in Tesla? Per esempio se un magnete ha una forza coercitiva di 1200 Oe, a quanti Tesla corrispondono?
Cordialmente La saluto e La ringrazio.
Francesca


Gent.ma Francesca,
La forza coercitiva di un magnete, essendo definita come l'intensità del campo magnetico Hc necessaria per smagnetizzare il magnete, cioè per ridurre a zero l'induzione magnetica B, si misura in amperspire/metro (Asp/m) nel S.I. (sistema internazionale) M.K.S.A. ed in oersted (Oe) nel sistema elettromagnetico assoluto C.G.S.
Considerando che Hc è l'intensità del campo magnetico in Oe che deve essere generata nell'aria dal solenoide impiegato per smagnetizzare il magnete, per esprimere nel sistema C.G.S. l' induzione magnetica (densità di flusso magnetico) B generata nel vuoto (o nell'aria) dal suddetto solenoide basta uguagliare B e H; pertanto se Hc = 1200 Oe, anche Bc , espresso nel sistema C.G.S. in G (gauss), vale 1200 G. Infatti nel sistema C.G.S. e.m., essendo unitaria la permeabilità magnetica del vuoto (o dell'aria), vale la relazione B = H.
Se si considera che nel S.I. l'induzione magnetica Bo nel vuoto in T (tesla) si ottiene moltiplicando l'intensità H del campo magnetico in Asp/m per la permeabilità magnetica del vuoto mo = 4p x 10-7 H/m (henry/metro) e che 1 Oe è pari a 1000/(4p) = 79,577472 Asp/m, si ottiene il valore della forza coercitiva espresso T:
Hc = 79,577472 x 1200 Asp/m = 95492,96 Asp/m;
Bco = moHc = 4p x 10-7 x 95492,96 T = 0,12 T.
Questo valore, tenendo conto che 1 T è pari a 10000 G, equivale a 0,12 x 10000 G = 1200 G nel sistema C.G.S. e.m. ; risulta infatti Boc = Hc = 1200 G.
Tanti cordiali saluti

 

Egregio prof.re,
La ringrazio della spiegazione precisa e, restando in tema mi potrebbe dire se vi è un collegamento tra i Tesla e la superficie del magnete o il suo volume? Si può riferire all'esempio già descritto precedentemente.La ringrazio per la sua onorevole prestazione e distintamente La saluto.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Consideriamo un magnete permanente costituito da un anello di materiale ferromagnetico di sezione S = 4 cmq e circonferenza L = 20 cm, nel quale sia stato praticato un taglio di lunghezza La = 5 mm. Pertanto se La è la lunghezza del traferro (spazio entro il quale viene generato il campo magnetico) e LFe = L - La = 195 mm è la lunghezza del materiale ferromagnetico (per es. acciaio, ALNICO (Al-Ni-Co), ferrite, samario-cobalto) , indicando con HFe il campo magnetico (in Asp/m) nel materiale ,Ha il campo magnetico (in Asp/m) nel traferro e BFe = Ba = B l'induzione magnetica (densità di flusso magnetico) in T (1 tesla = 1 unità di flusso magnetico/mq = 1 weber/mq = 1 Wb/mq) in tutti i punti del circuito magnetico, applicando il teorema della circuitazione magnetica (di Ampere) si ottiene: HFeLFe + HaLa = 0, essendo nulla, diversamente da quanto si verifica in un solenoide toroidale, la corrente concatenata alle linee di forza del campo magnetico.
Pertanto Ha = - HFe LFe/La, da cui si deduce che, essendo La molto minore di LFe, l'intensità del campo magnetico nel ferro è molto minore di quella nel traferro (Ha).
D'altra parte, dalla relazione B = mo HFe + IM, dove IM è l'intensità di magnetizzazione del materiale (espressa in T), che equivale al momento di dipolo magnetico (analogo al momento di dipolo elettrico e definito come prodotto massa magnetica x distanza = flusso magnetico in weber x distanza) riferito all'unità di volume (mc): IM si misura in Wb x m/mc = Wb/mq = T), si ottiene:
HFe = (B - IM)/mo;
B = moHa = - moHFe LFe/La = - (B - IM) LFe/La.
Pertanto si ha: B(1 + LFe/La ) = IM LFe/La;
B = IMLFe/[La + LFe ].
Se si suppone che sia IM = 5000 G = 0,5 T, si ottiene un'induzione magnetica B = 0,5 x 0,195/( 0,005 + 0,195) = 0,5 x 0,195 /0,2 = 0,4875 T = 4875 G.
L'intensità del campo magnetico nel traferro è pari a B/mo = 0,4875/(4 px 10-7) = 387940,17 Asp/m = 387940,17/79,577472 = 4875 Oe.
Essendo V = SLFe = 0,0004 x 0,195 = 7,8 x 10-5 mc il volume della parte ferromagnetica del circuito,si deduce che il magnete equivale ad un dipolo magnetico di momento M = IM V = 0,5 x 7,8 x 10-5 = 3,9 x 10-5 Wb x m (weber x metro).
Tanti cordiali saluti

Egregio prof. re,
mi potrebbe comunicare come si fa a calcolare la resistenza che oppone un fluido ad un corpo in movimento? Un sommergibile immerso in mare profondo, sgancia un siluro avente un diametro di 0,40 m ed una lunghezza di 3,50 m alla velocità di 11m/s, quale sarà il valore della resistenza che si oppone al siluro da parte dell'acqua del mare, durante il suo moto?
Tanti saluti e mille ringraziamenti
Francesca


Gent.ma Francesca,
La formula della resistenza idrodinamica è Fid = (1/2) Cfrv2S, dove S = 3,14 x 0,42/4 = 0,1256 mq è la sezione del siluro, v = 11 m/s la velocità, r = 1025 kg/mc è la densità media dell'acqua marina e Cf è un fattore di forma i cui valori vengono forniti da apposite tabelle ricavate sperimentalmente in funzione del rapporto lunghezza (L)/diametro (d). Nel caso in esame, essendo L/d = 3,5/0,4 = 8,75, Cf è valutabile, approssimativamente, intorno a 0,2. Pertanto Fid = (1/2) Cfrv2S = (1/2) x 0,2 x 1025 x 112 x 0,1256 = 1557,754 N = 158,792 Kg-peso. Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
si parla tanto di una possibile vita sul pianeta Marte in cui trasferirsi in un lontano secolo da venire, poichè magari non è più possibile rimanere sul nostro amato e disprezzato pianeta. Non sarebbe più auspicabile interessarci con più impegno a rispettarla anziché avvelenarla quotidianamente? Inoltre, è tutto vero che lo scioglimento dei ghiacciai è opera dell'uomo?
Altra domanda, un magnete permanente di uso comune cosiddetto (ferrite), che adoperiamo per bloccare i foglietti di carta sulla lavagna metallica, quanti Oe potrebbe avere?
La saluto e La ringrazio tantissimo.
Francesca

Gent. ma Francesca,
Condivido completamente la pressante esigenza di rispettare il nostro pianeta, riducendo al minimo possibile il rilascio di agenti chimico-fisici inquinanti che compromettono irreversibilmente la qualità della vita per noi e per le generazioni che verranno. Bisogna cercare a livello globale di contrastare l'egoismo e le logiche di profitto fini a se stesse, che costituiscono gravissimi peccati contro il Creatore dell'universo. La scienza moderna , per quanto avanzata e sofisticata, non sfugge all' illusoria tentazione, non sempre inconsapevolmente da parte dei suoi protagonisti, di giungere al controllo completo dei meccanismi naturali, pensando di potersi sostituire a Colui che ha inserito nello spazio-tempo e nella materia, sia inerte che vivente, leggi costitutive ed evolutive ferree ed eterne, che lasciano scorgere in prospettiva un quid di imperscrutabile per l'uomo che si pone orgogliosamente al centro dell'universo (si pensi ad alcuni fenomeni quantistici, che tuttora è molto più facile applicare e sfruttare negli attuali sofisticati dispositivi microelettronici e nanotecnologici, che comprendere nella loro intima essenza, al di là dei formalismi teorici più o meno complessi che si possano introdurre per descriverli e quantificarli). Il disegno complessivo dell' universo è sempre incompleto, anche se perfettibile.
Questa premessa bene si adatta alla scienza delle previsioni delle variazioni climatiche. Si considerino in proposito i fondamentali contributi del matematico e meteorologo statunitense Eduard Norton Lorenz, padre della teoria del caos, molto più noto per l' analisi del cosiddetto “effetto farfalla”: “Il battito d’ali di una farfalla potrebbe provocare un uragano dall’altra parte del mondo”.
L'analisi dell' effetto farfalla si collega alla considerazione della sconcertante e paradossale imprevedibilità delle soluzioni delle equazioni differenziali accoppiate della teoria del caos , applicate ad un modello di previsione (descritto graficamente dal cosiddetto attrattore di Lorenz) delle precipitazioni atmosferiche, al variare, anche minimo, dei parametri iniziali (condizioni iniziali).
La matematica dei fenomeni caotici, dipendendo da relazioni non lineari tra le variabili, conduce infatti a soluzioni completamente diverse dal punto di vista degli effetti fisici, anche se si variano di piccolissime quantità le condizioni iniziali, e ci aiuta a comprendere l'attuale discordanza di previsioni circa il riscaldamento ( o raffreddamento globale). La questione è completamente aperta, in particolare, per quanto concerne
l' influenza delle attività umane sul riscaldamento del nostro pianeta, come dimostrano le diverse conclusioni cui sono pervenuti gruppi diversi di scienziati. Citiamo in proposito una ricerca decisamente chiarificatrice condotta in Antartide su una carota della lunghezza di 3300 m, dalla quale sono state estratte goccioline d'aria risalenti agli ultimi 420000 anni. I dati evidenziano interessantissime variazioni termiche e delle concentrazioni di metano e anidride carbonica, con oscillazioni aventi un periodo di circa 100000 anni, e che giustificano in modo soddisfacente anche le variazioni rilevate negli ultimi 50 anni ! Queste variazioni vengono spiegate soltanto in funzione delle variazioni periodiche del flusso delle particelle cariche (prevalentemente protoni) costituenti il vento solare, in concomitanza con le variazioni delle macchie della fotosfera solare.
Riferimenti web:
https://www.meteo.unina.it/html/modules/sole/mut_clim.htm
https://www.ipcc.ch/.
Per quanto riguarda il secondo quesito, si tratta di magneti permanenti di ferrite al bario-stronzio con un'induzione residua intorno a 220 mT = 2200 G = 2200 Oe, ed una forza coercitiva intorno a 135000 Asp/m.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
cortesemente Le chiedo di esaminare il seguente quesito di idrodinamica:
- in un cilindro metallico che si trova immerso in acqua ed il cui fondo è chiuso,scorre un altro cilindro a perfetta tenuta tramite guarnizioni. Quest'ultimo cilindro è da considerarsi senza peso ed appena fuori dal primo cilindro presenta una camera comunicante con l'acqua mediante un foro , delimitata da due pareti completamente chiuse. Immediatamente al di sopra della predetta camera il cilindro interno è piegato a 90° , termina oltre il pelo dell'acqua ed ha l'altra estremità tappata e quindi non comunicante con l'aria atmosferica. Considerando che non vi sia attrito nell'eventuale scorrimento tra i due cilindri, si chiede se l'acqua premendo sulle due pareti opposte della camera, possa causare un movimento al cilindro mobile, ed in quale direzione, oppure se il cilindro mobile rimarrà fermo?
Distinti saluti e tanti ringraziamenti.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Le forze F1 = Po S, F2 = Po S, F3 = (Po + r g h)S (h è la distanza tra le pareti della camera), indicate in figura rappresentano rispettivamente la forza esercitata dalla pressione atmosferica Po sulla sezione superiore S del cilindro interno, la forza esercitata dalla pressione atmosferica Po sulla sezione superiore S della camera, in corrispondenza della superficie libera del liquido (con pressione idrostatica nulla) e la forza esercitata sulla parete inferiore della camera dalla pressione Pc = Po + r g h .
Si deduce che, essendo le forze F1 ed F2 uguali e contrarie, è attiva la sola forza F3,che provoca l'abbassamento h' del cilindro interno e la conseguente compressione dell'aria nel cilindro esterno dal valore iniziale (incognito) Pin fino al valore finale Pfin = Po - (Po + r g h') + Po + r g (h + h') = Po + r g h = Pc.
Infatti, quando il cilindro interno si abbassa di h', mentre la forza F2(diretta verso l'alto) aumenta di r g h'S, la forza F3 (diretta verso il basso) aumenta della stessa entità, e rimane efficace soltanto la forza r g hS, fino al raggiungimento della condizione di equilibrio Pfin = Pc. Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.,
Lei è stato di grande aiuto a risolvere il problema, ma supposto che tutta la figura da Lei ben rappresentata graficamente, debba essere ruotata di 90° in senso orario,in modo tale che il cilindro in cui è indicata la forza F3 sia disposto orizzontalmente (sempre immerso in acqua) e che quindi il cilindro in cui è indicata  la forza F1 sia posizionato verticalmente, con la sommità sempre chiusa ma appena a contatto con l'aria atmosferica, quali potrebbero essere gli effetti delle forze, rispettando comunque le indicazioni del precedente problema, ovvero che non ci siano attriti e forze peso dei corpi?
Le rivolgo i più graditi saluti e La ringrazio - Francesca


Gent. ma Francesca,
Nel caso proposto,supponendo, per semplicità di calcolo, che la sezione di entrambi i cilindri sia un quadrato di lato a, il calcolo delle forze F1,F2,F3, dovute alla pressione idrostatica, si effettua integrando da 0 ad a la forza r g y dS agente sull'area elementare dS = a dy. Pertanto si ottiene il valore: integrale (da 0 ad a) di r g y a dy = r g a3/2, che rappresenta l'intensità di ciascuna delle tre forze. A questo punto, non considerando l'azione della pressione atmosferica, i cui effetti dinamici si neutralizzano reciprocamente agendo su aree uguali ed opposte, si deduce che, mentre sulla parete della camera rivolta alla piegatura del tubo a 90° agisce la forza F2, che è bilanciata dalla forza F1 , uguale e contraria ed agente sulla superficie verticale del tubo,oltre la piega, rimane invece non bilanciata la forza F3,che agisce sull'altra parete della camera, spingendo il cilindro interno in quello esterno.
Tanti cordiali saluti.

Gentile prof.,
finalmente sto lavorando alla tesi...
Sa, non riesco a trovare in nessun libro cosa sia il numero di finger per un mosfet.
Mi saprebbe spiegare di che si tratta?
Grazie
suo eterno allievo Alessio


Gent.mo Alessio,
Il layout multi-gate finger dei transistor mosfet consente di implementare tanti piccoli transistor mosfet (mosfet elementari), con le stesse caratteristiche geometriche ed elettriche e connessi tra loro in parallelo, al posto di un un unico transistor mosfet.
. Questa particolare tecnologia microelettronica presenta il vantaggio della minimizzazione della resistenza del gate e facilita inoltre l'integrazione del mosfet multi-gate assieme ad altri componenti microelettronici in parecchi dispositivi CMOS (come i convertitori A/D), nei quali differenze di pochi mV o frazioni di mV nelle tensioni di soglia (Threshold voltage) dei mosfet, possono comportare importanti variazioni delle caratteristiche funzionali ed operative.
Nell'ambito di questa tecnologia il termine M-factor (o numero di finger) sta ad indicare il numero di gate fingers di un mosfet, cioè il numero (2,4, 8 ..... ) delle diramazioni digitiformi (simili alle dita di una mano) del gate. Si tratta in sostanza di realizzare una complessa struttura ad incastro, costituita da tante terne di elettrodi source-gate-drain interdigitate.
Riferimenti web:
1)ims.unipv.it/Microelettronica/Layout02.pdf
2)ece.ut.ac.ir/classpages/S85/RFICTechnology/Chap.4_Active%20Devices/Chapter%204%20-%203-%20MOS%20Transistor.pdf (struttura multi-finger gate a pag. 19)
Buon lavoro e tanti cordiali saluti

Gent.mo Prof. Cucinotta,
desideravo conoscere i principi di funzionamento dei generatori eolici di energia elettrica.
In particolare mi chiedevo come facessero ad adattare la velocità del rotore che è funzione della velocità del vento, e dunque estremamente variabile,alla frequenza della tensione generata rigorosamente fissata a 50 o 60 Hz.
Ed inoltre, come si sincronizzano con la frequenza della tensione già presente sulla rete elettrica?
Impiegano generatori sincroni o asincroni?
Grazie e saluti, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
Il generatore di una torre eolica è un alternatore trifase con l'induttore costituito da potenti magneti permanenti. Il funzionamento, dipendendo dalla variabile velocità del vento, è necessariamente asincrono. L'alternatore, il cui albero è azionato da un sistema di ingranaggi moltiplicatori di giri, eroga una corrente alternata trifase a frequenza variabile, che viene convertita in corrente pulsante (prodotta dalla sovrapposizione delle tre serie di impulsi sinusoidali unidirezionali di corrente forniti dal raddrizzatore trifase a ponte), per caricare una batteria di accumulatori di adeguata capacità (ad una tensione di alcune centinaia di volt) oppure una batteria di condensatori di livellamento (di filtro). La potenza elettrica in corrente continua così ottenuta viene fornita ad un inverter trifase autosincronizzato con la frequenza della rete a corrente alternata alla quale è collegato. L'inverter è gestito da un sistema a microprocessore che provvede a campionare periodicamente la frequenza di rete ed a variare conseguentemente il pilotaggio del ponte trifase di transistor di potenza IGBT (Insulated Gate BJT Transistor), in modo tale che la corrente alternata generata sia agganciata , in tempo reale ed in frequenza e fase, a quella fornita dalla rete elettrica.
Riferimenti web:
https://www.fullsolar.it/14.html
https://www.energia-eolica.it/
Tanti cordiali saluti

Egregio prof. re,
Le presento un quesito di cinematica da risolvere:
Una sfera si sposta verticalmente entro un tubo del diametro poco più grande di essa,partendo da velocità 0 m/s, prosegue con moto naturalmente accelerato raggiungendo una velocità di 35 m/s fino alla distanza di 3 m, poi con moto uniformemente ritardato prosegue per altri 3 m raggiungendo il fondo del cilindro a velocità 0 m/s.
Qualora invece il tubo, della lunghezza di 6 m, si sposti verso l'alto in senso opposto alla sfera con velocità uniforme di 11m/s, si vuole sapere quali saranno il tempo trascorso e lo spazio percorso dal fondo del tubo per incontrare la sfera.


Gent. ma Francesca,
Nel primo caso (tubo fermo), assumendo l'asse y orientato verso l'alto e con l'origine (y = 0) coincidente con la posizione del fondo del tubo, il moto della sfera è naturalmente accelerato (g = - 9,81 m/s2, yi1 = 6 m, vf1 = - 35 m/s ) dall'istante iniziale fino all' istante t1 = vf1 /g = - 35/(-9.81) = 3,567 s.
L'equazione del moto della sfera è y = yi1 + (1/2)gt2 = 6 - 0,5 x 9,81 x t2 = 6 - 4,905 t2.
Per t > t1 = 3,567 s il moto è uniformente ritardato, con vi2 =vf1 = -35 m/s , vf2 = 0 , yi2 = 3 m, yf2= 0.
Pertanto, dall' equazione vf22 = vi2 2 + 2 a (yf2 - yi2) si ottiene l'accelerazione a:
a = [vf22 - vi2 2]/[2 (yf2 - yi2)] = [0 - (-35)2 ]/[2 (0 - 3)] = -1225/(-6) = 205,16 m/s2.
Misurando il tempo t a partire dall'istante t1 = 3,567 s , l'equazione del moto della sfera è: y = yi2 + vf1t + (1/2)at2 = 3 - 35 t + 0,5 x 205,16 t2 = 3 - 35 t + 102,58 t2 .
La velocità della sfera è data dall'equazione : vf2 = vi2 + at = -35 + 205,16 (t - t1), dalla quale si ottiene l'istante t2 = t1 + 35/205,16 = 3,567 + 0,17059 = 3,737 s in cui la sfera raggiunge il fondo del tubo (vf2 = 0).
Nel secondo caso, l'equazione del moto uniforme del tubo è yt = 11t.
Facendo sistema con l'equazione del moto della sfera per t > 3,567 s , si ha:
11 t = 3 - 35 t + 102,58 t2;
102,58 t2 - 46 t + 3 = 0;
t = [23 +/- sqrt(232 - 102,58 x 3)]/102,58 = [ 23 +/- sqrt(221,26)]/102,58 =
= [23 +/- 14,874]/102,58. Si ottengono i valori: 0,369 s e 0,0792 s, corrispondenti alle posizioni del tubo yt1 = 0,369 x 11 = 4,059 m e yt2 = 0,0792 x 11 = 0,8712 m.
Osservando che la prima soluzione (4,059 m) è inaccettabile, essendo maggiore della posizione iniziale della sfera (3 m) nella seconda fase del moto, si sceglie la seconda soluzione (y = 0,872 m. per t = 0,0792 s, corrispondente a t' = (0,0792 + 3,567) s = 3,646 s a partire dall'inizio del moto).
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
vorrei qualche chiarimento sulla relatività generale.
 1) Non riesco a vedere un collegamento tra la relatività speciale e la relatività generale. E'  vero che col principio di equivalenza si accomuna l' accelerazione alla gravità ,       è vero che quella generale vuole estendere i concetti di quella speciale a tutti i sistemi di riferimento e che l' accelerazione è appunto  una variazione di moto, ma  ( senza alcuna pretesa matematica, ovviamente ) a me sembrano concetti completamente diversi la relatività del tempo e dello spazio rispetto alla velocità con la ridefinizione della gravità. Il collegamento è che " semplicemente " lo spazio e il tempo variano, sia a seconda della velocità che della gravità ?
2) Soprattutto non mi spiego, se la gravità  non è più una forza , nell' esempio della palla al centro di un lenzuolo che crea una depressione, dove finisce un' altra pallina che orbita nei dintorni, perché ci dovrebbe finire !
Infatti, sulla Terra ci finisce perché appunto c' è la gravità, ma nello spazio, in assenza di altre cause, un corpo dovrebbe rimanere immobile. Cioè se la gravità è una deformazione dello spazio-tempo , dovrebbe solo indicare una traiettoria che un corpo segue quando viene messo in moto da una forza, ma non attirare. Quindi se per ipotesi, un pianeta fosse fermo nei pressi di una stella, non dovrebbe essere attratto da essa .
 3) Si può fare questo discorso della gravità, intesa come deformazione dello spazio- tempo,  anche sulla Terra ? Mi risulta difficile pensarlo, quando vedo cadere un oggetto !
 4) Infine , se la gravità non è più una forza,  perchè viene considerata tra le quattro fondamentali ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )

Gent. mo Francesco,
1) Il passaggio dalla relatività speciale (o ristretta ai sistemi di riferimento inerziali, cioè non accelerati) alla relatività generale consente di scrivere le equazioni delle leggi fisiche in forma covariante rispetto a qualsiasi sistema di riferimento, accelerato o non e quindi, grazie al principio di equivalenza tra un campo gravitazionale ed un moto accelerato del sistema di riferimento, anche allo spazio-tempo contenente distribuzioni di materia e di energia (di qualsiasi tipo,sia cinetica che potenziale,associata a forze elettromagnetiche, nucleari e subnucleari deboli e forti). La relatività generale consente in altri termini di scrivere le leggi fisiche in modo indipendente dal sistema di riferimento, tenendo conto della curvatura dello spazio-tempo prodotta da distribuzioni di massa-energia, cioè, sia da masse localizzate, in quiete o in moto rettilineo o rotatorio, sia da distribuzioni di massa dotate di qualsiasi tipo di moto rispetto al sistema di riferimento prescelto.
In questo contesto la teoria einsteiniana della gravitazione rientra come caso particolare nella relatività generale, che è la teoria relativistica generale degli spazi curvi associati a moti accelerati dovuti a qualsiasi forza ed equivalenti a tutti gli effetti ai moti prodotti dai fenomeni gravitazionali.
2,3) Mentre la teoria di Newton si basa sull'azione attrattiva a distanza che si esercita tra masse e distribuzioni di materia nello spazio, la teoria einsteiniana della gravitazione elimina il concetto di forza gravitazionale e riconduce la gravità alla geometria degli spazi curvi, nel cui ambito lo studio del moto di due o più masse si riduce alla ricerca della particolare curva geodetica (linea geodetica definita analogamente alla circonferenza equatoriale ed ai meridiani e paralleli terrestri ), corrispondente ad una traiettoria di lunghezza minima descritta da ciascuna massa in presenza di altre masse. Spesso, per spiegare la teoria einsteiniana della gravitazione si afferma che la massa dice allo spazio-tempo come curvarsi e lo spazio-tempo curvo dice alla massa come muoversi (la massa si muove per effetto della deformazione dello spazio-tempo da essa stessa prodotta).
Tornando al modello a membrana elastica utilizzato per spiegare la teoria della gravitazione einsteiniana, se una sferetta subisce una spinta tangenziale, è portata a percorrere una traiettoria elicoidale di raggio decrescente, che per effetto della curvatura della membrana, tende a far cadere la sferetta nella depressione creata dalla sfera grande. E' questo il caso dei pianeti del sistema solare che orbitano intorno al sole per effetto della curvatura dello spazio-tempo prodotta sia dalla massa del sole che dall'energia cinetica iniziale (si tenga presente il principio di equivalenza massa-energia) con cui il pianeta si è immesso nel campo gravitazionale solare.Si tenga presente che nel caso dei pianeti la curva geodetica è un'ellisse più o meno arrotondata, e che un pianeta non cade sul sole poichè sono trascurabili le forze che dissipano l'energia cinetica iniziale, il che invece non avviene, a causa dell'attrito, nel caso della sferetta posta su una membrana elastica deformata. Se invece la sferetta è ferma o se le viene impressa una spinta in direzione radiale, è portata a cadere nella depressione senza orbitare attorno ad essa. E' questo il caso del moto rettilineo (accelerato) di caduta libera di una massa , con velocità tangenziale nulla, su un'altra massa. Ma anche se due masse sono inizialmente ferme (con componenti radiale e tangenziale della velocità iniziale entrambe nulle),sono destinate ad urtarsi. Infatti, se si tiene presente che,in presenza di massa, il tempo viene rallentato in misura tanto più grande quanto più grande è l'intensità del campo gravitazionale (si pensi che in corrispondenza dell'orizzonte degli eventi di un buco nero, il tempo cessa di fluire, ivi essendo infinita l'intensità del campo gravitazionale),si deduce che nel sistema di riferimento locale di ciascuna delle due masse il tempo viene rallentato per effetto della curvatura prodotta da entrambe le masse, con la conseguenza che un osservatore posto su ciascuna di esse misura una progressiva contrazione della distanza tra le stesse per effetto del rallentamento del fluire del tempo, cioè della quarta dimensione dello spazio-tempo, che si accorcia progressivamente. In tal modo, la progressiva deformazione (contrazione dello spazio) è del tutto equivalente ad un moto accelerato di ciascuna massa che si avvicina all'altra, senza che intervenga alcuna forza attrattiva.
In altri termini, non appena la seconda massa si trova in presenza dell'altra, si determina una piccola contrazione iniziale: le masse si avvicinano lungo la linea congiungente le loro posizioni iniziali intensificando la deformazione dello spazio-tempo, che a sua volta fa avvicinare ancora le masse, intensificando ancora il campo gravitazionale e quindi la deformazione, e così via, con una velocità di deformazione rapidamente crescente, fino all'urto finale. Così si spiega anche la caduta libera di un grave nel campo gravitazionale terrestre, dove la deformazione (contrazione dello spazio-tempo) è determinata quasi completamente dalla Terra e la linea geodetica si riduce alla verticale.
Nel caso del moto di un proiettile la curvatura dello spazio dipende dalla massa della Terra e del proiettile e dalla velocità di lancio, e la geodetica è una parabola o un arco di parabola.
4) La teoria della relatività generale di Einstein è una teoria classica, cioè incompatibile con i principi della fisica quantistica. Infatti in essa lo spazio-tempo è un continuum quadridimensionale non discretizzato (non quantizzato) . Non può pertanto essere utilizzata per descrivere i fenomeni gravitazionali a livello microscopico. Da tanti anni i fisici si cimentano nel formulare varie teorie che riescano a rendere compatibile la relatività generale con le teoria quantistiche dei campi (elettrodinamica quantistica , teoria elettrodebole e cromodinamica quantistica) , ma con scarsi risultati. Si è ipotizzata addirittura l'esistenza del gravitone, bosone privo di massa, con spin 2 , analogo al fotone ed al gluone, al fine di spiegare quantisticamente la forza gravitazionale tra due particelle, ma gli esperimenti eseguiti non hanno evidenziato alcun gravitone, anche perchè la forza gravitazionale (non a caso si continua a parlare di forza e non di curvatura dello spazio-tempo, quasi a voler sottolineare la predetta incompatibilità) è la più debole rispetto alle altre tre forze fondamentali ( elettromagnetica, subnucleare debole e subnucleare forte). La teoria più accreditata per quantizzare la relatività generale è la cosiddetta gravità quantistica a loop, che si basa su una sofisticata discretizzazione dello spazio-tempo su scala microscopica, anche se mancano tuttora riscontri sperimentali.
Una valida teoria quantistica della gravità dovrebbe spiegare,tenendo conto del principio di indeterminazione di Heisenberg, la struttura "schiumosa" dello spazio-tempo alle dimensioni della scala di PlancK (10-35m) ed al momento del big-bang, basata sulla continua creazione ed evaporazione (per effetto della radiazione di Hawking) di buchi neri infinitesimi che determinerebbero la curvatura microscopica dello spazio-tempo quantizzato, formato cioè da un numero grandissimo di celle di spazio-tempo infinitesime, che si modificherebbero in continuazione per rendere conto adeguatamente dei fenomeni gravitazionali quantistici degli oggetti fondamentali (leptoni e quark).
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
continuando il discorso sulla relatività generale vorrei sapere :
 1) nel calcolare lo spostamento del perielio di Mercurio secondo la relatività generale , capisco che è diversa l' orbita rispetto a quella calcolata secondo i criteri newtoniani, ma perché si sposta ogni anno ? La deformazione spazio-tempo influisce sulla traiettoria, ma  non rimane sempre quella ?
  2 ) L' esperimento ideale dell' astronave nella quale entra un raggio di luce e colpisce più giù l' altra parete perché essa cammina, non è un po’ troppo "ideale" ? Nel senso che l' astronave dovrebbe andare a una velocità quasi superiore alla luce per far accadere ciò . E non somiglia poi,  a quello dei due raggi di luce per dimostrare in relatività ristretta il concetto di simultaneità, cioè la persona che è sul treno, che va verso il secondo raggio di luce, lo vede prima di quello che sta a terra ( per chi sta a terra ) , proprio perché va verso di esso ?  Anche qui , questo treno dovrebbe andare a una velocità pazzesca !
  3 ) Nell' altro esperimento ideale dell' ascensore, per dimostrare l ' indistinguibilità della gravità
dall' accelerazione, secondo me va distinto il caso se l' esperimento  venga effettuato nel vuoto o nell' aria, ad esempio. Infatti sulla Terra è ipotizzabile che l' ascensore ,cadendo, dato che peserebbe più di una persona, possa precipitare più velocemente della persona, e quindi "levando" gravità alla persona in essa ( un po’ come la "leggerezza" che avrebbero i passeggeri in un aereo che precipita) . Non potrebbe mai pensare ad un ' accelerazione. Ma nel vuoto cadrebbero entrambi alla stessa velocità , e solo in questo caso non distinguerebbe gravità da accelerazione. Giusto ?
  4) Infine non mi è chiaro il punto 4 ( perché la gravità viene considerata ancora una forza ) della risposta precedente: mi sembra che proprio perché non è quantizzabile ( visto che lo sono le altre tre ) si possa non considerare una forza. Invece nella risposta mi sembra il contrario. Ma in generale, è proprio questo il criterio per stabilire se è , o meno,  una forza , cioè se è quantizzabile o meno ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
1) Lo spostamento del perielio di Mercurio, calcolato con la teoria newtoniana e tenendo conto delle perturbazioni prodotte dagli altri pianeti e del fatto che il sistema di riferimento terrestre, essendo rotante, non è inerziale, risulta pari a 5557 secondi d'arco per secolo, con un difetto di 43” rispetto al valore di 5600” misurato dagli astronomi e previsto dalla teoria della relatività generale. Si consideri che la precessione secolare del perielio è dovuta al fatto che le orbite relativistiche, essendo,a differenza di quelle newtoniane, non chiuse, sono costituite da una serie continua di ellissi i cui assi ruotano lentamente nello stesso senso del moto orbitale descrivendo un'orbita aperta a forma di rosetta. In effetti la precessione del perielio si verifica per tutti gli altri pianeti, ma è significativa soltanto per Mercurio, a causa della notevole curvatura dello spazio conseguente alla piccola distanza dal Sole, rispetto alle distanze degli altri pianeti.
Infatti, essendo per tutti gli altri pianeti l'accordo tra le due teorie tanto maggiore quanto maggiore è la distanza dal Sole, per effetto della decrescente curvatura dello spazio, la rotazione dei relativi assi orbitali è così piccola che le orbite relativistiche a rosetta tendono a coincidere con le orbite classiche di Keplero-Newton.
2) Si tenga presente che, poichè gli effetti relativistici sono significativi per velocità molto vicine a quella della luce, nel caso di oggetti macroscopici come un'auto o un'astronave, data la notevole massa, per osservare gli effetti relativistici, bisognerebbe conferire energie enormi, di gran lunga al di fuori dei convenzionali valori pratici, con la conseguenza che la teoria sembra assurda dal punto di vista del riscontro pratico. Se si considerano invece gli oggetti del mondo microscopico, cioè le particelle elementari, le cui masse sono oltre trenta ordini di grandezza minori di quelle degli oggetti macroscopici, si pensi che le velocità microscopiche sono vicinissime a quelle della luce pur con energie enormemente più piccole di 1 joule (1 MeV = 1,6 x 10-13J).
3) L'osservazione è giusta. Infatti l'ascensore, a differenza della persona al suo interno, non muovendosi nel vuoto,è soggetto alla resistenza aerodinamica ed alle forze d'attrito che rendono sensibilmente inferiore l'accelerazione dell'ascensore rispetto a quella della persona che cade al suo interno.
4) Tra le tante teorie gravitazionali quantistiche, la teoria quantistica a loop è una teoria concepita per quantizzare lo spazio-tempo alla scala di Planck, senza alcun riferimento al concetto di forza, intesa come forza di scambio tra due masse, attraverso l'ipotetico gravitone, quanto di massa nulla e range infinito, in analogia con il fotone , che è anch'esso un quanto di massa nulla e range infinito, mediatore delle forze elettromagnetiche. Pertanto la gravità quantistica a loop si limita a quantizzare (discretizzare) lo schema del continuo quadridimensionale della relatività generale, senza fornire alcuna via di unificazione della gravità con le altre tre forze fondamentali. Esistono altresì teorie quantistiche (le varie versioni della teoria delle stringhe (corde) e delle superstringhe (supercorde)) che si propongono di unificare tutte e quattro le forze fondamentali nell'ambito di formulazioni fisico-matematiche, più matematiche che fisiche, costruite in spazi a 10 e ad 11 dimensioni ed includenti il gravitone come quanto mediatore della forza gravitazionale. Si tratta di teorie molto complesse sul piano matematico, in quanto fanno riferimento a 6 o 7 dimensioni attualmente non accessibili, in quanto “arrotolate” sotto forma di spire di raggio comparabile con la lunghezza di Planck (10-35 m), e ad oggetti fondamentali di dimensioni comparabili con la scala di Planck, le cosiddette stringhe (unidimensonali o pluridimensionali) , aperte o chiuse ad anello, e le cui energie quantizzate corrispondono sia alle varie particelle note nell'ambito del modello standard (fermioni e bosoni) ,sia a tante altre particelle tuttora non rivelate, ma forse presenti nell'universo come costituenti della cosiddetta “materia oscura” , tuttora del tutto inesplorata. Bisogna precisare che tutte queste teorie di stringa sono tuttora degli schemi teorici tutt'altro che definitivi ed univoci, con i quali i fisici teorici tentano di realizzare il sogno della descrizione unitaria delle quattro forze (in conflitto pertanto con la teoria della relatività generale e con la teoria quantistica a loop), e che non sono state confermate neanche minimamente, in quanto per farlo occorrerebbe disporre di superacceleratori di dimensioni improponibili, in grado di produrre urti alle energie primordiali della scala di Planck (1028 eV),cioè 7,142x1014 volte maggiori della massima energia che sarà raggiunta dal superacceleratore LHC del CERN (14000 GeV = 14 x 1012 eV).
Si consideri d'altra parte che, essendo l'interazione gravitazionale 1040 volte meno intensa di quella subnucleare forte tra i quark, rivelare l'ipotetico gravitone è estremamente difficile, come è estremamente difficile rivelare le onde gravitazionali (periodiche increspature dello spazio-tempo) provenienti dalle profondità dell'universo a seguito di collassi stellari o associate a gigantesche emissioni di energia radiante (gamma ray burst). Mentre per lo studio del fotone (quantizzazione dell'energia elettromagnetica) sono state sempre disponibili sorgenti di onde elettromagnetiche di varie frequenze,interessanti la maggior parte dello spettro elettromagnetico, non è così per lo studio della quantizzazione dell'energia gravitazionale,in quanto, diversamente da quanto si fa con le cariche elettriche oscillanti (elettroni) generate da dispositivi elettronici vari (tubi elettronici, transistor,magnetron, klystron) ,non si possono costruire dispositivi di dimensioni ragionevoli in grado di accelerare masse grandissime per produrre onde gravitazionali artificiali. Bisogna pertanto tentare di studiare con giganteschi interferometri laser (progetti internazionali LIGO e VIRGO) o con complesse reti di rivelatori di raggi gamma (Progetto SWIFT) le debolissime onde gravitazionali naturali.
Riferimenti web:
https://www.superstringtheory.com/
https://www.virgo.infn.it/
https://www.ligo.caltech.edu
https://www.merate.mi.astro.it/docM/OAB/Research/SWIFT/POESw/intro.html
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
mi potrebbe analizzare il caso di idrodinamica appresso riportato?
Dato un cilindro immerso verticalmente in acqua e che presenta dei grossi fori di comunicazione con la stessa acqua, posti lateralmente in prossimità dei due fondi, si vuol sapere la forza necessaria per estrarlo fuori dal pelo libero dell'acqua, ignorando il peso stesso del cilindro e la resistenza del mezzo che si oppone al moto, tenendo conto naturalmente che tutto il volume interno del cilindro è invaso dall'acqua circostante, grazie ai fori esistenti.
La ringrazio tantissimo e La saluto
Francesca


Gent. ma Francesca,
Indicando con h l'altezza del cilindro, con P = rgh il peso dell'acqua in esso contenuta inizialmente e con y l'altezza di cui il fondo superiore è stato sollevato rispetto alla superficie libera dell'acqua, si consideri che nella parte del cilindro di altezza y, estratta dall'acqua, il livello dell'acqua si abbassa di y (per il principio dei vasi comunicanti) portandosi allo stesso livello dell'acqua circostante e che il peso dell'acqua fuoriuscita dal cilindro è
P(y) = rgy, mentre la forza (diretta verso l'alto) dovuta alla pressione idrostatica agente su fondo immerso alla profondità h - y è Fup(h - y) = rg(h - y) .
Pertanto la forza risultante necessaria per estrarre di y il cilindro è
Festr (y) = P (peso dell'acqua inizialmente contenuta nel cilindro) -P(y) ( peso dell'acqua fuoriuscita) - Fup(h - y) (forza agente sul fondo immerso) = rgh - rgy - rg(h - y) = 0.
In altri termini la diminuzione di peso conseguente alla fuoriuscita dell'acqua è esattamente compensata dalla diminuzione della spinta verso l'alto agente sul fondo immerso; di conseguenza, mentre il peso dell'acqua nel cilindro diminuisce da rgh a rgh - rgy =rg(h - y) , contemporaneamente la spinta sul fondo immerso diminuisce della stessa entità, cioè da Fup(h) = rgh a Fup(h-y) = rg(h - y), lasciando immutato l'equilibrio iniziale tra le due forze uguali e contrarie al variare dell'altezza di estrazione y. Quindi la forza risultante Festr (y), inizialmente nulla, si mantiene costantemente nulla fino all'estrazione completa del cilindro.
Se invece il cilindro fosse privo di fori, la forza di estrazione, al crescere di y da 0 ad h, crescerebbe linearmente con la legge Festr(y) = P - Fup(h - y) = rgh -rg(h - y) = rgy, assumendo il valore Festr(0) = 0 per y = 0 ed il valore Festr(h) = rgh = P (peso dell'acqua) per y = h (cilindro completamente estratto).
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
vorrei qualche ulteriore chiarimento.
 1) Nella prima domanda sulla relatività generale, al punto 1 ,  Lei ha risposto che la RG consente di scrivere le leggi fisiche in forma covariante rispetto a qualsiasi sistema di riferimento. Ma non dovrebbero essere invarianti ?
 2) Per quanto riguarda la precessione dell' orbita di Mercurio , ho capito come varia l' orbita , che disegna una rosetta, ma io chiedevo il perché di questa variazione , cioè perché dopo una rivoluzione completa non ritorna al punto di partenza ? Ad ogni "giro" , varia la deformazione spazio-temporale ? Essa non è sempre la stessa ? Cosa la fa variare ?
E perché si parla solo di precessione del perielio ? Dovrebbe variare anche l' afelio, visto che ruota tutto
l' asse maggiore dell' ellisse.
 3) Ho letto su un testo di fisica, che in RG la velocità della luce dipende dal sistema di riferimento. Capisco la curvatura, ma la velocità dovrebbe essere sempre quella. Non viene meno uno dei postulati della relatività ( anche se riguarda quella ristretta ) ?
 4) Infine una curiosità di altro tipo : in una normale lampadina ad incandescenza, a che temperatura arriva il filamento di tungsteno ? Ho letto che raggiunge i  1800-2000 gradi. Ma in tal caso, non dovrebbe emettere luce rossa o ancor più, rimanere nell' infrarosso , come dice anche la legge di Wien ?
Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
1) Si consideri che i principi di relatività galileiano ed einsteiniano richiedono che le leggi fisiche siano covarianti nel passaggio da un sistema inerziale ad un altro, che cioè le relative equazioni mantengano la stessa struttura (forma) matematica. In particolare, questo vale, per quanto riguarda la relatività galileiana, per la seconda legge della dinamica, che nei sistemi inerziali S ed S', assume rispettivamente le forme
F = ma ed F' = ma'. Infatti, se entrambi i sistemi sono inerziali, un corpo non soggetto a forze, rispetto ad essi si muove con moto rettilineo uniforme o continua a rimanere fermo se è fermo inizialmente rispetto ad uno di essi. La stesso si verifica per le equazioni di Maxwell nel passaggio da un sistema inerziale S ad un altro ,S', qualora si applichino le trasformazioni di Lorentz, per le quali il tempo non è più assoluto, ma si trasforma, al pari delle coordinate spaziali, passando da S a S'.
La covarianza richiede pertanto che ad ogni termine di un'equazione, per esempio un rapporto A/B o un prodotto AB, espresso in base alle grandezze fisiche A e B in S, corrisponda rispettivamente un rapporto A'/B' o un prodotto A'B', espresso in base alle grandezze fisiche A' e B' in S', anche se A e A' e B e B' non assumono uguali valori, in quanto si trasformano con ben determinate relazioni che forniscono A' e B' in funzione di A e B, e viceversa.
L'invarianza delle leggi fisiche, invece, a differenza della covarianza, è più stringente, in quanto implica addirittura l'uguaglianza delle grandezze (A' = A; B' = B), in aggiunta alla conservazione della stessa struttura matematica.
Per esempio, se si considera una trasformazione galileiana tra i sistemi inerziali S ed S', la seconda legge della dinamica F = ma, oltre ad essere covariante, è anche invariante, in quanto la forza agente F' uguaglia F in assenza di forze apparenti del moto relativo (in quanto i sistemi non sono accelerati l'uno rispetto all'altro) e la massa (inerzia) è invariante; di conseguenza le accelerazioni a e a' coincidono .
Il principio di relatività generale afferma pertanto che le leggi fisiche sono espresse in tutti i sistemi di riferimento, inerziali e non, da equazioni covarianti, cioè mantenenti la stessa struttura matematica dei singoli termini nel passare da un sistema di riferimento S , accelerato o non accelerato, ad un altro sistema di riferimento S', accelerato o non accelerato, anche in presenza di campi gravitazionali, che sono equivalenti a campi di forze inerziali dovute ad accelerazioni del sistema di riferimento.
2) Si tenga presente che, anche senza ricorrere alle equazioni gravitazionali di Einstein, l'applicazione delle equazioni della dinamica nell'ambito della relatività ristretta e quindi la considerazione della variabilità della massa con la velocità, conducono ad orbite a rosetta, caratterizzate dalla precessione del perielio (e dell'afelio, per la rotazione dell'asse maggiore) rispetto al centro di forza solare. La stessa cosa si verifica per una carica elettrica q ,di massa m, soggetta alla forza attrattiva coulombiana generata da un'altra carica elettrica (elettrone dell' atomo di idrogeno). Questo significa che l'effetto precessionale è collegato essenziamente alle periodiche variazioni di massa del corpo in orbita, sia con l'aumento di velocità, dall' afelio verso il perielio, sia con la diminuzione di velocità, dal perielio verso l'afelio.
In relatività generale le orbite a rosetta si spiegano con analoghe variazioni della curvatura dello spazio-tempo, in aumento dall' afelio verso il perielio ed in diminuzione dal perielio verso l'afelio.
In altri termini, poichè la curvatura dello spazio-tempo del sistema pianeta-Sole dipende dalla massa-energia complessiva del sistema, al crescere della velocità dall'afelio verso il perielio,cresce, di pochissimo, la massa relativistica e con essa l'energia cinetica e la curvatura dello spazio-tempo. Successivamente il pianeta, raggiunta la posizione del perielio, la oltrepassa di poco, prima che inizi la diminuzione di velocità, che implica la diminuzione della massa relativistica e della curvatura dello spazio-tempo procedendo dal perielio verso l'afelio. Quindi il ciclo si ripete con periodiche variazioni di massa-energia e di curvatura e conseguenti piccoli avanzamenti della posizione del perielio.
3) Ci si riferisce ovviamente alla variazione della direzione della velocità per effetto della curvatura dello spazio-tempo,non al valore della velocità scalare c (modulo) , che è una costante universale. Si pensi che anche le onde gravitazionali si propagano con velocità c.
4) Anche se, per la legge di Wien, la massima intensità della radiazione termica, alla temperatura tipica di 2700°K (il tungsteno fonde a 3695°K), si ha nell'infrarosso, una percentuale significativa della potenza radiante viene emessa nello spettro visibile, in quantità sufficiente al raggiungimento dell'incandescenza, cioè dello “sbiancamento” dello spettro, anche se la maggior parte della potenza elettrica si converte in radiazione termica.
Soltanto con temperature maggiori o uguali a 5000 °K il massimo di emissione si sposta nello spettro visibile. Tanti cordiali saluti.

   

Egregio prof.re,
gentilmente La invito ad occuparsi a risolvere il seguente quesito:
-Un cilindro montato saldamente su un carrello, del peso complessivo di 6o Kg , scorre su un binario orizzontale,ed è immediatamente e costantemente alimentato  tramite una valvola in testa al cilindro, da aria compressa alla pressione di 5 Kg/cmq con una portata di 6l/s. Tra il cilindro e il pistone non vi è volume, tale che il pistone è a diretto contatto con il cielo del cilindro.
Il pistone ha un diametro di 10 cm, pesa 1,5 Kg e percorre una corsa di 30 cm.
Trascurando gli attriti, si vuol conoscere la velocità finale del pistone e del carrello che avrà sicuramente verso opposto a quello del pistone.
La ringrazio e La saluto distintamente
Francesca


Gent. ma Francesca,
Indicando con Mc = 60 kg la massa del sistema carrello-cilindro, con Mp = 1,5 kg la massa del pistone, con Vfc la velocità finale del carrello, con Vfp la velocità finale del pistone, con DV = 3,14 x 0,12x0,3/4 = 0,002355 mc la variazione di volume relativa alla corsa di 30 cm = 0,3 m e con p = 9,81 x 5 /0,0001 = 4,905 x 105 N/mq la pressione dell'aria nel cilindro, applicando il teorema lavoro-energia ed il principio di conservazione della quantità di moto, si ha: pDV = (1/2)Mc Vfc2 + (1/2)Mp Vfp2;
Mc Vfc + Mp Vfp = 0;
Risolvendo si ottiene: Vfc = -Mp Vfp /Mc ;
pDV = (1/2) Mc[-Mp Vfp /Mc]2 + (1/2)Mp Vfp2;
Vfp = sqrt[2 pDV/[Mp(1 + Mp/Mc)]] = sqrt (2 x 4,905 x 105 x 0,002355/[1,5 x(1 + 1,5/60)]) = = sqrt(2310/(1,5 x 1,025)) = sqrt(2310/1,5375) = sqrt(1502,43) = 38,761 m/s.
Vfc = -1,5*38,761/60 = - 0,969 m/s.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
gentilmente vorrei che Lei mi risolvesse il seguente argomento di dinamica:
-un carrello del peso di 100 Kg. è spinto da una forza costante di 3500 N. percorrendo un tratto di 9 m. Il tratto percorso dal carrello è così composto:
Nel 1° tratto, da 0 a 6 m, il moto è uniformemente accelerato;
Nel 2° tratto, da 6 a 7 m, il carrello viene contrastato da una forza resistente tale da fargli assumere un moto uniformemente ritardato e che alla distanza di 7 m dalla posizione iniziale ha ridotto la sua velocità di 5 m/s.
Poi il carrello continua la sua corsa e nel tratto di 7-8 m avviene lo stesso fenomeno del tratto di cui sopra;infatti il carrello verrà frenato di altri 5 m/s grazie alla solita forza resistente.
Infine, nell'ultimo tratto di 8-9 m, il carrello dovrà essere arrestato completamente da una forza resistente adeguata, con moto uniformemente ritardato fino alla distanza di 9m dalla posizione iniziale.
Si domanda quale sarà la velocità media del carrello per tutto il percorso, ricordando che la forza insiste con la sua intensità fino al nono metro?
La ringrazio moltissimo e La saluto distintamente.
Francesca


Gent. ma Francesca,
Nel primo tratto, per 0 < x < x1 <=6 m, indicando con Fm = 3500 N la forza motrice , l'accelerazione è a1 = Fm/M = 3500/100 = 35 m/s2, il moto è uniformemente accelerato (x1 = (1/2) a1 t2) ed il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione x1 = 6 m è t1 = sqrt(2 x1/a1) = sqrt(2 x 6 /35) = sqrt(0,3428) = 0,585 s.
La velocità finale è vf1 = a1 t1 = 35 x 0,585 = 20,475 m/s.
Nel secondo tratto, per 6 < x <= x2 = 7 m, essendo vf2 - vf1 = - 5 m/s la variazione di velocità per x = 7 m, la velocità finale del moto uniformemente ritardato è vf2 = 20,475 - 5 = 15,475 m/s . Pertanto si ha: vf22 = vf12 + 2 a2 (x2 - x1) e la decelerazione prodotta dalla forza risultante Fm - Fr , dove Fr è la forza resistente, è a2 = (vf22 - vf12)/(2 (x2 - x1)) = (15,4752 - 20,4752)/(2 x (7 - 6)) = -89,875 m/s2. Pertanto la forza resistente è Fr = Fm - Ma2 = 3500 - 100 x (-89,875) = 12487,5 N ed il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione x2 = 7 m è t2 = (vf2 - vf1)/a2 = -5/(-89,875) = 0,0556 s.
Nel terzo tratto, per 7 < x <= x3 = 8 m,essendo costante la decelerazione a3 = a2 = - 89,875 m/s2,il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione x3 = 8 m è t3 = (vf3 - vf2)/a3 = -5/(-89,875) = 0,0556 s.
vf3 = vf2 - 5 = 15,475 - 5 = 10,475 m/s.
Nell' ultimo tratto, per 8 < x <= x4 = 9 m, il moto è uniformemente ritardato e si ha: vf42 = vf32 + 2 a4 (x4 - x3), con vf4 = 0.
La decelerazione è a4 = (0 - vf32)/(2(x4 - x3)) = - (10,475)2/ (2 x (9 - 8)) = - 109,725/2 = - 54,863 m/s2.
Il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione x4 = 9 m è t4 = (0 - vf3)/a4 = - 10,475/-54,863 = 0,19 s.
In definitiva, essendo t tot = t1 + t2+ t3+ t4 = 0,585 + 0,0556 + 0,0556 + 0,19 = 0,8862 s il tempo impiegato dal carrello per percorrere il tratto d = 9 m, la velocità media del carrello, relativa allo spazio percorso d, è vm = d/t tot = 9/0,8862 = 10,155 m/s.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
con cortesia Le chiedo se nel quesito di dinamica precedentemente inoltrato, tutto il sistema fosse ruotato di 90°, ovvero se il carrello fosse spinto ipoteticamente dal basso verso l'alto con le stesse modalità precedentemente note, la velocità media che modulo potrebbe avere e quale potenza media potrebbe essere sviluppata dalla forza motrice?
Sempre grata per la sua brillante collaborazione, La saluto
Francesca


Gent. ma Francesca,
Nel primo tratto, per 0 < y < y1 <=6 m, indicando con Fm = 3500 N la forza motrice verticale e com P = Mg = 100 x 9,81 = 981 N, l'accelerazione è a1 = (Fm - Mg)/M = Fm/M - g = (35- 9,81) m/s2 = 25,19 m/s2, il moto è uniformemente accelerato (y = (1/2) a1 t2) ed il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione y1 = 6 m è t1 = sqrt(2 y1/a1) = sqrt(2 x 6/25,19) = sqrt(0,476) = 0,69 s.
La velocità finale è vf1 = a1 t1 = 25,19 x 0,69 = 17,381 m/s.
Nel secondo tratto, per 6 < y <= y2 = 7 m, essendo vf2 - vf1 = - 5 m/s la variazione di velocità per y = 7 m, la velocità finale del moto uniformemente ritardato è vf2 = 17,381 - 5 = 12,381 m/s . Pertanto si ha: vf22 = vf12 + 2 a2 (y2 - y1) e la decelerazione prodotta dalla forza risultante Fm - Mg - Fr , dove Fr è la forza resistente verticale, è a2 = (vf22 - vf12)/(2 (y2 - y1)) = (12,3812 - 17,3812)/(2 x (7 - 6)) = -74,405 m/s2. Pertanto la forza resistente è Fr = Fm - Mg - Ma2 = 3500 - 981 - 100 x (-74,405) = 9959,5 N ed il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione y2 = 7 m è t2 = (vf2 - vf1)/a2 = -5/(-74,405) = 0,0672 s.
Nel terzo tratto, per 7 < y <= y3 = 8 m,essendo costante la decelerazione a3 = a2 = - 74,405 m/s2,il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione y3 = 8 m è t3 = (vf3 - vf2)/a3 = -5/(-74,405) = 0,0672 s.
vf3 = vf2 - 5 = 12,381 - 5 = 7,381 m/s.
Nell' ultimo tratto, per 8 < y <= y4 = 9 m, il moto è uniformemente ritardato e si ha: vf42 = vf32 + 2 a4 (y4 - y3), con vf4 = 0.
La decelerazione è a4 = (0 - vf32)/(2(y4 - y3)) = - (7,381)2/ (2 x (9 - 8)) = - 54,479/2 = - 27,239 m/s2.
Il tempo impiegato dal carrello per raggiungere la posizione y4 = 9 m è t4 = (0 - vf3)/a4 = - 7,381/-27,239 = 0,27 s.
In definitiva, essendo t tot = t1 + t2+ t3+ t4 = 0,69 + 0,0672 + 0,0672 + 0,27 = 1,0944 s il tempo impiegato dal carrello per percorrere il tratto d = 9 m, la velocità media del carrello, relativa allo spazio percorso d, è vm = d/t tot = 9/1,0944 = 8,223 m/s.
La potenza media sviluppata dalla forza motrice Fm = 3500 N è pertanto Pm = Fm vm = (3500 x 8,223) W = 20780,5 W = 20,7805 Kw.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof. re,
nell'approfondire argomenti di idrodinamica, si presenta il seguente quesito che gentilmente Le chiedo di esaminare:
Un cilindro è sfilabile a perfetta tenuta da un altro cilindro, ed entrambi sono posti verticalmente dentro una vasca piena d'acqua. Il cilindro sfilabile pesa Kg. 30, ha un diametro di 0,12 m, è lungo 2 m. e la sua sommità sporge di 1,10 m al di sopra di quella del cilindro che lo contiene. Nel cilindro estraibile, le cui basi sono a tenuta d'acqua, è presente una camera intermedia, delimitata da due pareti circolari a tenuta d'acqua , quella superiore distante 0,60 m dalla superficie libera dell'acqua e quella inferiore distante 1,10 m dalla base superiore del cilindro. Inoltre, in prossimità della parete circolare intermedia inferiore, il cilindro presenta un foro laterale del diametro di 0,09 m , interno alla camera intermedia, che è pertanto invasa dall'acqua.
Trascurando gli attriti, si chiede quale sarà il lavoro richiesto per sfilare il cilindro estraibile di 0,4 m (ovviamente tenendo conto che la rimanente parte del cilindro è ancora inserita nell'altro cilindro fermo).
La ringrazio tantissimo e La saluto distintamente.
Francesca


Gent. ma Francesca,
Indicando con S = 3,14 x 0,122/4 = 0,0113 mq la sezione del cilindro estraibile, con hi = 1,1 m la profondità della parete circolare inferiore della camera intermedia, con hs = 0,6 m quella della parete circolare superiore della stessa, e con dy lo spostamento infinitesimo del cilindro estraibile (verso l'alto), si considerano la pressione p(y) = patm + r g h agente alla profondità h = hs - y sulla parete superiore della camera (per 0 <= y <= 0,4 m) e la pressione p(y) = patm + r g h agente alla profondità h = hi - y sulla parete inferiore della camera (per 0 <= y <= 0,4 m). Si calcolano quindi la forza p(y)S = p atmS + rgS (hs - y), agente verso l'alto alla quota y e dovuta alla pressione agente sulla parete circolare superiore, e la forza p(y) S = patmS + rgS (hi - y) agente verso il basso alla quota y e dovuta alla pressione agente sulla parete circolare inferiore.
La forza risultante agente sulla camera intermedia è pertanto diretta verso il basso ed ha l'intensità Fr (y) = patmS + rgS (hi - y) - p atmS - rgS (hs - y) = rgS (hi - hs) = 1000 x 9,81 x 0,0113 x (1,1 - 0,6) = 55,426 N, per 0 <= y <= 0,4 m.
Pertanto il lavoro richiesto per estrarre il cilindro di 0,4 m è L = (30 x 9,81 x 0,4 + 55,426 x 0,4) J = (117,72 + 22,17) J = 139,89 J.
Tanti cordiali saluti.

Egregio dottore,
purtroppo su internet non riesco a trovare quest' informazione, ma visitando il suo sito forse Lei può darmi una risposta.
La mia domanda è sulla chimica.
E' possibile arrivare a trovare il valore dell'energia di prima ionizzazione di un elemento, anche in modo non molto preciso,conoscendo solo la carica assoluta dell'elettrone e il suo numero atomico? grazie in anticipo- Giorgia


Gent. ma Giorgia,
Bisogna anzitutto considerare che la carica nucleare positiva Ze dovuta agli Z protoni del nucleo viene schermata dalla carica negativa dovuta agli Z - 1 elettroni, che per semplicità di trattazione, nell'approssimazione semiclassica (derivata dalla teoria di Bohr dell'atomo di idrogeno), si considera distribuita uniformemente in una sfera di raggio pari al raggio atomico Ra con densità r = (Z - 1)e/(4*3,14*Ra3/3). Pertanto l'energia potenziale elettrostatica Uel (coulombiana) dell'elettrone più esterno si calcola con il seguente procedimento:
[Z(R)e] = carica nucleare efficace alla distanza R dal centro del nucleo = carica nucleare - carica elettronica schermante contenuta in una sfera di raggio R <= Ra=
= Ze - (Z - 1) e(4*3,14*R3/3)/(4*3,14*Ra3/3)]/R = Ze - (Z-1) e (R/Ra)3. In particolare, per R tendente a zero, Z(0) coincide con Ze , essendo nullo in questo caso l'effetto schermante degli elettroni, mentre per R tendente ad Ra, Z (Ra) = e.
Pertanto il valor medio eZav della carica nucleare efficace nel volume della sfera di raggio Ra è:
eZav = [1/(4*3, 14*Ra3/3)] integrale (esteso da 0 a Ra) di [e Z(R)] * 4*3,14 *R 2dR] = (3/Ra3) [Ze Ra3/3 - (Z - 1)eRa3 /6] = Ze - e(Z -1)/2 = Ze/2 + e/2 = e(Z + 1)/2. A questo punto l'energia di prima ionizzazione dell'atomo (energia necessaria per rendere libero l'elettrone più esterno) si può calcolare utilizzando la formula dei livelli energetici dell'atomo di idrogeno, con Zav = (Z +1)/2 al posto di Z = 1: Ei = - m * Zav2e4/[2n2 [h/(2*3,14)]2] = - 13,6 [(Z +1)2/4]/n2, dove m è la massa dell'elettrone, e = 1,6 x 10-19C è la carica elettronica, n è il numero quantico principale dello strato elettronico (shell) più esterno e l'energia è espressa in eV (elettronvolt).
Riferimento web per i raggi atomici: https://venus.unive.it/chem2000/capitoli/10.htm.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof. re,
gentilmente le pongo un quesito di elettrotecnica da risolvere:
- un solenoide a ferro di cavallo,formato da 600 spire della sezione di 0,15 mq, della lunghezza di 0,6 m,è attraversato da una  cc. di 6 A  quando viene applicata una tensione di 50 V,   ed è posto con l'asse passante per i poli perpendicolare al suolo ed a 0,30 m. di distanza , in un punto in cui il cui campo magnetico della Terra ha un valore di 1,44x 10^-4T. Si vuole conoscere la forza attrattiva o repulsiva che scaturisce dal fenomeno in atto.
Moltissime grazie- Francesca


Gent. ma Francesca,
Il solenoide, per il teorema di equivalenza di Ampere, equivale ad un magnete avente momento magnetico M = momrI NS, con m o = 4 x 3,14 x 10-7 H/m, m r = 1, I = 6 A, N = 600, S = 0,15 mq. Pertanto M = m o mrI S = 4 x 3,14 x 10-7 x 6 x 600 x 0,15 = 6,782 x 10-4 Wb x m (Weber x metro) e l'energia potenziale del magnete equivalente nel campo magnetico terrestre con intensità Ht = Bt/( mom r) , è U = MHt = m o mrI NS x Bt/( momr) = NSBtI.
L'intensità della forza F agente sul solenoide (attrattiva o repulsiva secondo che il verso della retta orientata da S a N, passante per i poli del solenoide,sia rispettivamente concorde o discorde con il verso del campo magnetico terrestre) si ottiene uguagliando l'energia potenziale U al lavoro Fd relativo ad uno spostamento d = 0,3 m nel campo magnetico costante Bt:
NSBtI = Fd;
F = NSBtI/d = 600 x 0,15 x 1,44 x 10-4 x 6/0,3 = 0,2592 N.
Tanti cordiali saluti.

Innanzitutto volevo fare i complimenti per il sito che trovo molto interessante specialmente per i suoi contenuti.
Io sono un appassionato di fisica, e spesso mi capita di avere degli interrogativi ai quali non so dare risposte e trovo difficile avere pareri autorevoli che chiariscano i miei dubbi.
Domanda:
    Cosa c'è di vero negli studi di Nikola Tesla riguardo alla captazione di energia elettrica dal sole o dallo spazio?
Ci sono esperimenti che hanno portato a risultati apprezzabili?
Attendendo una risposta ringrazio anticipatamente, saluti
 Pierpaolo


Gentile Pierpaolo,
Riporto le seguenti riflessioni di Tesla sulle energie alternative (tratte da Century Illustrated Magazine, June 1900- https://www.tfcbooks.com/tesla/1900-06-00.htm):
“Electricity produced by natural causes is another source of energy which might be rendered available. Lightning discharges involve great amounts of electrical energy, which we could utilize by transforming and storing it. Some years ago I made known a method of electrical transformation which renders the first part of this task easy, but the storing of the energy of lightning discharges will be difficult to accomplish. It is well known, furthermore, that electric currents circulate constantly through the earth, and that there exists between the earth and any air stratum a difference of electrical pressure, which varies in proportion to the height.
In recent experiments I have discovered two novel facts of importance in this connection. One of these facts is that an electric current is generated in a wire extending from the ground to a great height by the axial, and probably also by the translatory, movement of the earth. No appreciable current, however, will flow continuously in the wire unless the electricity is allowed to leak out into the air. Its escape is greatly facilitated by providing at the elevated end of the wire a conducting terminal of great surface, with many sharp edges or points. We are thus enabled to get a continuous supply of electrical energy by merely supporting a wire at a height, but, unfortunately, the amount of electricity which can be so obtained is small.”
Gli scritti di Tesla ci danno la prova che Egli concepì , senza svilupparle, idee innovative riguardanti la captazione dell' energia liberata dai fulmini, pur rendendosi conto delle enormi difficoltà pratiche connesse
all' immagazzinamento dell'energia sprigionata dalle scariche elettriche atmosferiche ed alla regolare erogazione di potenza elettrica, a causa dell' imprevedibile ed aleatorio manifestarsi delle stesse.
Risulta chiaro inoltre che Tesla concepì l'idea che sta alla base dell' esperimento del satellite al guinzaglio, attuato anni fa dalla NASA per provare la generazione di potenza elettrica mediante un filo metallico teso tra un piccolo satellite ed una navicella spaziale Shuttle, per effetto del campo magnetico terrestre (vedi rif. 3,4).
Tesla inoltre concepì un generatore (un pannello solare ante litteram) in grado di convertire in energia elettrica sia l' energia elettromagnetica radiante solare sia l' energia cinetica delle particelle cosmiche cariche di alta energia (raggi cosmici) (vedi rif. 1,2). Non esistono prove che sia stato realizzato un prototipo dell' invenzione.
Riferimenti web:
1)https://t0.or.at/tesla/
2) https://t0.or.at/tesla/tesfreee.htm
3) https://www.tfcbooks.com/tesla/contents.htm
4) https://www.francomalerba.it/profilo/missione.htm
Cordiali saluti

Egregio prof.re,
con cortesia Le rivolgo il seguente quesito da esaminare:
Su una carrucola fissa del raggio di 0,30 m sono fissate due sfere metalliche, entrambe dello stesso peso (0,400 Kg.), e precisamente, una a 60° rispetto all'asse verticale della carrucola e l'altra a 30°.
Quando questo sistema viene abbandonato, trascurando la massa della carrucola e gli attriti, si vuole conoscere la velocità periferica con cui si muove la carrucola , fin quando una delle due sfere raggiunge l'asse orizzontale della carrucola, che con l'asse verticale forma un angolo di 90°.
Ringrazio e saluto con osservanza
Francesca


Gent.ma Francesca,
Poichè il braccio iniziale (distanza dall'asse verticale) della forza peso p1 = m1g della sferetta a 60° (che si suppone sia posta a sinistra dell'asse verticale) è R sen 60° = 0, 3 x 0,866 m = 0,2598 m, mentre quello della forza peso peso p2 = m2g della sferetta a 30° (che si suppone sia posta a destra dell'asse verticale) è R sen 30° = 0,3 x 0,5 = 0,15 m, il momento risultante delle forze peso agenti sulla carrucola, pari alla somma vettoriale dei momenti delle forze p1 e p 2 , determina una rotazione in senso antiorario.
Trascurando gli attriti ed applicando il principio di conservazione dell'energia meccanica totale,se si indicano con h1in = R sen 30° = 0,3 x 0,5 m = 0,15 m la quota iniziale della sferetta 1 riferita all'asse orizzontale della carrucola, con h1fin = R sen 0° = 0 la quota finale della stessa, con h2 in = R cos 30° = 0,3 x 0,866 = 0, 2598 m. la quota iniziale della sferetta 2 e con h2fin = R sen 90° = 0,3 m la quota finale della stessa, si calcola la variazione dell'energia potenziale totale D UT = DU1 + DU 2.
DU 1 = U 1fin - U1in = m1gh1fin - m1 gh1 in = 0,4 x 9,81 x 0 - 0,4 x 9,81 x 0,15 = - 0, 5886 J (l' energia potenziale della sferetta 1 diminuisce).
DU 2 = U2fin - U2in = m2gh2fin - m2gh2in = 0,4 x 9,81 x 0,3 - 0,4 x 9,81 x 0,2598 = (1, 1772 - 1,0194 ) J = 0,1578 J (l'energia potenziale della sferetta 2 aumenta a spese della diminuzione dell'energia potenziale della sferetta 1) .
DUT = DU1 + DU 2 = (- 0,5888 + 0,1578)J = - 0, 4308 J.
Se si trascura il momento d'inerzia (1/2) MR2 della carrucola (con massa M trascurabile) e si indica con DK = (1/2) (m1 + m2) vp2 l'incremento di energia cinetica delle sferetta, si ottiene: DK = (1/2) (m1 + m2) vp 2 = - DUT = - (-0,4308 J);
vp (velocità periferica della carrucola) = SQRT (2 x 0,4308/ (0,4 + 0,4)) = SQRT (1,075) m/s = 1,0368 m/s.
Tanti cordiali saluti

Gent.mo Prof. Cucinotta,
le scrivo per chiederle delle spiegazioni in merito ad un fenomeno che riguarda le cosiddette "lampade a risparmio energetico", ovvero lampade fluorescenti con circuito di accensione integrato. In condizioni di buio totale, con le lampade spente e dunque con l'interruttore unipolare aperto, è possibile intravedere dei bagliori provenienti da esse.
I bagliori emessi durano pochi decimi di secondo, ed hanno una bassissima intensità luminosa, per questo motivo riesco ad apprezzarli solo in condizioni di buio totale.
Non hanno una periodicità, ma si ripetono frequentemente ogni 15-30 secondi circa.
Ho osservato il fenomeno in casa mia su tre lampade comandate da interruttori separati.
Qual è la causa di questi tenui bagliori ?
La ringrazio sin d'ora per la sua cortese risposta.
Saluti, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
I predetti tenui bagliori si osservano in oscurità non soltanto con le lampade fluorescenti elettroniche, del tipo a risparmio energetico, ma spesso anche con tubi fluorescenti ordinari, sia lineari che circolari, alimentati con il classico sistema reattore-starter. In entrambi i casi i bagliori sono prodotti dalla debole ionizzazione del gas dovuta sia alla radiazione cosmica di fondo, sia alla radioattività naturale della crosta terrestre.
Si verifica infatti attraverso il gas debolmente ionizzato il passaggio di una debolissima corrente alternata con l'intensità di alcuni microampere, che è in sostanza una corrente di dispersione resistivo-capacitiva, che si chiude sia attraverso le piccole capacità parassite associate agli elettrodi del tubo ed ai contatti di alimentazione (qualche decina di picofarad), sia attaverso canali di conduzione superficiali che interessano il vetro e sono associati all'umidità dell'ambiente ed alla presenza di piccole concentrazioni di sali (per es. cloruro di sodio in zone marine) .
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
Le vorrei presentare un quesito di dinamica da risolvere in cui bisogna conoscere la velocità:
su una cinghia del peso di 25 Kg. girevole attorno a due tamburi del diametro di 0,4 m, posti in senso orizzontale, ed i cui assi verticali sono distanti tra di loro di 1,30 m, vi sono dei pioli ben saldi sulla cinghia stessa e distanti l'uno dall'altro di 0, 65 m.
Il piolo disposto sulla periferia del tamburo di destra, in corrispondenza della verticale passante per il suo asse, viene spinto costantemente da una forza di 800 N fino alla verticale passante per l'asse del tamburo di sinistra, e questa azione,dopo che il piolo di destra si sia spostato di 1,3 m sotto l'azione di F, si ripete nuovamente appena si presenta un altro piolo disposto sulla periferia del tamburo di destra, in corrispondenza della verticale passante per il suo asse, e così via.
Costatando che il sistema è continuamente in moto, si vuole sapere la velocità media dei pioli.
La ringrazio e La saluto cordialmente.
Francesca


Gent. ma Francesca,
Se consideriamo inizialmente una cinghia di massa M = 25 Kg, dotata di un solo piolo, l'accelerazione costante impressa dalla forza F = 800 N è a1 = F/M = 800/25 = 32 m/s2, e la velocità finale acquisita dalla cinghia quando il piolo si trova sulla periferia del tamburo di sinistra, in corrispondenza della verticale passante per il suo asse, è Vfin = SQRT(2a1d) = SQRT (2 x 32 x 1, 3) = 9,121 m/s, essendo d = 1,3 m la distanza tra gli assi dei cilindri.
Essendo il moto uniformemente accelerato, si ha:
d = (1/2)a1 t12; t1 = SQRT (2d/a1) = SQRT(2 x 1,3/32) = SQRT (8,125 x 10-2) = 0,285 s, e la velocità media della cinghia con un solo piolo è
Vm1 = d/t1 = 1,3/0,285 = 4,56 m/s, valore che ovviamente coincide con (Vin + Vfin)/2 = (0 + 9,121)/2 = 4,56 m/s, poichè l'accelerazione è costante.
Considerando invece una cinghia con 6 pioli equidistanti, posti alla distanza di 0,65 m l'uno dall'altro, l'accelerazione a6 è 6 volte maggiore, a6 = 6a = 6 x 32 m/s2 = 192 m/s2, essendo 6 volte maggiore la forza applicata. Pertanto, essendo t6 = SQRT(2d/a6) = SQRT (2 x 1,3/192) = SQRT (1, 354 x 10-2) = 0,1163 s, la velocità media è Vm6 = d/t 6 = 1,3/0,1163 = 11,178 m/s.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
La ringrazio per la esplicita soluzione del problema, ma, se i pioli dovessero avere un peso di 2Kg. ciascuno, che potenza media potrebbe avere il sistema?
Ringrazio sempre per l'ottimo insegnamento e La saluto cordialmente
Francesca


Gent.ma Francesca,
Poichè i sei pioli fanno aumentare di 12 Kg la massa del sistema,ripetendo il calcolo precedente con M' = (25 + 12) Kg = 37 Kg, si ottiene un'accelerazione a'6 = 6 F/M' = 6 x 800/37 = 129,73 m/s 2,con t' 6 = SQRT(2d/a'6) = SQRT (2 x 1,3/129,73) = SQRT (2,0041 x 10 -2) = 0,1415 s,mentre la velocità media è V'm6 = d/t' 6 = 1,3/0,1415 = 9,187 m/s.
Pertanto la potenza media richiesta per il funzionamento del sistema è Pm = F V'm6 = (800 x 9,187) W = 7349,6 W = 7,3496 KW.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof. re,
cortesemente Le propongo una variante all'esercizio di dinamica ultimamente proposto, tenendo presente quei dati:
-la forza di 800 N sempre presente sui 4 pioli, inizia la sua azione, sempre costante per tutto il percorso di 1, 928 m, a partire dal punto estremo destro, spostato verso l'alto di 4° dall'asse orizzontale dei due tamburi, fino al punto stremo sinistro, passato di 4° dopo l'asse orizzontale, dove la forza scema completamente. Il piolo posizionato perpendicolarmente sulla cinghia, è alto 0, 10 m. Pertanto, si vuole sapere la forza media per il mezzo giro che misura 1, 928 m, la velocità media ed infine la potenza media.
Tantissime grazie,e distinti saluti.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Nei percorsi curvi iniziale (1) e finale (3), rispettivamente precedente e seguente il tratto orizzontale (2) in cui la forza F è orizzontale, il calcolo dei tempi può essere effettuato considerando che il lavoro negativo compiuto nel tratto curvo (1) dalla componente verticale F sen 4° = 800 x 0,06975 = 55, 8 N,diretta verso il basso,è compensato esattamente dal lavoro positivo compiuto nel tratto curvo (3) da un'identica componente verticale di 55,8 N, e che invece si sommano i lavori positivi compiuti dalla componente orizzontale F cos 4° = 800 x 0,997 = 798 N nei predetti tratti curvi.
Indicando con R = 0,2 m il raggio dei tamburi e con h = 0,1 m l'altezza dei pioli, nel percorso curvo di destra (iniziale), essendo il moto con accelerazione costante a1x6 = 6 x F x cos 4°/M' = 6 x 800 x cos 4°/37 = 129,402 m/s2, il tempo impiegato è t 1 = SQRT[2 (R + h) cos 4°/a1x6] = SQRT( 2 x 0,3 x cos 4°/129, 402) = 0,068 s.
La velocità finale è V1 = a 1x6 t 1 = 129,402 x 0, 068 = 8,799 m/s.
Nel tratto orizzontale di lunghezza d = 1,3 m, l'accelerazione costante è a2x6 = 6 F/M' = 6 x 800/37 = 129,73 m/s2 ed il tempo impiegato si calcola dall' equazione:
d = V 1t2 + (1/2) a2x6 t22;
t2 = [-V1 +SQRT(V 12 + 2 a 2x6 d)]/ a2x6 = [- 8,799 + SQRT(8,7992 + 2 x 129, 73 x 1,3)]/129,73 = 0,08914 s.
La velocità finale è V2 = V 1 + a2x6 t2 = 8,799 + 129,73 x 0,08914 = 20, 363 m/s.
Nel tratto finale l'accelerazione costante è, per simmetria, a 3x6 = a1x6 = 129,402 m/s.
Dall' equazione del moto (R + h) cos 4° = V2 t3 + (1/2) a 3x6 t 3 2;
t3 = [-V2 +SQRT(V2 2 + 2 a3x6 (R + h) cos 4°)]/ a 3x6 = [- 20, 363 + SQRT(20,3632 + 2 x 129,402 x 0,3 cos 4°) ]/129,402 = 0,014 s.
Il tempo complessivo è ttot = t 1 + t 2 + t 3 = 0,068 + 0,08914 + 0,014 = 0,1711 s.
La forza media è Fm = (F + F cos 4°)/2 = (800 + 800 cos 4°)/2 = 799 N.
La velocità media è pertanto Vm = [2 (R + h) cos 4° + d]/ ttot = [2 (0,2 + 0, 1) x 0,9975 + 1,3] / 0,1711 = 1,898/0,1711 = 11, 0929 m/s.
La potenza media è Pm = FmVm = 799 x 11,0929 = 8863,22 W = 8, 86322 kW.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore ,
“rispolverando” le equazioni di Maxwell mi sono sorte delle domande.
  Vorrei essere spiegato il paradosso di Ampere : nell’ esempio classico si vede sempre una specie di “ tazza ” intorno a una piastra di un condensatore, il cui fondo passa tra le piastre , e si dice che la circuitazione della superficie superiore ha un valore, mentre quella del resto della tazza è uguale a zero, per il fatto che tra le piastre non circolerebbe corrente . Ma visto che il fondo fa parte in maniera continua di tutta la tazza com’ è possibile rilevare un campo elettrico in superficie e non su tutto il resto ?
  Vorrei capire il “nesso” tra la corrente di spostamento e la propagazione nel vuoto del campo elettromagnetico , nel senso che , se Maxwell capì che anche una variazione del campo elettrico produce un campo magnetico ( come l’ inverso ) tramite l’ introduzione della ( reale ) corrente di spostamento, il fatto che poi la stessa cosa avviene anche senza di essa , lo scoprì casualmente ? Matematicamente, in un secondo momento ( non chiedo ovviamente come ! )? Insomma poteva capirlo lo stesso senza la corrente di spostamento?
La domanda mi sorge , perché sembra che il fatto che una variazione di c.e. produca effetti magnetici, una volta è dovuto alla corrente di spostamento ( dovuta a sua volta al movimento minimo delle cariche di un corpo ( nell’ es. suddetto , l’ isolante del condensatore ) ) e in un ‘ altra avviene lo stesso, senza che sia minimamente necessario aver scoperto la corrente di spostamento !!!
  E qui mi viene un’ altra domanda : ma un campo elettromagnetico che viaggia nel vuoto e poi investe un oggetto, al pari del dielettrico di un condensatore che produce la corrente di spostamento e poi effetti magnetici , ecc., l ‘oggetto investito dunque , produce a sua volta con la corrente di spostamento interna ad esso un altro campo che va ad interferire con quello che l’ ha investito ?
  Grazie .Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
Maxwell coniò il termine di corrente di spostamento riferendosi al fatto che in un dielettrico sottoposto ad un campo elettrico, per es. nel dielettrico di un condensatore, nascono, in conseguenza dello spostamento dei centri di simmetria delle cariche positive e negative (rispettivamente nuclei atomici ed orbitali elettronici), dei dipoli elettrici che rendono conto dei fenomeni di polarizzazione, ai quali è dovuta la generazione di un campo elettrico, determinato dalle cariche originate dalla polarizzazione ed in opposizione al campo elettrico applicato al dielettrico.
L'esperimento concettuale citato è proprio alla base dell' idea maxwelliana delle correnti di spostamento. Infatti, immaginando di collegare con un conduttore le due armature di un condensatore carico, gli elettroni si spostano all'interno del conduttore, dall' armatura negativa verso quella positiva, generando un campo magnetico la cui intensità si calcola applicando la legge della circuitazione di Ampere: H x C = I, dove I è la corrente di scarica del condensatore, passante nel conduttore e C è la lunghezza della circonferenza passante per il punto, a distanza R dal filo, in cui si desidera calcolare l'intensità del campo magnetico H. Ma, se per le circonferenze di raggio R (nella parte superiore della tazza), con il centro sul filo, la circuitazione magnetica è diversa da zero, essendo diversa da zero la corrente di conduzione, ed il campo magnetico H è diverso da zero, applicando invece la legge di Ampere ad una circonferenza di raggio R passante tra le armature (in corrispondenza del fondo della tazza), si ottiene H = 0, essendo ivi nulla la corrente di conduzione I-
Notando proprio questa incongruenza, Maxwell, per eliminare la discontinuità tra la corrente nulla attraverso il fondo della tazza e la corrente di conduzione passante nel filo, ebbe l'idea di considerare la cosiddetta “corrente di spostamento”, pari a eS dE/dt ed avente lo stesso effetto di un' ordinaria corrente di conduzione. Questo si può dimostrare elementarmente, considerando che la corrente di scarica I = dQ/dt, grazie al teorema di Coulomb, che stabilisce che l'intensità del campo elettrico E in prossimità di una lamina metallica sulla cui superficie, di area A, è distribuita la carica Q = As ,con densità superficiale s , è data dal rapporto E = s/ e, essendo e la costante dielettrica del dell'isolante . Pertanto I è pari a d( A s )/dt = d(AeE)/dt = A edE/dt, cioè è direttamente proporzionale alla derivata temporale dell' intensità del campo elettrico E tra le armature del condensatore. Introducendo, matematicamente, la corrente di spostamento , Maxwell eliminò l'incongruenza e potè considerare la predetta corrente come una corrente a tutti gli effetti, capace pertanto di generare un campo magnetico variabile tra le armature di un condensatore che si carica o si scarica. In seguito , basandosi sull' ipotesi dell' etere cosmico, distrutta successivamente da Einstein, considerò la corrente di spostamento anche nel vuoto, per spiegare la propagazione delle onde elettromagnetiche grazie alla mutua dipendenza tra campi magnetici ed elettrici variabili. Oggi, abbandonati definitivamente l'ipotesi dell' etere ed il termine obsoleto “corrente di spostamento”, si dice semplicemente che un campo elettrico variabile genera, sia nel vuoto che in un isolante, un campo magnetico variabile, che, a sua volta genera un campo elettrico variabile, e così via.
Infine, quando un' onda elettromagnetica si propaga in un dielettrico, si generano in questo delle cariche di polarizzazione variabili nel tempo (corrispondenti al termine maxwelliano della corrente di spostamento) , che a loro volta generano un campo elettrico di polarizzazione che si oppone al campo dell'onda elettromagnetica che si propaga nel dielettrico.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore, buonasera e buon anno .
  Ho appena letto che tra i successi scientifici 2009 è annoverata la scoperta del monopolo magnetico . A parte che mi sembra che l’ evento sia passato alquanto in sordina , ma non significa l’ annullamento della 2° equazione di Maxwell ?
 Vorrei sapere poi la differenza tra forze newtoniane e non newtoniane.
Se per forza newtoniana s’ intende quella che si origina da un corpo e si trasferisce su un altro, le forze tra correnti , i magneti e le cariche, invece,ho letto che non lo sono.
Ma non trasferiscono ugualmente la loro azione su altri corpi ?
Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
RingraziandoLa anzitutto per gli auguri di buon anno, che ricambio cordialmente, per quanto concerne la scoperta del monopolo magnetico, faccio presente che si tratta di risultati sperimentali ottenuti da due gruppi di fisici (vedi link https://physicsworld.com/cws/article/news/40302) i quali, impiegando metodi diversi (diffrattometria neutronica e misure di calore specifico in prossimità dello zero assoluto), hanno potuto evidenziare la formazione di monopoli magnetici in cristalli ferromagnetici nei quali gli spin si dispongono ai vertici di coppie di tetraedri. Questi cristalli sono denominati spin ice , cioè ghiaccio di spin, in quanto la disposizione geometrica degli spin degli ioni nel reticolo cristallino è simile a quella degli atomi di idrogeno nel ghiaccio.
In pratica sono stati osservati dei fenomeni critici per cui l'orientamento di alcune coppie di spin si è invertito, dando luogo a due distinte zone magnetiche con le linee di forza tutte entranti o tutte uscenti, come appunto accade per le cariche elettriche. Gli studi proseguono, anche in vista di interessanti applicazioni concernenti memorie magnetiche di nuovo tipo, basate sulla cosiddetta “spintronica”.
Tuttavia, dal punto di vista teorico, i risultati sono circoscritti unicamente ai cristalli ferromagnetici oggetto di studio e non possono essere affatto utilizzati come prove dell' effettiva esistenza dei monopoli introdotti da Dirac nel 1931 per evidenziare la dualità delle equazioni di Maxwell proprio in conseguenza dell'introduzione dei monopoli magnetici. In particolare Dirac dimostrò che per non invalidare la seconda equazione di Maxwell, che impone che le linee di forza magnetiche siano sempre chiuse (vedi esperienza della calamita spezzata), bisogna aggiungere
all' espressione del potenziale magnetico vettoriale (A) un termine in grado di cancellare i punti di singolarità (divergenza verso valori infiniti) introdotti nella teoria maxwelliana dai monopoli magnetici. Questo termine è compatibile con la rottura delle linee di forza magnetiche soltanto in rarissimi punti dello spazio coincidenti con la posizione degli ipotetici monopoli. In sostanza, la teoria di Maxwell-Dirac “tollera” l' apertura delle linee di di forza soltanto in rarissimi casi limite, come quelli osservati negli spin ice. Inoltre Dirac dimostrò che l'introduzione dei monopoli rende conto della quantizzazione della carica elettrica,cioè del fatto che qualsiasi carica in natura è sempre multipla dell' unica carica elementare,che è quella
dell' elettrone. La questione dell' esistenza dei monopoli è tuttora del tutto aperta ed è condizionata dalle attuali e future possibilità di raggiungere energie così grandi da potere evidenziare l'esistenza di questi rarissimi oggetti, la cui massa-energia dovrebbe essere molto grande ed irraggiungibile anche con la supermacchina LHC del CERN.
Per quanto riguarda le forze newtoniane, l'aggettivo newtoniano è riservato esclusivamente alle forze gravitazionali che dipendono dall' inverso del quadrato della distanza.Infatti le forze elettriche, la cui dipendenza dalla distanza è la stessa delle forze newtoniane, sono definite coulombiane, mentre le forze esercitate dai campi magnetici sui conduttori percorsi da corrente hanno leggi di variazione diverse (si pensi alle leggi elettrrodinamiche di Ampere, in base alle quali le forze elettrodinamiche tra due conduttori rettilinei sono inversamente proporzionali alla distanza tra gli stessi.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore ,
ho qualche curiosità “elettromagnetica”.
1. Non riesco a capire perché il campo magnetico non può essere conservativo  nel senso che , è vero che la sua circuitazione è diversa da zero , ma se io ritorno nello stesso punto, come si fa in un campo elettrico, perché dovrebbe esserci un valore diverso ? Perché non può esistere un potenziale magnetico ? Sì , è vero che matematicamente si dimostra , ma è proprio a livello concettuale che non riesco a capire il perché della non “conservatività”.
Se il campo magnetico è costante ( una calamita ad es. ) , o se la corrente che lo produce non è variabile , si ha un campo magnetostatico e perché mai non dovrebbe essere fatta salva la conservatività ?
2. Perché, come ho letto , se la legge di Faraday viene riscritta simmetricamente ( senza la corrente  di spostamento di Maxwell ) , cioè produrre un campo magnetico da una variazione di campo elettrico , l’ equazione è  dimensionalmente sbagliata ? Che s’ intende ?
3. Una curiosità circa l’ ordine delle  4 equazioni di Maxwell :  in tutti i testi le prime due son sempre le stesse , in altri la terza e la quarta s’ invertono .
        Infatti , quando si parla della terza, tradizionalmente si pensa alla legge di Faraday e invece per alcuni è quella della generalizzazione della legge di        Ampere. E’ a discrezione dell’ autore ?
4. Infine vorrei sapere perché nei libretti delle istruzioni delle auto , quando si parla di ricaricare la batteria con quella di un’altra auto , si dice di collegare positivo con positivo ( e ci siamo ) e il negativo con la scocca . Ma che c’entra ? Collegandolo con la scocca non viene meno proprio il circuito ? E perché quando si tratta di staccarli consigliano di levare prima il negativo? Se si leva prima il positivo succede qualcosa ?
Grazie.  Francesco  –  Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
Rispondo alle Sue curiosità "elettromagnetiche":
1. Un campo magnetico la cui intensità H sia indipendente dal tempo è conservativo soltanto se è generato da magneti permanenti (o da elettromagneti alimentati in corrente continua) , non considerando pertanto i campi magnetici variabili generati da campi elettrici variabili , e se si escludono tutti i cammini (linee curve chiuse) di circuitazione concatenati con correnti elettriche.
Esempio: E' conservativo il campo magnetico tra i poli di un magnete permanente o di un elettromagnete alimentato in corrente continua, se si considera un qualsiasi cammino chiuso, di qualsiasi forma lungo il quale si calcoli il lavoro compiuto dalla forza magnetica quando un' ideale massa magnetica isolata , per es. Nord, (non esistono poli magnetici isolati) si muova a partire da un punto e ritorni allo stesso punto, purchè , nel caso dell' elettromagnete, il cammino chiuso non attraversi nessuna delle spire dell' avvolgimento dell' elettromagnete. E' un caso analogo a quello del lavoro compiuto dal campo conservativo gravitazionale qualora una massa venga elevata da un punto ad un altro punto, attraverso un qualsiasi cammino, rettilineo o curvo, e ritorni per gravità al punto di partenza attraverso un cammino di ritorno, rettilineo o curvo, diverso o coincidente con quello di andata. I due cammini costituiscono un percorso chiuso (ciclo) lungo il quale il lavoro effettuato dal campo gravitazionale è nullo, in quanto è dato dalla somma del lavoro negativo fatto durante l' ascesa contro la forza elevatrice e di quello, uguale e di segno opposto, fatto nel riportare il grave al punto di partenza. Si pensi, per es., ad una massa vincolata a muoversi con attrito trascurabile, per effetto di una spinta iniziale, lungo una guida circolare giacente in un piano verticale.
Se invece si considerasse il lavoro fatto dalla forza magnetica sull'ideale massa magnetica isolata dell' esempio precedente, costretta a spostarsi lungo un cammino, per esempio lungo una circonferenza di raggio R giacente in un piano parallelo al campo magnetico generato dal magnete (o dall' elettromagnete), ma concatenata ad un filo rettilineo passante per il centro della circonferenza, perpendicolare ad essa e percorso da una corrente continua di intensità I , al lavoro complessivamente nullo effettuato dal campo magnetico generato dal magnete ( o dall' elettromagnete) bisognerebbe aggiungere il lavoro compiuto dal campo H' = I/(2 pR) generato dalla corrente I. E se al posto di un unico filo percorso dalla corrente I ci fossero N fili passanti per il centro e percorsi da altrettante correnti di intensità I, il lavoro da aggiungere sarebbe pari a N volte quello svolto dal campo H' dovuto ad un solo filo. Infatti, in presenza di circuiti elettrici concatenati con il percorso chiuso che si considera per il calcolo del lavoro, bisogna considerare non soltanto il lavoro (complessivamente nullo) effettuato dal campo conservativo generato dal magnete permanente
(o dall' elettromagnete), ma anche il lavoro, diverso da zero, svolto dal campo magnetico generato dai conduttori percorsi da corrente, campo le cui linee di forza, nel semplice esempio del filo rettilineo, è sempre diretto lungo la tangente alla circonferenza . In questo caso il campo magnetico non è più conservativo, poichè il lavoro svolto dal campo magnetico generato dal conduttore rettilineo è positivo in entrambi i percorsi semicircolari che costituiscono il ciclo chiuso, a differenza di quanto si verifica per il campo generato dal magnete permanente, che mantiene lo stesso verso in entrambi i percorsi semicircolari (andata e ritorno) , dando origine ad un lavoro totale nullo, che implica la conservatività del campo. Il potenziale magnetico esiste pertanto soltanto se si considerano cammini non concatenati con conduttori percorsi da corrente, perchè soltanto in questo caso il campo magnetico è conservativo (o irrotazionale,essendo rot H = 0).
2. 3.
L' ordine di scrittura delle equazioni di Maxwell non è tassativo. Di solito, vengono prima scritte le equazioni div D = r e div B = 0, corrispondenti al teorema di Gauss, rispettivamente per il campo di induzione elettrica D = eoeoE e per il campo di induzione magnetica B = momoH.
La terza equazione di solito è la legge generalizzata di Ampere-Maxwell) rot H = J + dD/dt, che esprime che il campo magnetico H è rotazionale (cioè non conservativo) quando è generato non soltanto da correnti elettriche, costanti o variabili nel tempo, con densità J (J è il rapporto tra tra l' intensità di corrente I e la sezione S attraverso cui fluisce la corrente di intensità I), ma anche da un campo di induzione elettrica D variabile nel tempo. Poichè le dimensioni fisiche della densità di corrente J = I/S si esprimono in ampere/mq, cioè in coulomb/(secondo . metro quadro), se si considerasse al posto della derivata dD/dt la derivata dE/dt del campo elettrico rispetto al tempo [(Volt/metro)/secondo], ne deriverebbe un errore di congruenza dimensionale. Bisogna pertanto considerare il termine dD/dt, in quanto le dimensioni dell' induzione elettrica D si esprimono in coulomb/metro quadro, da cui dividendo per un secondo si ottengono le stesse dimensioni di J . La quarta equazione è la legge di Faraday- Neumann-Lenz
rot E = - dB/dt, che esprime la generazione di un campo elettrico rotazionale (cioè non conservativo) per effetto di un campo magnetico di induzione B, variabile nel tempo.
4. Si consideri che il polo negativo della batteria è sempre stabilmente collegato alla scocca (massa elettrica dell' impianto, cioè conduttore di ritorno per tutti gli utilizzatori (fari, lunotto termico, ecc), che infatti vengono alimentati mediante un solo conduttore che viene collegato, attraverso un interruttore, alla linea di alimentazione che fa capo al polo positivo. La scocca funge da conduttore di ritorno, come si verifica negli impianti di trazione elettrica ferroviaria e tranviaria, nei quali il conduttore di ritorno è costituito dalle rotaie.
L' ordine di distacco dei cavi, prima il negativo e poi il positivo, è dettato da una norma prudenziale di sicurezza. Infatti, poichè si ritengono probabili, durante il distacco delle pinze, dei contatti accidentali tra la linea positiva e la scocca, per esempio nel caso di contatto accidentale, con la scocca, della pinza già distaccata dal polo positivo della batteria dell' auto ed ancora collegata al polo positivo della batteria di emergenza, con conseguente, violentissimo e pericolosissimo cortocircuito, si preferisce distaccare prima le pinze del cavo negativo e subito dopo quella collegata al polo positivo della batteria d'emergenza e per ultima quella collegata al polo positivo della batteria dell' auto.
Tanti cordiali saluti.

 Egregio prof. Cucinotta
dalle equazioni di Maxwell sappiamo che ' un campo elettrico variabile nello spazio produce un campo magnetico'. Tale campo magnetico risulta ovviamente ach'esso variabile.
Ho realizzato un esperimento che, secondo me, doveva verificare quanto detto sopra anche se in manierainsolita: ho preso un disco di plastica circolare del diametro pari a quello di un DVD e ho incollato sulle due facce due mezzi anelli di carta stagnola in modo da formare un condensatore ad armature piane.
Mediante un generatore di alta tensione ho caricato detto condensatore, per cui sulle armature ho accumulato una certa quantità di cariche elettriche pari a Q = C * V (ho utilizzato alta tensione di 20000 volt continui perchè la capacità di detto  condensatore, essendo per ovvi motivi piccola, per ottenere una sufficiente quantità di elettricità ho dovuto elevare la tensione). Staccando il generatore di alta tensione, ho verificato che la carica elettrica accumulata sulle armature durasse abbastanza a lungo per effettuare qualche misura prima di disperdersi a causa delle perdite: infatti cortocircuitando mediante un conduttore le due armature, ho visto scoccare una piccola scintilla. Con il condensatore caricato, ho avvicinato ad una delle due armature un solenoide (composto da un nucleo di ferro e tantissime spire) a cui ho collegato un millivoltometro. A disco fermo, le cariche elettriche essendo statiche (e quindi non c'è variazione di campo elettrico) non producono campo magnetico variabile e dunque non ho rilevato nessuna forza elettromotrice indotta nel solenoide.Ho messo poi in moto il disco caricato mediante un piccolo motorino, in modo (secondo il mio ragionamento) da ottenere un 'campo elettrico variabile nello spazio' ma, con mia sorpresa, non ho ottenuto nessuna forza elettromotrice indotta: in definitiva ho ottenuto lo stesso risultato sia a disco fermo che in moto   rotatorio (e quindi moto accelerato). Per quale motivo? Dove ho sbagliato?
La ringrazio per La sua cortese attenzione e La saluto cordialmente. Francesco A.


Gent. mo Francesco,
Bisogna considerare che Lei ha impiegato un condensatore ad armature piane, separate da uno spessore isolante molto minore delle dimensioni delle stesse, generando in tal modo un elevato campo elettrostatico uniforme E = s/ ( eo er), soltanto tra le armature del condensatore, ma nullo all'esterno , in quanto la discontinuità del campo che si determina tra l'interno e l'esterno nel passare attraverso un' armatura è pari proprio a s/ ( eo er), per cui il campo elettrico all'esterno è nullo. La cosiddetta “corrente di spostamento maxwelliana” , dovuta al campo elettrico variabile è diversa da zero soltanto nello spazio tra le armature. Ma neppure se Lei avesse operato con un condensatore con armature in aria poste a distanza sufficiente da contenere il solenoide, avrebbe rilevato una corrente indotta dal campo magnetico variabile prodotto dal campo elettrico variabile, in quanto, essendo il condensatore carico alla tensione costante ad esso applicata in precedenza e non potendosi scaricare a circuito aperto, non sarebbe stata generata alcuna corrente di spostamento dal moto rotatorio delle armature, la cui distanza sarebbe rimasta costante. Soltanto nel caso in cui Lei, dopo aver caricato il condensatore ed averlo lasciato collegato al generatore di alta tensione continua, avesse prodotto con un particolare dispositivo meccanico, una variazione periodica della distanza tra le armature, il solenoide posto tra di esse, con l'asse parallelo alla tangente in un punto qualsiasi delle linee di forza (circolari) del campo magnetico, avrebbe generato una f. e. m. indotta dal campo magnetico variabile dovuto al campo elettrico variabile determinato dalla periodica variazione di distanza.
Tanti cordiali saluti.

Carissimo Professore,
seguo sempre con attenzione il suo sito, ricco di spunti e rilfessioni pregevolissime nonchè stimolanti.
A tal proposito, visto che non ho trovato nulla di "apprezzabile", anzi tutto assolutamente confuso, girovagando in ciò che si trova in letteratura,le chiedevo se qualcuno le avesse mai posto la domanda:
"cosa avviene FISICAMENTE, quando si mette a contatto una barretta ideale di tipo p ed una di tipo n?Nel senso, come è fisicamente spiegabile il "moto" delle lacune?(già perchè per gli elettroni la cosa risulta assai più intuitiva),quale la differenza tra il moto di deriva e quello di diffusione?(qui molti autori di testi brancolano nel buio non avendo manco loro chiaro il concetto)" Molti testi non mostrano una adeguata esposizione,partendo di colpo con gradienti, concentrazioni etc etc ignorando ciò che illustrerebbe bene il concetto ossia una "rappresentazione fisica di ciò che avviene".
Certo di non aver fatto una domanda insensata,la ringrazio in anticipo per il preziosissimo aiuto e disponibilità.
Alessandro


Gent. mo Alessandro,
Anzitutto bisogna considerare che in un semiconduttore il moto dei due tipi di portatori di corrente, elettroni e lacune (o buche), avviene, dal punto di vista energetico, su due “piani” diversi: mentre gli elettroni si spostano interessando i livelli energetici del “piano superiore”, cioè quelli della banda di conduzione, il moto delle lacune interessa i livelli energetici degli elettroni di valenza, cioè gli elettroni del “piano inferiore”, responsabili dei legami omopolari (o covalenti) tra gli atomi di germanio o di silicio che costituiscono il cristallo. Infatti una lacuna localizzata in un punto di un semiconduttore (intrinseco o drogato) si può spostare soltanto quando riesce ad attrarre un elettrone di valenza facente parte di un legame covalente vicino: l' elettrone attratto va ad occupare il posto della lacuna creando una lacuna nel punto dal quale si è spostato. In tal modo le lacune si spostano in senso inverso rispetto agli elettroni di valenza che riescono ad attrarre, ma in effetti, dal punto di vista fisico, un moto di lacune dal polo positivo verso quello negativo non è altro che una successione di “salti” di elettroni di valenza che si muovono dal polo negativo verso quello positivo, mantenendo sempre le energie che ad essi competono nella banda di valenza (piano energetico inferiore). Quando si forma una giunzione semiconduttrice PN , il motore primo degli spostamenti dei portatori è l'energia di agitazione termica. In particolare, a causa delle differenti concentrazioni degli elettroni nella zona P e nella zona N ed in virtù del fatto che i fenomeni fisici avvengono sempre in modo tale da tendere a compensare le differenze ( si pensi a due soluzioni zuccherine o saline con concentrazioni diverse, separate da un setto poroso, che tendono ad assumere uguale concentrazione per diffusione), nella banda di conduzione gli elettroni (portatori maggioritari nella zona N) tendono a spostarsi verso la zona P, dove sono portatori minoritari, mentre nella banda di valenza le lacune (portatori maggioritari nella zona P) , attraendo elettroni di valenza vicini, tendono a spostarsi, attraverso salti consecutivi, verso la zona N, dove sono portatori minoritari . Questi spostamenti di elettroni e di lacune costituiscono le cosiddette correnti di diffusione, causate dalla diversa concentrazione nelle zone P e N, ed hanno come conseguenza la localizzazione di cariche fisse (cariche spaziali), con polarità opposte, in corrispondenza della giunzione. Infatti, ogni elettrone della banda di conduzione che migri per diffusione dalla zona N verso la zona P, lascia scoperto (non neutralizzato) uno ione donatore (pentavalente), che costituisce una carica positiva fissa. In modo analogo, ogni lacuna della banda di valenza, che riesca ad attrarre un elettrone di valenza vicino, migrando dalla zona P verso la zona N, lascia scoperto (non neutralizzato) uno ione accettore (trivalente) , che avendo catturato
l' elettrone di valenza attratto dalla lacuna, costituisce una carica negativa fissa. Si forma così un doppio strato elettrico che costituisce a tutti gli effetti un condensatore con l'armatura positiva nella zona N e quella negativa nella zona P. La differenza di potenziale elettrostatico che in tal modo si forma ai capi della giunzione, produce le cosiddette correnti di deriva (drift), costituite dagli elettroni minoritari presenti nella banda di conduzione della zona P, che si spostano verso la zona N, (positiva) e dalle lacune minoritarie presenti nella banda di valenza della zona N, che si spostano verso la zona P (negativa) attraversando la giunzione. Se la giunzione PN non fa parte di un circuito elettrico , poichè la corrente totale di elettroni (corrente di diffusione + corrente di deriva, con versi contrari) deve essere nulla, la differenza di potenziale (di contatto) Vo ai capi della giunzione (tensione di barriera) si autoregola in modo tale che si compensino esattamente le correnti di diffusione e di deriva degli elettroni nella banda di conduzione. In modo analogo, poichè la corrente totale di lacune (corrente di diffusione + corrente di deriva, con versi contrari) deve essere nulla, la differenza di potenziale (di contatto) ai capi della giunzione (tensione di barriera) che si autoregola per gli elettroni di conduzione, si autoregola allo stesso valore Vo anche per le lacune, in modo tale che si compensino esattamente le correnti di diffusione e di deriva delle stesse nella banda di valenza, il che equivale a dire che i “saltì” in versi opposti degli elettroni di valenza che fanno spostare le buche, si compensano anch'essi esattamente.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof. Cucinotta premesso che non sono un fisico e nemmeno un matamatico ma la mia cultura intorno a queste materie è al livello di istituto tecnico industriale e pertanto mi scuso per le imprecisioni ed inesattezze presenti nel mio quesito. Mi piace però la fisica soprattutto quella sperimentale e dedico il mio tempo libero (sono pensionato e quindi ne ho molto a disposizione) ad effettuare esperimenti di fisica utilizzando per lo più materiali poveri.E veniamo alle domande che vorrei sottoporle sperando di non annoiarLa troppo. Maxwell era profondamente convinto dell'esistenza dell'etere ma "questa incrollabile fede nell'esistenza dell'etere era destinata ad essere messa in discussione appena otto anni dopo la sua morte, a causa dell'esperienza di Michelson-Morley". Tuttavia analizzando i risultati ottenuti, non è vero che l'esperimento ha dato risultati negativi; Michelson e Morley per rilevare il moto della Terra attraverso "l'etere luminifero" hanno ottenuto un valore di deriva dell'etere non nullo (dell'ordine di 8 Km/s). Essendo tale valore molto più piccolo di quello che si aspettavano di trovare (30 Km/s), hanno ritenuto che tale risultato rientrasse nel computo degli errori sperimentali commessi e pertanto hanno dichiarato un risultato nullo del loro esperimento.In seguito però, Michelson e Gale, mediante un interferometro ad anello molto grande, sono riusciti a misurare la velocità di rotazione della terra intorno al proprio asse di 0,47 Km/s che è di gran lunga inferiore a quella 'teorica' di rivoluzione attorno al sole di 30 Km/s. Come si spiega ciò? E'possibile che nel primo esperimento(dichiarato frettolosamente nullo) non viene rivelato il movimento di traslazione della terra di 30 Km/s perchè effettivamente la terra non ruota attorno al sole a quella velocità ma ad una velocità più piccola? La contrazione delle lunghezze proposto da FitzGerald e da Lorentz per spiegare il risultato negativo dell'esperimento di Michelson-Morley, deve valere sempre e pertanto non spiega il secondo esperimento fatto da Michelson insieme a Gale che, sempre con il metodo interferometrico, sono riusciti a misurare il movimento di rotazione della terra intorno al proprio asse. E come si spiega l'effetto Sagnac (su cui sono basati i giroscopi ottici) con l'invarianza della velocità della luce? So che i fisici 'relativisti' hanno fatto i salti mortali per giustificare tale effetto che, mentre inizialmente era una prova contro la relatività ristretta, in seguito è diventato una dimostrazione della sua validità! Sempre a proposito di esperimenti per rilevare il moto della terra rispetto all'etere, mi ha incuriosito l'esperimento del pendolo di torsione effettuato da Trouton e Noble che può essere considerato l'analogo elettrico di quello ottico di Michelson-Morley. L'esperimento originale è del 1900 di F. T. Trouton,a quel tempo assistente di G. F. Fitzgerald, in base ad un'idea di quest'ultimo. Lo scopo dell'esperimento era quello di rilevare il movimento presunto della terra attraverso l'etere del 19° secolo. Consiste in un pendolo di torsione formato da un condensatore ad armature piane sospeso mediante un sottile filo di bronzo fosforoso. Il condensatore viene caricato attraverso il filo di sospensione ad una tensione di 1600 V. Se il condensatore è in moto e viene caricato o scaricato, si dovrebbe originare un momento torcente che tende a far ruotare il condensatore. Tale dispositivo, quindi, dovrebbe rivelare il movimento di rivoluzione della terra intorno al sole.Trouton non ha rivelato nessuna rotazione. In seguito ha pensato ad una modifica da effettuare al set-up del pendolo di torsione ed insieme al suo allievo, H.R. Noble, ha ripetuto l'esperimento con risultati ancora negativi. Questo esperimento è astato ripetuto intorno al 1998-1999 da Cornille, Naudin e Szames con risultati positivi; quest'ultimi hanno attribuito l'insuccesso di Trouton e Noble alla bassa tensione usata per caricare il condensatore: 1600 Volt contro 30.000 Volt ed oltre di quest'ultimi.Il dibattito sulla validità di tale esperimento è tutt'oggi molto controverso.Notevole è l'analisi effettuata dal prof. Michel Janssen. Data la relativa facilità dell'esperimento, l'ho replicato ed effettivamente quando carico il condensatore con una tensione continua di circa 30 KV, esso ruota di circa 90°(ho realizzato un videoclip che ho pubblicato su youtube : https://www.youtube.com/watch?v=L8il2mHywnQ). Da tale esperimento dovrebbe essere possibile risalire alla velocità di traslazione della terra, che non sono in grado fare. Cosa ne pensa? Grazie per la sua attenzione e La saluto cordialmente.
Francesco A.

Gent.mo Francesco,
Per quanto riguarda gli esperimenti di Michelson-Gale e Sagnac, bisogna considerare che si tratta di esperimenti di frontiera tra le teorie della relatività ristretta e della relatività generale. Infatti, in entrambi si opera nel sistema non inerziale terrestre, rotante attorno all' asse terrestre e pertanto non rientrante nei sistemi inerziali in moto traslatorio rettilineo uniforme, che sono gli unici sistemi ai quali si applica il principio della relatività ristretta,che afferma l'equivalenza di tutti i sistemi inerziali di riferimento e l'impossibilità di rivelarne il moto reciproco con esperimenti fisici di qualsiasi tipo. Entrambi gli esperimenti possono essere trattati in modo soddisfacente applicando le formule non relativistiche, mentre una trattazione completa di essi si imposta in base ai prinipi della relatività generale, che considera trasformazioni tra sistemi accelerati di qualsiasi tipo, cioè non inerziali o soggetti a campi gravitazionali prodotti da distribuzioni spaziali di massa-energia.
Per quanto concerne l' esperimento di Trouton-Noble, il lavoro più complicato consiste nel realizzare anzitutto
un' ottima schermatura nei confronti dei campi elettrostatici esterni, per esempio operando all' interno di una gabbia di Faraday, e nel minimizzare gli effetti della componente verticale del campo magnetico terrestre, orientando le placche del condensatore parallelamente al meridiano magnetico, per evitare che la corrente di dispersione attraverso l'isolante (generalmente con l'intensità di alcune decine di microampere), possa creare una sia pur piccola coppia perturbatrice.
La formula che consente di fare una stima della coppia massima agente su condensatore è la seguente: T (in N.m) = 10-7C2E2Vo2/d,
dove C è la capacità in F, misurabile con un multimetro provvisto di capacimetro,
E è la tensione in V ai capi del condensatore, Vo è la velocità orbitale terrestre in m/s, e d è la distanza tra le armature, in m.
Esempio:
Con C = 200 pF = 2 x 10-10, E = 30000 V, Vo = 30000 m/s e d = 0,01 m, si calcola una coppia massima T = 3,24 x 10-7 Nm, una coppia davvero molto piccola, che può essere misurata con una bilancia di torsione dotata di una sospensione bifilare o a filo di quarzo con una costante di coppia k adeguata ad equilibrare la coppia T: T = k x posizione angolare di equilibrio (in radianti).
Un'altra soluzione potrebbe essere costituita dall' impiego di una coppia di bobine di forma rettangolare, con asse comune,come quelle impiegate negli amperometri elettrodinamici. Assemblando l'insieme delle due bobine (realizzate, per esempio avvolgendo 100 spire di filo smaltato da 0,2 mm), in modo tale che nella posizione di riposo siano orientate perpendicolarmente l'una rispetto all'altra, si può tarare il sistema con delle coppie di valore noto, compilando una tabella di taratura che in funzione dell'intensità della corrente continua circolante nelle bobine collegate in serie,fornisca il momento della coppia antagonista in grado di equilibrare la coppia agente sul condensatore,nella posizione di equilibrio.
Tanti cordiali saluti.

       

Egregio professore , vorrei qualche chiarimento su alcune curiosità riguardanti l’ elettrologia .
 1) Come si dimostra che la legge di Coulomb deriva da quella di Gauss, e viceversa ? In qualche testo c’ è l’ esempio di mettere un esponente diverso da 2 sul raggio, nella legge di Coulomb, e quindi quando si applica la legge di Gauss a una sfera non va più bene , ma io non riesco a capire come si collimano le due leggi , visto che una riguarda le forze tra cariche e l’ altra la diretta proporzionalità del flusso con la carica totale .
 2) Sui testi si legge sempre che le conseguenze della legge di Gauss sono che il campo elettrico interno è nullo, le cariche si trovano tutte in superficie e che la densità è maggiore nelle curve . Ma Gauss dedusse la legge da queste tre osservazioni, o davvero queste sono la sua conseguenza ?
Credo che già  Faraday qualche anno prima di lui , si accorse ad es che le cariche si distribuiscono in superficie .
 3) ) Il maggiore accumulo delle cariche nelle curve è valido solo in corpi in equilibrio elettrostatico , o vale anche nel caso contrario ?
Ad es. in un filo percorso da corrente , nelle sue curve, vi saranno più cariche ( se pur in movimento ) che altrove ?
 Grazie. Francesco . Frattamaggiore ( Na ) 11/3/11

Gent. mo Francesco,
1) La dipendenza dell'intensità della forza coulombiana, attrattiva o repulsiva,tra due cariche elettriche puntiformi segue la stessa legge della forza newtoniana, sempre attrattiva, tra due masse puntiformi, in quanto entrambe le forze hanno un'intensità inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza R. Se consideriamo il flusso del campo elettrico (numero delle linee di forza, in base al criterio di Faraday) generato da una carica elettrica puntiforme Q (per es. positiva) ed uscente da una sfera di raggio R avente il centro coincidente con la carica, otteniamo:
E x S = Q/eo , dove S = 4pR2 è l'area della sfera di raggio R;
E 4pR2= Q/eo .
Risolvendo rispetto ad E si ottiene l' intensità del campo elettrico generato da Q (forza agente su una carica positiva puntiforme unitaria - carica di prova posta alla distanza R):
E = Q/(4peo R 2).
Questo dimostra il contenuto fisico-matematico del teorema di Gauss è esattamente compatibile con la legge di Coulomb. Infatti la forza coulombiana (repulsiva o attrattiva) subita da una carica +/- Q' distante R da Q si ottiene semplicemente moltiplicando E per +/-Q':
F = (+ o -) EQ' =QQ'/(4pe o R2).
2) Qualora il teorema di Gauss venga applicato al calcolo del campo elettrico in un punto P distante R' < R dal centro di una sfera dielettrica di raggio R contenente una carica elettrica distribuita uniformemente con densità r, al campo elettrico nel punto P contribuisce soltanto la carica elettrica Q' = r (4/3)pR'3 contenuta nella sfera di raggio R'.
Se la sfera isolante,carica, di raggio R fosse sostituita da una sfera metallica massiccia, la condizione di equilibrio elettrostatico (cariche ferme) verrebbe raggiunta soltanto quando la carica elettrica fosse localizzata soltanto sulla superficie della sfera. Questo si spiega con il fatto che, poichè nei metalli, a differenza di quanto si verifica negli isolanti, gli elettroni sono liberi di spostarsi per effetto del campo elettrico, di conseguenza, anche se una carica elettrica, per es. negativa, fosse distribuita inizialmente anche all'interno della sfera, gli elettroni sarebbero costretti a spostarsi verso la superficie. Pertanto, affinchè si raggiunga l'equilibrio elettrostatico, è necessario, in base al teorema di Gauss, che all'interno della sfera non esistano cariche elettriche; condizione, questa, che garantisce l'annullamento del campo elettrico in tutti i punti interni alla sfera conduttrice tranne che in quelli appartenenti alla superficie.
Gli enunciati della legge di Coulomb e del teorema di Gauss sono i risultati teorici del metodo scientifico galileiano (induttivo-deduttivo) , che consente allo scienziato, partendo dalle osservazioni sperimentali relative, in questo caso, ai fenomeni elettrostatici, formula un'ipotesi di legge che si converte in legge se consente di spiegare e prevedere i risultati di laboratorio, sia quelli relativi ai fenomeni da cui si è partiti per formulare la legge, sia quelli relativi a fenomeni prevedibili e non ancora osservati.
3) Come conseguenza del teorema di Gauss, si ottiene il teorema di Coulomb che afferma che,per quanto riguarda l'intensità del campo generato da conduttori carichi (conduttori massicci o involucri conduttori), vale la seguente legge: E = s /eo, da cui si deduce che nei conduttori carichi in equilibrio elettrostatico il campo è più intenso nelle zone laddove la densità di carica elettrica superficiale s è maggiore, cioè nelle zone con piccolo raggio di curvatura (punte). Così si spiegano tutti i fenomeni di perdita di carica elettrica ( fenomeni di effluvio ) e conseguente ionizzazione prodotti da conduttori acuminati (principio del parafulmine) .
Il fenomeno vale soltanto per i conduttori, in quanto in essi le cariche sono libere di muoversi fino al raggiungimento della condizione di equilibrio elettrostatico, con tutti i punti del metallo allo stesso potenziale; le superfici metalliche,in condizioni di equilibrio elettrostatico, sono equipotenziali .
Questo non vale in un conduttore percorso da corrente (con cariche in moto).
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
in seguito al recente terremoto giapponese e allo spostamento dell’ asse terrestre di cui si è parlato , volevo chiederLe :
 ma può un corpo, sospeso nel vuoto o che comunque non urta niente e che ha un movimento dall’ interno , cambiare il proprio equilibrio, la propria allocazione ?
Cioè , se c’ è un’ azione, la reazione non si dovrebbe avere solo se quest’ azione agisce su qualcosa ?
In altre parole, il movimento sismico della Terra, su che avrebbe agito per poter spostare l’ asse terrestre ?
 Se davvero si è spostato l’ asse terrestre, quanto differisce dallo spostamento che si ha in seguito a perturbazioni  astronomiche ( esterne queste ), tipo precessione degli equinozi , nutazione, ecc. ?
 Infine , 10 cm di spostamento dell’ asse terrestre , a che angolo , quindi a quanti gradi corrisponderebbero ?  
Grazie. Francesco. Frattamaggiore 24/3/11

Gent.mo Francesco,
Il fenomeno si può spiegare in base al terzo principio della dinamica di Newton ("Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria"). E' il principio su cui si basa il funzionamento degli aerei a reazione e dei razzi. Un razzo si muove anche nel vuoto estremo dello spazio cosmico grazie al fatto che la forza che spinge i gas combusti a fuoriuscire dall' ugello determina una forza di reazione uguale e contraria che spinge il razzo nel verso opposto a quello della velocità di emissione dei gas. E' lo stesso principio responsabile del rinculo delle armi da fuoco.
Nel caso del terremoto, all' interno del mantello si è verificato un significativo spostamento di magma che ha determinato una forza di reazione (si pensi al rinculo di un'arma da fuoco) , con una linea d'azione non passante per il centro (baricentro) della Terra e tale quindi da generare un piccolo spostamento angolare
dell'asse terrestre ed un conseguente spostamento lineare di 10 cm, che corrisponde ad un angolo pari a 10 cm/raggio terrestre = 0,0001 km/6400 km = 1,5625 x 10-8 radianti = 1,5625 x 10-8 x 57,295 ° = 8,95 x 10-7°. Questo spostamento angolare infinitesimo è del tutto trascurabile (circa 43 più piccolo) rispetto a quello legato alla precessione degli equinozi , che è pari a 360° in circa 26000 anni, cioè a 360/ (26000 x 365) = 3,8 x 10-5° al giorno.
Tanti cordiali saluti

Preg.mo professore, cortesemente mi potrebbe dire come si potrebbe calcolare o sapere la temperatura dei fondali marini italiani? . Esiste una sorta di calcolo simile a quello terrestre, in base alla profondità ?
Mille grazie e distinti saluti
Francesca

Gent. ma Francesca,
Con riferimento al grafico riportato nel sito https://www.windows2universe.org/earth/Water/temp.html si nota una rapida diminuzione (valore elevato del valor medio del gradiente dT/dy = (22 - 6) °C/(300 - 1000 ) m = - 0,0228 °C/m della temperatura delle acque oceaniche tra 300 m e 1000 m (termoclino), seguita da una zona caratterizzata da un piccolo valore del gradiente (dT/dy = (5 - 3)°C /(1000 - 4500)m = -5,714 x 10 -4 °C/m.
A causa della notevole concentrazione di sali il punto di congelamento dell'acqua si abbassa sensibilmente, ma generalmente non al di sotto di - 2 °C (nei mari polari).
Riferimento web: https://ancona.ismar.cnr.it/IPO/IPO-6/capitolo6.htm
Tanti cordiali saluti

Egregio professore ,
ho sempre saputo che , come insegna lo studio del corpo nero , la frequenza del picco della curva di distribuzione dell’ energia , dipende solo dalla temperatura . Invece m’è capitato di leggere l’ altro giorno, supportato anche da qualche testo di fisica, che , pur avendo la curva sempre la stessa forma , la frequenza può dipendere anche dalla natura della sostanza !!
Insomma , curve relative a corpi costituiti da materiali diversi , sono differenti a uguale temperatura ? Ma può essere ? Se ad esempio portassi un oggetto a 5000 K, mi potrebbe cambiare il colore , o meglio la frequenza del picco , a seconda del materiale di cui è costituito ? Significa che la dipendenza univoca dalla temperatura vale solo nel caso teorico del corpo nero ?
Grazie . Francesco


Gent.mo Francesco,
Premesso che il potere emissivo E(l, T) di un corpo qualsiasi è la potenza radiante specifica (per unità di superficie) emessa dallo stesso alla temperatura assoluta T e relativa ad un intervallo molto piccolo (infinitesimo) dl ,esteso dalla lunghezza d'onda l a alla lunghezza d'onda l + dlunghezza d'onda l, e che il potere assorbente dello stesso corpo è il rapporto A(l,T) (0 <= A <= 1) tra la potenza radiante assorbita e quella incidente , sempre facendo riferimento alla temperatura assoluta T ed alla lunghezza d'onda l, bisogna considerare che, operando sperimentalmente con corpi emittenti/assorbenti di vario tipo, si osserva che il rapporto tra le funzioni E(l, T) e A(l, T) è indipendente dalla natura del corpo, ma dipende soltanto da T e da l. Se, in particolare, si considera un corpo ideale (nero per definizione) con potere assorbente unitario A(l,T) = 1 , si giunge a definire proprio la funzione universale Ecorpo nero(l, T) , che coincide, essendo A( l,T) = 1, con il potere emissivo del corpo nero,che, si badi bene,è un corpo ideale di riferimento (emettitore-assorbitore ideale) A(l,T) = 1 , che si può realizzare in pratica con una cavità metallica, fatta con un metallo qualsiasi, con un unico foro e con pareti internamente riflettenti, mantenute alla temperatura costante T in qualsiasi punto di esse. La cavità impedisce alla radiazione esterna che penetra in essa di essere riemessa all' esterno,in quanto, per effetto delle numerose riflessioni (a zig zag) subite sulle pareti , viene infine assorbita,purchè il foro sia abbastanza piccolo da permetterci di considerare trascurabile la probabilità di riemissione della radiazione entrante. In pratica, in condizioni di equilibrio termodinamico (pareti della cavità, di forma qualsiasi, tutte alla stessa temperatura), utilizzando spettroscopi e rivelatori di potenza radiante in grado di operare dall' infrarosso al visibile, fino all' ultravioletto, si ottengono delle curve spettrali che evidenziano l'andamento della legge di Planck per lo spettro del corpo nero.
Si verifica pertanto, per il dispositivo citato, l'indipendenza delle curve ottenute dalle caratteristiche fisiche del metallo di cui sono fatte le pareti della cavità.
Il discorso cambia per i corpi emittenti-assorbenti che non si possano assimilare a corpi neri. Il Sole e le stelle , invece, evidenziano curve spettrali in buon accordo con quella ideale, in quanto,per le numerosissime riflessioni, a zig zag, subite dai fotoni emessi all'interno prima di giungere in superficie, e per la temperatura costante della superficie stellare, si possono considerare molto simili al corpo nero.
Di solito si fa riferimento alle misurazioni della temperatura di un corpo incandescente, per esempio un pezzo di metallo,fatte in due condizioni diverse: prima puntando un pirometro ottico (analogo a quello ad infrarossi utilizzato per la misura auricolare della temperatura corporea) verso il pezzo di metallo posto all' interno del forno, dotato di una piccola apertura per l'inserimento dello strumento , e successivamente puntando il pirometro sul pezzo di metallo estratto dal forno e quindi non più in equilibrio termodinamico con la radiazione termica emessa dalle pareti dello stesso. Nel secondo caso, la temperatura misurata sarà sensibilmente inferiore, in quanto non contribuisce alla misura la radiazione termica generata dalle pareti del forno, che si trovano alla stessa temperatura assunta precedentemente dal metallo, in condizioni di equilibrio termodinamico. In altri termini, all'indipendenza delle curve e quindi anche di quella relativa alla lunghezza d'onda per cui si osserva il massimo della potenza emessa (legge di Wien), dalle caratteristiche fisiche dei corpi emittenti, ci si avvicina tanto più quanto più le condizioni sperimentali in cui si opera si possano considerare vicine a quelle di rilevazione delle curve spettrali del corpo nero.
Tanti cordiali saluti

Gentile professore
, ma se non ci fosse l’ atmosfera , i fulmini si vedrebbero ?
La domanda mi nasce perché ho da poco letto che essi son dovuti all’eccitazione degli atomi degli elementi atmosferici, in seguito al passaggio di corrente tra nubi e suolo , e conseguente dis-eccitazione . Quindi , più in generale , se si crea una differenza di potenziale nel vuoto con conseguente scarica elettrica , non si noterebbe niente ?
Grazie .Francesco


Gent. mo Francesco, Il modo più semplice per rispondere al quesito è ricordare la classica esperienza di laboratorio di fisica concernente lo studio della scarica elettrica in un tubo dotato di due elettrodi collegati ad un rocchetto di Ruhmkorff e contenente aria inizialmente a pressione atmosferica. Quando si aziona la pompa da vuoto collegata al tubo per abbassare la pressione a qualche decina di mm di Hg, si nota che, a mano a mano che la rarefazione procede , la scarica, inizialmente molto luminosa e rumorosa, gradualmente diventa sempre meno rumorosa e luminosa,lasciando il posto ad uno spazio oscuro (di Hittorf) , che via via si estende dal catodo verso l'anodo, fino al punto in cui la luminosità ,quando la pressione diventa inferiore a qualche decimillesimo di mm di Hg, scompare del tutto lasciando il posto ad una debole luce verde dovuta alla fluorescenza del vetro del tubo; causata dall'impatto degli elettroni (i cosiddetti raggi catodici) fortemente accelerati dall' alta tensione applicata agli elettrodi. Pertanto, se l'atmosfera non esistesse non si produrrebbe alcuna scarica elettrica luminosa, compatibile soltanto con la presenza di materia, allo stato solido (caso del vetro) o gassoso, indispensabile perchè si possano verificare fenomeni di eccitazione, per urto con gli elettroni accelerati,e di conseguente diseccitazione, con emissione di fotoni nella banda visibile o nelle bande invisibili (infrarosso,ultravioletto, X).
Bisogna considerare inoltre che in un tubo a scarica, anche se si abbassasse la pressione a valori vicini a quelli del vuoto ultraspinto intergalattico (qualche molecola per m3 ) , si verificherebbero sempre fenomeni di emissione di raggi X dovuti agli elettroni estratti a freddo dal metallo del catodo per effetto tunnel (causato dal fortissimo campo elettrico prodotto dall' alta tensione continua - da 30000 V a 90000 V - applicata agli elettrodi, e tale da abbassare l'altezza della barriera di potenziale alla superficie del metallo) , accelerati dal campo elettrico e quindi decelerati violentemente per effetto dell'impatto con l'anodo (radiazione X di frenamento "bremsstrahlung" prodotta dalla decelerazione).
Tanti cordiali saluti

Egregio professore , rileggendo lo studio del corpo nero , il contributo di Planck , ecc. , mi sono sorte le seguenti domande :
1) paradossalmente mi risulta molto più comprensibile la spiegazione quantistica , che quella della fisica classica :
a) mentre mi è chiaro che secondo teoria quantistica le alte frequenze sono sfavorite , in quanto occorre un apporto maggiore di energia ,leggo che secondo quella classica, le alte frequenze sono favorite ! Perché ? Che io sappia prima di Planck si pensava che l' energia delle varie frequenze si distribuisse equamente tra di esse, quindi non dovrebbe essere favorita nessuna frequenza in particolare !
b) secondo Kirchhoff l' energia si distribuiva equamente tra tutte le frequenze, mentre secondo Rayleigh e Jeans, in uno spettro, all' aumentare della frequenza l' energia aumenta all' infinito . Capisco il punto di vista di Kirchhoff , ma non capisco come secondo gli altri due fisici l' energia potesse aumentare all' infinito, visto che stesso Jeans col suo cubo ideale, pensava che l' energia divisa per le infinite frequenze tende allo zero, e quindi ognuna delle infinite frequenze doveva avere solo un infinitesimo di energia , uguale a tutte le altre ( a parte che comunque si parte da un quantitativo" finito" di energia, quindi come facesse a diventare infinita non lo so !)
c ) leggo su tutti i testi che secondo la teoria classica , all’ aumentare della frequenza aumenta l’ energia emessa ! L'affermazione riguarda lo stesso quesito di prima , anche senza tutta la storia per arrivarci ! Ma nel dire così mi sembra si generi un equivoco :infatti anche secondo la teoria quantistica è così! Immagino che la risposta sia che, secondo la teoria classica l’energia emessa aumenta al crescere della frequanza ,pur con uno stesso valore della temperatura , mentre secondo quella quantistica,
l' energia aumenta con la frequenza se aumenta la temperatura ! Ho inteso bene ?
2) La legge di spostamento di Wien , è applicabile anche nella regione dell’ infrarosso? Ad es., se un corpo celeste emette nell’ infrarosso, essa si può applicare, come per l.o. più corte, per calcolarne la temperatura ?
3) Si può dire che in fisica quantistica , la differenza tra il continuo e il discreto, sta alla differenza , in informatica, tra analogico e digitale ?
Grazie. Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
1) Per rispondere al quesito è necessario fare riferimento alla formula che fornisce il numero N(n) di modi di oscillazione (frequenza n) del campo elettromagnetico relativamente ad una scatola metallica cubica, di spigolo a:
N(n) = 8pa3 n2/c3, che mostra che il numero di modi N(n)/a3 per unità di volume, indipendentemente dalla forma della cavità metallica che costituisce il corpo nero, cresce con il quadrato della frequenza (n), facendo si' che, essendo pari a em = kT l'energia media di agitazione termica di una particella carica oscillante (elettrone o ione) che genera il campo, indipendentemente dalla frequenza, siano tendenti all'infinito, al crescere della frequenza, sia l' energia elettromagnetica Eem sia la densità di energia elettromagnetica r irradiata da tutte le cariche oscillanti, con un risultato coerente con la legge classica di Rayleigh-Jeans (catastrofe nella regione dell'ultravioletto): Eem = kT N(n) /a3. La genialità di Planck consiste nell' avere sostituito all' energia media em = kT di un oscillatore l'espressione quantica em = h n)/(ehn/(kT) - 1), che compensa l'andamento crescente del numero dei modi di oscillazione all'aumentare della frequenza, con l'andamento decrescente della funzione em = h n/(e hn/(kT) - 1). Questo espediente matematico elimina completamente il disaccordo tra teoria ed esperimento per quanto concerne lo spettro del corpo nero.
In altri termini Planck ragionò così: se si suppone che l'energia e di un oscillatore , per ogni valore della frequenza, possa assumere soltanto valori multipli di hn (costante di Planck), con n = 0,1,2,3 ....,e nel contempo, nel calcolo del valor medio em si sostituiscono gli integrali con sommatorie, impedendo che il processo al limite, tipico del calcolo integrale, faccia tendere a zero l' energia dell' oscillatore (calcolo tipico della termodinamica classica),si ottiene un valor medio quantico che consente di compensare la divergenza dell'energia all' infinito al crescere della frequenza.
2)La legge dello spostamento di Wien è sempre applicabile, indipendentemente dalla zona dello spettro elettromagnetico che si prende in considerazione. Infatti si applica benissimo al sole,che emette prevalentemente nella zona gialla dello spettro visibile ed anche alle stelle nane brune, la cui bassa temperatura produce un massimo di emissione nell'infrarosso.
3)Il concetto di quantizzazione, inteso come passaggio dal continuo al discreto, è senz'altro sovrapponibile alla quantizzazione che interviene in elettronica nella digitalizzazione di un segnale analogico.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore ,
1)nella risposta precedente sull’ interpretazione dello spettro corpo nero , ho compreso perché l’ energia cresce all’ la relazinfinito nella concezione classica , ma ancora non ho compreso ( almeno io non l’ ho desunto ), perché secondo la teoria classica le alte frequenze sono favorite ! Io penso che la risposta sia che, proprio perché non esiste un massimo teorico delle frequenze , si ha che se divido in due un ics energia tra le frequenze , da un lato sono finite perché c’è lo zero e dall’ altro sono infinite perché non c’é limite e quindi ci sarà sempre la maggior parte dell’ energia . E’ così?
2) Dato che un’azione è un energia per un tempo e la costante di Planck è un’ energia per un frequenza , quest’ ultima , normalmente definita come numero di cicli in un secondo, si può intendere come un tempo solo perché è anche
l’ inverso di un periodo e quindi di un tempo ?
3)Un’ energia per tempo è un’azione , un’ energia diviso tempo è una potenza . C’è qualche relazione anche fra questi due concetti , visto che gli stessi fattori, cioè energia e tempo , una volta moltiplicati e una volta divisi sembrerebbero esprimere concetti che non hanno nulla in comune ?
4) Perché Planck, anche dopo che Einstein e soprattutto Compton dimostrarono che anche la radiazione è quantizzata, continuava a non credere nella meccanica quantistica ? Così come pure Einstein, che aveva dimostrato
l’ esistenza del quanto, non credeva tanto nella quantistica ? Capisco che entrambi avevano una visione unitaria della natura , capisco ( appena appena ovviamente !) che la quantistica non tiene presente gli effetti gravitazionali della relatività generale, ma visto che entrambi hanno cambiato la fisica con i quanti, mi sembra assurdo che non ne condividessero l’ evoluzione ( e anche ammettere la discontinuità, non mi sembra fare una forzatura delle leggi naturali ).
Grazie . Francesco . Frattamaggiore ( Na )


Gent. mo Francesco,
1) La Sua interpretazione in merito al contributo delle alte frequenze è corretta.
2) Dalla relazione einsteiniana E = hn , avendo h (quanto d'azione) le dimensioni di un'azione,si ricava che la frequenza n ha le dimensioni di energia/azione; poichè un'azione ha le dimensioni di energia x tempo,
si ha: energia/(energia x tempo)= 1/tempo .
3) La relazione tra i due concetti può essere illustrata con un esempio:
Consideriamo una sfera di massa M, libera di muoversi su un piano inclinato a partire dalla quota h, con un'energia potenziale iniziale U = Mgh. In base al principio della minima azione, tra tutte le possibili traiettorie della sfera dalla quota h alla quota 0, quella che effettivamente viene eseguita, a parità di energia potenziale iniziale U = Mgh, è quella rettilinea, che richiede il minimo intervallo di tempo Dtmin, corrispondente quindi alla minima azione Amin = Mgh D tmin.
Poichè, per la legge del moto naturalmente accelerato h = (1/2) g sen a t2, dove a è l'inclinazione del piano,
Dtmin =sqrt[2h/(g sen a )],
la minima azione è Amin = Mgh sqrt[2h/(g sen a ) ] .
La potenza impiegata per questo moto è
Pmax = energia/Dtmin = Mgh/sqrt[2h/(g sen a )] ed è massima, essendo minimo il tempo impiegato.
Pertanto A è inversamente proporzionale a P: A P = (Mgh)2 .
4) Planck,Einstein e Niels Bohr fondarono la prima teoria quantistica, con un apparato matematico elementare, che serviva bene a render conto dei fenomeni quantistici più semplici (l' effetto fotoelettrico, l'effetto Compton e lo spettro a righe dell'atomo di idrogeno ), ma non era in grado di evolversi in una teoria raffinata e completa come la meccanica quantistica (o ondulatoria), fondata da Erwin Schroedinger,Werner Heisenberg, Max Born e Paul Dirac e basata sulle proprietà ondulatorie della materia e sul concetto di probabilità. Einstein si opponeva appunto alla concezione probabilistica e non deterministica della natura, nonostante i reiterati tentativi di Bohr di fargli comprendere che a livello microcosmico è soltanto il modello probabilistico della natura quello che funziona e consente di spiegare i fenomeni, altrimenti inspiegabili sulla base della vecchia teoria dei quanti di Planck-Einstein-Bohr (l'effetto tunnel, gli spettri atomici e molecolari, la superconduttività, le bande di energia degli elettroni nei cristalli).
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
il recente esperimento Opera, in cui i neutrini avrebbero superato la velocità della luce, indipendentemente se verrà confermato ,e tenendo presente che le vecchie teorie potrebbero essere inglobate in una nuova più generale ,mi fa sorgere alcune domande :
1) se effettivamente la loro velocità fosse superiore a quella della luce, che ne sarebbe delle trasformazioni di Lorentz ? Infatti penso al fattore relativistico v1-(v2/c2) che diventerebbe negativo ,e quindi ?
2) Man mano che la velocità di un corpo cresce, il tempo rallenta, fino ad azzerarsi alla velocità della luce . Ma se tale velocità è superiore a quella della luce ? Davvero sarebbe plausibile qualcosa che è impossibile, e cioè andare indietro nel tempo?
3)Ma i neutrini hanno o non hanno massa ? Sembrerebbe di sì !E se ce l’ hanno, non dovrebbe diventare infinita, visto che supererebbero la velocità della luce?
Sono domande lecite, alle quali già si può rispondere, oppure già hanno risposte che io non conosco ? In pratica è vero che Einstein non ha mai detto che la velocità della luce possa essere superata, ma che costituisce un limite , ma in sostanza è come se l' avesse detto, perché in base agli enunciati , oggetto delle domande di cui sopra, sarebbe impossibile superarla ! E invece ?
Grazie. Francesco. Frattamaggiore( Na )


Gent.mo Francesco,
Preferisco fornire un'unica risposta,esponendo quanto segue:
Da una rilettura critica dei postulati della teoria della relatività speciale , si può desumere che in effetti la velocità della luce nel vuoto, c, non assume il ruolo di velocità insuperabile, ma solo quello di una particolare velocità il cui valore risulta costante indipendentemente dal sistema inerziale di riferimento, dal moto della sorgente e dell'osservatore e dalla direzione di propagazione (isotropia della propagazione luminosa).
Il valore di c è in sostanza un riferimento universale per la propagazione delle onde elettromagnetiche (in particolare raggi di luce) che consentono ad un qualsiasi osservatore di rilevare l'evoluzione di un fenomeno fisico nello spazio-tempo, cioè di effettuare delle misure nel proprio sistema di riferimento basandosi unicamente sulle informazioni che gli arrivano,mediante onde elettromagnetiche (in particolare raggi di luce) dall'oggetto o dagli oggetti osservati. Con riferimento alla fisica quantistica la velocità c è pertanto la velocità con cui viaggiano, nel vuoto, i fotoni emessi dall' oggetto o dagli oggetti osservati e che ci consentono di effettuare misure delle grandezze fisiche relative ai fenomeni da studiare.
In natura i fotoni sono gli unici oggetti quantistici, privi di massa a riposo mo, che nel vuoto si muovono sempre con velocità c. Tutte le altre particelle, prescindendo momentaneamente dai risultati dell' esperimento Opera, poichè hanno massa a riposo mo diversa da zero,in base alla legge relativistica mo/sqrt(1 - v2/c2), si muovono sempre con velocità v minore di c, altrimenti occorrerebbe un' energia infinita per farle muovere con velocità c.
E' doveroso d'altra parte citare tutta una serie di lavori scientifici del fisico Erasmo Recami, risalenti ai primi anni '80 e che convergono nella formulazione di una teoria della relatività estesa, cioè modificata in modo tale da trattare anche il moto di particelle superluminali, i tachioni, che si muoverebbero sempre con velocità maggiore di c , con quantità di moto p immaginaria (p = prodotto massa x velocità,non misurabile). In particolare Recami, nell'ambito della sua teoria estesa, formulò nel 1986 l'ipotesi dell'esistenza di un neutrino tachionico, che potrebbe collegarsi ai risultati dell' esperimento Opera. I tachioni, al contrario delle particelle ordinarie (bradioni) sarebbero caratterizzati da un' energia decrescente
dall' infinito fino a zero al crescere dalla velocità dal valore c all' infinito. Infatti, poichè l'energia relativistica di una particella superluminale è data dall' espressione E = moc2 /sqrt(v2/c 2 - 1) , il limite di E per v tendente all' infinito, essendo l'unità trascurabile rispetto al rapporto v/c, è pari a moc2 /(v/c) = 0.
Nell' ambito della teoria estesa di Recami le trasformazioni di Lorentz mantengono la loro validità per velocità maggiori di c.
Per quanto concerne la possibilità di viaggiare indietro nel tempo, l'esistenza di particelle superluminali come i tachioni implicherebbe la violazione del principio di causalità. In sostanza l'effetto si manifesterebbe prima della causa che è all'origine di un fenomeno: per esempio la collisione tra due particelle superluminali si verificherebbe prima che l'osservatore potesse ricevere i segnali elettromagnetici che gli consentissero di rilevare il mutuo avvicinamento delle particelle antecedente alla collisione, il che equivarrebbe a tutti gli effetti ad uno spostamento all'indietro nel tempo .
D'altra parte, facendo riferimento alla ben nota interpretazione di Richard Feynman, concernente le relazioni tra particelle di materia e particelle di antimateria, una particella di antimateria che si muova progressivamente nel tempo, con energia positiva, equivale alla relativa particella di materia, ad essa coniugata, che si muova all'indietro nel tempo con energia negativa. Cosi' vennero interpretati gli stati con energia negativa risultanti dall' equazione relativistica di Dirac, e quando nel 1932 Anderson, Blackett e Occhialini scoprirono il positrone (antielettrone), fu immediata l'associazione dello stesso agli stati con energia negativa dell'equazione di Dirac, che previde teoricamente l'esistenza dell'antimateria.
Bisogna precisare, in proposito, che mentre a livello microcosmico per le particelle elementari (quantistiche) è normale andare avanti e indietro nel tempo, per gli oggetti e gli esseri macroscopici, non soggetti alle leggi della meccanica quantistica, almeno fino adesso, non è consentito viaggiare all' indietro nel tempo.
E' una questione analoga a quella del teletrasporto: impossibile, finora, per gli esseri e gli oggetti macroscopici, sperimentalmente realizzato, fin dal 1995, operando con fotoni, particelle elementari e atomi.
La massa dei neutrini ha sempre rappresentato un rompicapo per i fisici. Pauli, quando nel 1930 avanzò l'ipotesi del neutrino associato agli elettroni del decadimento beta, gli attribuì massa a riposo nulla. Dopo la rivelazione dei tre tipi di neutrini (elettronico, muonico e tauonico), Bruno Pontecorvo propose la teoria delle oscillazioni della massa del neutrino e la sua trasformazione periodica,da una specie all' altra. L' esperimento Opera è stato concepito proprio per studiare le trasformazioni cicliche del neutrino, da muonico a tauonico,ed incidentalmente si è scoperto che è una particella superluminale, il che rivoluziona ancora una volta la fisica del neutrino.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
vorrei sapere, nella famosa equazione E = mc2, quando la massa è zero ( caso del fotone ) il prodotto dovrebbe essere uguale a zero , e di conseguenza anche l' energia nulla ! Invece significa che la massa è tutta energia ! Certo , si può sempre dire che la formula completa è E2 = p2c2 + m2c4 e quindi quando la massa è zero rimane uguale a pc , ma p è comunque uguale a mv e quindi il prodotto dev' essere uguale a zero ! Come si spiega aritmeticamente ? Grazie . Francesco . Frattamaggiore (Na)

Gent. mo Francesco,
Bisogna cosiderare che nella formula in oggetto m rappresenta la massa in moto, cioè la massa relativistica, diversa dalla massa a riposo mo, relativa alla condizione di velocità nulla. La massa relativistica è data da m = mo/sqrt(1 - v2/c2)).
E = mc2 = moc2 + K, è l'energia relativistica totale, pari alla somma dell' energia a riposo Eo = moc2 e dell'energia cinetica K.
La formula da Lei riportata deve essere riscritta come
E2 = p2c2 + mo2c 4.
I fotoni, avendo massa a riposo nulla, in quanto si muovono sempre con velocità c, hanno soltanto energia relativistica totale E = mc 2, dove m è la massa relativistica, data da hf/c2 (h è la costante di Planck e f è la frequenza della radiazione elettromagnetica).
La loro quantità di moto è p = mc = (hf/c2) c = hf/c.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
studiando l’ effetto tunnel quantistico , ho letto che tra le tante conseguenze c’è anche quella che , visto che il Sole ha una temperatura limite, appena sufficiente a innescare le fusioni nucleari, è proprio grazie a tale effetto che esse avvengono, ed è un bene in quanto, altrimenti, esploderebbe come una gigantesca bomba . A pag. 9 del suo sito , quando feci una domanda sulle forze di Fermi , Lei scrisse che se il Sole non esplode, è perché le forze deboli ,sono molto deboli . Mi chiedo quindi : a cosa è dovuto allora il fatto che, effettivamente, le reazioni nucleari non avvengono contemporaneamente in tutto il Sole ? Potrei pensare che le forze deboli sono conseguenza dell’ effetto tunnel E’ così? Più in generale mi chiedo ancor più, nelle grandi stelle, dove la temperatura è di molto superiore a quella del Sole , perché esse non esplodono ? Infatti , in esse, la temperatura dovrebbe far sì che tutti i nuclei atomici si fondano contemporaneamente . Perché non avviene ?
Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na ) 24/8/12

Gent. mo Francesco,
Per quanto concerne le reazioni di fusione che governano l'evoluzione di una stella, bisogna considerare che alla reazione di fusione che converte due protoni in un nucleo di deuterio (deutone o deuterone) contribuiscono, separatamente ed in modo indipendente, sia l' effetto tunnel sia le forze di Fermi. L'azione dell' effetto tunnel rende possibile l'avvicinamento dei protoni predisponendoli all' azione delle forze di Fermi, il cui range è molto corto.
La necessità dell' effetto tunnel è giustificata dal fatto che, se si considera la temperatura T dei gusci più interni del Sole,intorno ai 15 milioni di gradi, corrispondenti ad un' energia di agitazione termica dei protoni pari a kT/e = 1, 38 x 10-23 x 15 x 10 6/1,6 x 10-19 = 1293 eV , si deduce, per confronto con l'altezza della barriera del potenziale coulombiano che respinge i protoni, dell'ordine di 200000 eV quando la distanza tra i protoni è pari a 7 x 10-15 m = 7 fermi,che se fossero valide le leggi della fisica classica, i due protoni non potrebbero mai superare una barriera di potenziale 200000/1293 = 154,67 volte superiore alla loro energia di agitazione termica. In base all' effetto tunnel, invece, che è una conseguenza dell' aspetto ondulatorio della materia, esiste una probabilità sia pure molto piccola che i due protoni riescano ad oltrepassare la barriera e ad essere attratti dalle forze nucleari per subire la fusione e trasformarsi, grazie alle forze di Fermi, in un deutone, un elettrone positivo ed un neutrino.
Pertanto esistono due freni che impediscono simultaneamente ai due protoni di trasformarsi rapidamente in un deutone. Si pensi che la probabilità calcolata per la reazione di fusione dei due protoni è così piccola che due protoni, da soli, impiegherebbero 2 x 1017 s = 6,34 miliardi di anni per fondersi, con una velocità di reazione di 1/2 x 1017 eventi/s = 5 x 10-18 eventi/s.
Considerando però che il Sole contiene un numero di atomi di idrogeno pari a
Massa x A (numero di Avogadro) = (1,97 x 1033 grammi/peso atomico di H) x 6 x 1023 = 1,182 x 1057, la velocità di reazione è pari a 1, 182 x 1057 x 5 x 10-18 = 5,91 x 1039 eventi di fusione al secondo.
Il fatto che sia il Sole sia le stelle di grande massa non esplodano convertendo rapidamente tutta l'energia del combunistibile nucleare disponibile, dipende dal fatto che solo nel loro nucleo si raggiungono, per effetto della contrazione gravitazionale temperature così elevate per rendere possibile la fusione. La temperatura infatti, nel caso del Sole decresce dai 15 milioni di °K del nucleo ai 6000 °K della fotosfera. Gli strati più esterni verranno coinvolti gradualmente a mano a mano che l'idrogeno degli strati più interni si sarà trasformato in elio. Inoltre, quanto maggiore è la massa di una stella, e tanto più rapidamente essa brucia il suo combustibile nucleare, in quanto la velocità di reazione è proporzionale alla temperatura, che a sua volta è proporzionale alla massa.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
vorrei un parere su un’ ipotesi puramente speculativa !
Se per ipotesi, appunto, sparisse all’ improvviso una massa come il Sole , un pianeta che gli ruota accanto( la Terra ad es.), non avrebbe più motivo per ruotargli intorno e quindi anch’ esso, all’ improvviso ,proseguirebbe dritto, secondo la tangente del punto dell’ orbita, dove verrebbe meno l’ attrazione . È lecito pensare ciò? E sarebbe lecito pensare che questo effetto potrebbe essere un qualcosa che sarebbe più veloce della luce? Infatti, la luce per giungere dal Sole alla Terra impiega alcuni minuti , mentre se sparisse all’ improvviso la deformazione spazio- tempo , responsabile dell’ orbita, verrebbe meno il motivo della rotazione , all’ istante e non più dopo alcuni minuti-luce . O questa considerazione contiene degli errori?
Vorrei sapere poi , le onde gravitazionali, per quel che si conosce , hanno una velocità uguale a quella della luce ?
Infine una curiosità matematica: come mai , riguardo l’ espressione del concetto di azione , energia per tempo , in alcuni testi , quando viene espresso come integrale tra due tempi di un energia cinetica per dt ,davanti a questo prodotto , vi è il numero 2 ?
Grazie . Francesco. Frattamaggiore (Na) - 18/6/13

Gent. mo Francesco,
Se la massa del Sole sparisse all'improvviso, si genererebbe una perturbazione gravitazionale (decremento della curvatura dello spazio-tempo) propagantesi all'infinito con la velocità della luce nel vuoto , c = 300000 km/s, come previsto dalla teoria della relatività generale per quanto concerne la propagazione delle perturbazioni periodiche (onde gravitazionali) o impulsive dello spazio-tempo, con velocità c. Pertanto, al sopraggiungere della perturbazione gravitazionale, nel caso della Terra dopo 8 minuti luce, tutti i corpi celesti orbitanti attorno al Sole non sarebbero più soggetti alla preponderante attrazione gravitazionale solare e proseguirebbero, come insegna la meccanica classica, nella direzione della tangente all'orbita. In pratica, dopo tale evento, tutti i corpi orbitanti non potrebbero mantenere indefinitamente la direzione di moto iniziale per effetto delle varie forze di attrazione dovute alle stelle più vicine al Sole e finirebbero con l'essere catturati dai relativi campi di curvatura dello spazio-tempo,orbitando attorno ad esse.
Il principio della minima azione fu originariamente enunciato da Maupertuis definendo come azione di un corpo in moto il prodotto della massa x velocità x spazio percorso: A = M v s. Con riferimento all'energia cinetica K = (1/2) M v^2 ed alla formula
s = vt, valida nel caso del moto rettilineo uniforme, si ottiene:
A = M v v t = Mv^2 t = 2 K t. In pratica la presenza del coefficiente 2 dovuto
all'energia cinetica non influenza l'applicazione del predetto principio , che consente di determinare la traiettoria descritta da un corpo in un campo di forza, con energia potenziale U(x,y,z) ,ricercando tra tutte le possibili traiettorie con energia totale W = K + U costante , quella che rende minima l'azione A intesa come integrale del prodotto K dt esteso dalla posizione iniziale a quella finale.
Tanti cordiali saluti.

 
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